
Equo compenso, professionisti molto critici sul ddl Meloni
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Equo compenso, professionisti molto critici sul ddl Meloni
Confprofessioni chiede ritocchi prima del rush finale. Per il CoLAP, il testo rischia di creare più problemi che benefici. Asso Ingegneri ed Architetti: ‘gli Ordini non possono rappresentarci’
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del 19/07/2022

29/07/2021 - “Se vogliamo davvero tutelare i liberi professionisti, occorre correggere alcune distorsioni che emergono dall’ultima versione della proposta di legge sull’equo compenso; in caso contrario i professionisti saranno ancora una volta penalizzati da una norma nata per proteggerli”.
Così il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, interviene sulla questione dell’equo compenso, in discussione in questi giorni alla Camera, per sollecitare urgenti interventi migliorativi alla proposta di legge Meloni.
Secondo Confprofessioni, nel provvedimento ci sono ancora diverse anomalie: “anzitutto, si attribuisce agli ordini professionali il compito di aggiornare i parametri di riferimento delle prestazioni professionali e, al tempo stesso, di stipulare modelli standard di convenzioni che le imprese possono adottare anche in deroga ai parametri stessi”.
“Ci chiediamo, allora - aggiunge Stella -, a che cosa servano i parametri, ma soprattutto siamo davvero sicuri che un modello standard possa rispondere in maniera efficace a una prestazione professionale complessa? Che fine ha fatto il principio di libera pattuizione tra professionista e cliente?”.
“L’equo compenso - ricorda il presidente di Confprofessioni - nasce con l’intento di proteggere i liberi professionisti, ma nella norma si introducono nuovi obblighi e nuove sanzioni a loro carico, senza che sia previsto alcun onere a carico dell’impresa e della Pubblica Amministrazione che non rispetta l’equo compenso”.
“C’è tempo - aggiunge - per modifiche anche nell’ambito di applicazione del provvedimento rispetto alle aziende, perché così come congegnata si riferisce soltanto all’1% delle imprese presenti in Italia”. Il ddl, infatti, propone che le norme si applichino soltanto alle prestazioni di servizi rese alle imprese con più di 60 lavoratori o più di 10 milioni di euro di ricavi.
“Abbiamo forti dubbi anche sulla class action che di norma si adotta in presenza di un diritto soggettivo omogeneo e non di un interesse. Basterebbe, a nostro avviso, un’azione inibitoria già prevista dal nostro ordinamento, anche per evitare l’esplosione di una conflittualità esasperata tra professionisti in concorrenza tra loro”.
“Infine - conclude Stella -, la composizione dell’Osservatorio nazionale sull’equo compenso deve essere maggiormente inclusiva e ricomprendere anche le associazioni di rappresentanza dei professionisti, esprimendo così la più corretta dimensione della realtà del mondo professionale”. Questa stessa rivendicazione è stata fatta alcuni giorni fa dalle associazioni sindacali dei liberi professionisti.
Dubbi sul ddl Meloni sono stati espressi anche dal Coordinamento Libere Associazioni Professionali (CoLAP) che contesta il fatto che “il sistema, per come è pensato, sembra strutturato in particolare per i professionisti ordinistici, con un riferimento nemmeno troppo velato ad un ritorno delle tariffe professionali”.
“La proposta deve essere migliorata - afferma la presidente del CoLAP Emiliana Alessandrucci -. Avere una norma tanto per averla non serve a niente. La nuova versione del provvedimento è confusa e rischia di creare più problemi che benefici al mondo professionale. Occorre definire le misure insieme alle parti interessate per evitare che si producano testi come questo. È necessario provvedere al più presto a dei correttivi. Abbiamo già le nostre proposte, basterebbe che il tavolo sul lavoro autonomo decidesse di lavorare su queste”.
“Il nuovo testo - sottolinea il CoLAP - lascia agli ordini la facoltà di definire i parametri professionali da rispettare, senza far riferimento al mondo dei professionisti associativi, per i quali non è chiaro chi dovrà definire i parametri. Questa impostazione, poi, ricorda quella delle tariffe professionali, senza però un riferimento preciso, con il rischio di creare solo confusione ai lavoratori autonomi italiani”.
“C’è il tempo per migliorare il testo - conclude Alessandrucci - e siamo fiduciosi affinché la politica accolga le nostre richieste di miglioramento. In un contesto come quello attuale, caratterizzato da una grandissima incertezza per il futuro, non possiamo permetterci norme confuse e potenzialmente dannose”.
In particolare contro l’introduzione degli Ordini come punto di riferimento nella contrattazione della definizione delle prestazioni professionali, si è espressa Asso Ingegneri ed Architetti.
“Gli Ordini, per chi ne conosce il principio, sono Magistratura di 2° grado e non possono rappresentare democraticamente una categoria perché gli iscritti allo stesso sono obbligati ad esserlo e non per libera scelta, come avviene in un Sindacato - afferma l’Associazione.
“Ci sembra poi che escludere la parte rappresentativa, cioè sindacale, eletta liberamente, sia un atto che prevalichi la Costituzione. Chiediamo al nostro Parlamento più attenzione alle categorie che con questa legge vorrebbero normare e proteggere” - conclude Asso Ingegneri ed Architetti.
Così il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, interviene sulla questione dell’equo compenso, in discussione in questi giorni alla Camera, per sollecitare urgenti interventi migliorativi alla proposta di legge Meloni.
Secondo Confprofessioni, nel provvedimento ci sono ancora diverse anomalie: “anzitutto, si attribuisce agli ordini professionali il compito di aggiornare i parametri di riferimento delle prestazioni professionali e, al tempo stesso, di stipulare modelli standard di convenzioni che le imprese possono adottare anche in deroga ai parametri stessi”.
“Ci chiediamo, allora - aggiunge Stella -, a che cosa servano i parametri, ma soprattutto siamo davvero sicuri che un modello standard possa rispondere in maniera efficace a una prestazione professionale complessa? Che fine ha fatto il principio di libera pattuizione tra professionista e cliente?”.
“L’equo compenso - ricorda il presidente di Confprofessioni - nasce con l’intento di proteggere i liberi professionisti, ma nella norma si introducono nuovi obblighi e nuove sanzioni a loro carico, senza che sia previsto alcun onere a carico dell’impresa e della Pubblica Amministrazione che non rispetta l’equo compenso”.
“C’è tempo - aggiunge - per modifiche anche nell’ambito di applicazione del provvedimento rispetto alle aziende, perché così come congegnata si riferisce soltanto all’1% delle imprese presenti in Italia”. Il ddl, infatti, propone che le norme si applichino soltanto alle prestazioni di servizi rese alle imprese con più di 60 lavoratori o più di 10 milioni di euro di ricavi.
“Abbiamo forti dubbi anche sulla class action che di norma si adotta in presenza di un diritto soggettivo omogeneo e non di un interesse. Basterebbe, a nostro avviso, un’azione inibitoria già prevista dal nostro ordinamento, anche per evitare l’esplosione di una conflittualità esasperata tra professionisti in concorrenza tra loro”.
“Infine - conclude Stella -, la composizione dell’Osservatorio nazionale sull’equo compenso deve essere maggiormente inclusiva e ricomprendere anche le associazioni di rappresentanza dei professionisti, esprimendo così la più corretta dimensione della realtà del mondo professionale”. Questa stessa rivendicazione è stata fatta alcuni giorni fa dalle associazioni sindacali dei liberi professionisti.
Dubbi sul ddl Meloni sono stati espressi anche dal Coordinamento Libere Associazioni Professionali (CoLAP) che contesta il fatto che “il sistema, per come è pensato, sembra strutturato in particolare per i professionisti ordinistici, con un riferimento nemmeno troppo velato ad un ritorno delle tariffe professionali”.
“La proposta deve essere migliorata - afferma la presidente del CoLAP Emiliana Alessandrucci -. Avere una norma tanto per averla non serve a niente. La nuova versione del provvedimento è confusa e rischia di creare più problemi che benefici al mondo professionale. Occorre definire le misure insieme alle parti interessate per evitare che si producano testi come questo. È necessario provvedere al più presto a dei correttivi. Abbiamo già le nostre proposte, basterebbe che il tavolo sul lavoro autonomo decidesse di lavorare su queste”.
“Il nuovo testo - sottolinea il CoLAP - lascia agli ordini la facoltà di definire i parametri professionali da rispettare, senza far riferimento al mondo dei professionisti associativi, per i quali non è chiaro chi dovrà definire i parametri. Questa impostazione, poi, ricorda quella delle tariffe professionali, senza però un riferimento preciso, con il rischio di creare solo confusione ai lavoratori autonomi italiani”.
“C’è il tempo per migliorare il testo - conclude Alessandrucci - e siamo fiduciosi affinché la politica accolga le nostre richieste di miglioramento. In un contesto come quello attuale, caratterizzato da una grandissima incertezza per il futuro, non possiamo permetterci norme confuse e potenzialmente dannose”.
In particolare contro l’introduzione degli Ordini come punto di riferimento nella contrattazione della definizione delle prestazioni professionali, si è espressa Asso Ingegneri ed Architetti.
“Gli Ordini, per chi ne conosce il principio, sono Magistratura di 2° grado e non possono rappresentare democraticamente una categoria perché gli iscritti allo stesso sono obbligati ad esserlo e non per libera scelta, come avviene in un Sindacato - afferma l’Associazione.
“Ci sembra poi che escludere la parte rappresentativa, cioè sindacale, eletta liberamente, sia un atto che prevalichi la Costituzione. Chiediamo al nostro Parlamento più attenzione alle categorie che con questa legge vorrebbero normare e proteggere” - conclude Asso Ingegneri ed Architetti.