22/10/2021 - Gli
impianti elettrici che si realizzavano negli edifici ad uso residenziale prima degli anni ‘90 non sono conformi alle vigenti normative sull’installazione degli impianti all'interno degli edifici.
Un
impianto condominiale non a norma, in primo luogo, è rischioso per gli abitanti del condominio; inoltre, non permette di attivare
potenze contrattuali, limitando i condòmini nella scelta di ricorrere a nuovi apparati di riscaldamento e raffrescamento elettrico, come le
pompe di calore.
L’
impianto elettrico condominiale fa parte a pieno titolo dei beni comuni individuati dal Codice Civile. Esso non comprende solamente l’illuminazione ma serve a mantenere in funzione anche i sistemi antincendio, l’ascensore, l’eventuale autoclave o impianto di videosorveglianza.
Dal 1° gennaio del 2020 ARERA, l’autorità di regolazione per energia, reti e ambiente,
ha avviato una sperimentazione relativa alla possibilità di accedere a un bonus per la messa a norma degli impianti elettrici condominiali. A prevederlo è la
Delibera 467/2019 che ha introdotto una regolazione in materia riduzione dei guasti e d'incremento dell’affidabilità delle
colonne montanti vetuste degli edifici.
Il bonus è destinato alla
messa a norma di impianti elettrici condominiali realizzati in data precedente al 1970, oppure tra il 1970 e il 1985 ma con delle criticità evidenziabili. Tra i vantaggi vi è anche la possibilità di incremento della potenza contrattuale fino a 6,6 kW.
Cosa si intende per messa a norma di impianti elettrici condominiali?
Questa è stata la domanda con cui abbiamo approcciato un dialogo con
GEWISS, una realtà italiana che opera a livello internazionale nella produzione di sistemi e componenti per le
installazioni elettriche di bassa tensione, che ci ha fornito il proprio punto di vista e che riportiamo di seguito.
“Secondo la legge n.46/1990 e il DM 37/08 (i riferimenti normativi in materia di attività di installazione degli impianti) tutti gli impianti elettrici devono essere realizzati a regola d’arte. Un impianto realizzato secondo le norme CEI è considerato a regola d’arte come stabilito dalla legge 1° marzo 1968 all’art.2 che definisce il
rispetto della normativa CEI presunzione di conformità alla regola dell’arte.
In un
condominio l’alimentazione elettrica delle unità abitative e delle parti comuni è normalmente in
bassa tensione di 230/400 V, per cui le prescrizioni per la progettazione, realizzazione e verifica degli impianti elettrici è la norma CEI 64-8, giunta di recente alla sua ottava edizione.
In un condominio vi sono
impianti elettrici delle singole unità abitative e quello delle parti comuni. Anche se
apparentemente sono distinti e indipendenti, un difetto nell’impianto elettrico di un appartamento può interferire sugli altri impianti, provocando incidenti, anche più frequenti di quanto si possa credere.
L’
amministratore del condominio, pur non avendo la facoltà di intervenire direttamente sulle parti private, deve sollecitare i proprietari
ad adeguare gli impianti delle singole unità abitative alle norme di sicurezza, anche mediante un semplice invito formale che verrà verbalizzato alla prima assemblea.
Per l’impianto condominiale,
il semplice funzionamento non è di per sé indice di sicurezza. Esso deve essere
esaminato da un esperto progettista o installatore che valuterà quali debbano essere gli interventi per la messa a norma.
Spesso nel condominio sono presenti lavoratori dipendenti diretti, come il portiere, o attività professionali o commerciali: in questo caso è obbligatorio la verifica dell’impianto di
messa a terra, secondo il DPR n. 462/2001.”
Cos'è la messa a norma dell'impianto elettrico di casa
GEWISS ha sollevato una questione interessante, ovvero che gli impianti elettrici delle singole unità abitative e quello delle parti comuni sono strettamente connessi fra loro. Entriamo nello specifico degli interventi di messa a norma degli impianti delle singole unità immobiliari con
BTICINO produttore e distributore di impianti elettrici per installazioni in ambito civile, ma anche industriale e terziario.
In primo luogo, è importante fare chiarezza sulla terminologia da utilizzare quando si interviene su un impianto elettrico. Si parla di
ampliamento di impianto esistente quando all’impianto si aggiunge almeno un circuito, ovvero una parte di impianto protetta da un proprio dispositivo di protezione.
Il termine
ristrutturazione non è usuale in campo impiantistico.
Quando si parla di
messa a norma di impianto esistente bisogna distinguere due casi: da una parte gli impianti nuovi o la trasformazione radicale di quelli esistenti in cui bisogna applicare le norme in vigore.
Dall’altra parte ci sono i ‘vecchi impianti’ che sono invece al di fuori del campo di applicazione di ogni nuova norma tecnica. Si tratta degli impianti realizzati prima del 1990 e si considerano adeguati solo se dotati di:
- sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all’origine dell’impianto;
- protezione contro i contatti diretti;
- protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale non superiore a 30mA.
Possiamo affermare che la messa a norma dell’impianto elettrico consiste nella sostituzione di tutti i componenti che lo compongono, lasciando invariato il sistema distributivo formato dalle canaline che si trovano dentro il muro e i punti in cui sono posizionati il quadro elettrico e i terminali (punti presa, luce, etc.)?
Secondo BTICINO non è possibile generalizzare. “I provvedimenti dipendono
dall’anzianità e dallo stato dell’impianto. Gli impianti esistenti possono presentare una vasta casistica di 'carenze' normative (mancanza impianto di terra, sezioni conduttori inadeguate ecc).”
Quando un impianto elettrico esistente è considerato a norma?
“Un impianto elettrico è a norma se, costruito dopo il 1990, presenta la dichiarazione di conformità (
DICO).”
BTICINO ha poi sottolineato che “nel tempo cambiano non solo le
norme sugli impianti, ma anche le
norme di costruzione dei componenti (scatole, cavi, interruttori ecc..) e le
norme degli apparecchi utilizzatori (apparecchi di illuminazione, macchine ecc..). Pertanto, non è affatto semplice stabilire se un impianto elettrico possa essere considerato a norma.
Come può allora il progettista o l’utente finale verificare se l’impianto dell’unità abitativa è a norma?
“È evidente che le nuove norme non si applicano ‘totalmente’ agli impianti esistenti ma è sbagliato ritenere sicuro un vecchio impianto conforme alle norme in vigore all’atto della costruzione. Il vecchio impianto deve
essere sottoposto ad un’attenta verifica, cosa che un utente finale non è ovviamente in grado di fare. L’utente finale, da parte sua, oltre che accertarsi di essere in possesso della dichiarazione di conformità DICO dell’impianto (per impianti post 1990), può domandarsi se l’impianto è soddisfacente in termini di prestazioni, risparmio energetico e comfort abitativo.”
Che cos’è dunque la DICO?
“Il progetto è richiesto dal DM 37/08 per l’installazione, la trasformazione o l’ampliamento di un impianto elettrico. Negli impianti più complessi il progettista deve essere un
professionista iscritto all’albo, mentre negli impianti più semplici il progetto può essere eseguito dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice.
In particolare, nelle unità immobiliari ad uso abitativo è richiesto il progetto di un professionista iscritto all’albo solo se la potenza impegnata è superiore a 6 kW o la superficie è maggiore di 400 mq.
Anche negli
impianti ‘semplici’ l’installatore deve fornire:
1. il progetto redatto dal responsabile tecnico dell’impresa;
2. la relazione con tipologie dei materiali installati.
Il progetto deve essere costituito almeno dallo
schema dell’impianto, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell’opera da eseguire. Al termine dei lavori l’impresa installatrice deve consegnare la dichiarazione di conformità
DICO al committente.
La DICO oltre che a certificare che i
lavori sono stati eseguiti a regola d’arte, serve nel caso di unità immobiliari ad uso abitativo per:
1. per ottenere l’agibilità dei locali dal comune;
2. per l’allacciamento di una nuova fornitura o per richiedere un aumento della potenza impegnata, in entrambi i casi la DICO va presentata al distributore o al venditore di energia elettrica."
Cosa avviene invece nel caso di rifacimento parziale degli impianti?
“Nel caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto e la dichiarazione di conformità si riferiscono alla sola ‘modifica’, ma devono considerare funzionalità e sicurezza dell’intero impianto.”
Come mettere a norma l’impianto elettrico della propria casa
Per mettere a norma un impianto ‘abitativo’ bisogna considerare la norma per la c
onnessione in Bassa Tensione BT (CEI 0-21), la
norma impianti (CEI 64-8) e tutte le norme di prodotto dei componenti (scatole, cavi, interruttori ecc).
Dando per scontato che le apparecchiature poste sul mercato rispondono alle relative norme di prodotto, è necessario porre particolare attenzione alla norma impianti (CEI 64-8). In particolare, il
capitolo 37 fornisce indicazioni per la realizzazione degli impianti nelle unità abitative.
Tale capitolo, in vigore già dal 2012, prescrive le
caratteristiche specifiche in termini di prestazioni, risparmio energetico e comfort. Le prestazioni di impianto descritte nel capitolo 37 indicano che
ogni unità abitativa deve essere dotata di uno o più quadri di distribuzione e di
un interruttore generale facilmente accessibile all’utente.
Norma CEI 64-8 ed. 2012 Capitolo 37, Quadro unità abitativa generalità e dispositivi ©BTICINO parte prima e parte seconda
Come devono essere i componenti che formano il quadro elettrico?
“L’interruttore generale, qualora sia
differenziale, deve essere
selettivo nei confronti degli interruttori differenziali a valle o dotato di richiusura automatica. È consigliabile l’impiego di
interruttori differenziali di tipo F per la protezione di lavatrici e condizionatori fissi.
Per permettere
successivi ampliamenti, il quadro deve essere dimensionato per il 30% in più dei moduli installati, con un minimo di due moduli.”
Corrugati, cassette di derivazione e cavi, quando si definiscono a norma?
“Devono essere utilizzati
tubi corrugati flessibili almeno di tipo medio (33 secondo CEI 23-80).
Il capitolo 37 della norma impianti CEI 64-8 prescrive che il corrugato deve essere almeno pari a 1,5 volte il diametro del cerchio circoscritto al fascio di cavi con un minimo di 20mm.
Sempre per norma, nelle
cassette di derivazione, dopo la posa di cavi e morsetti, è opportuno lasciare uno spazio libero di circa il 30%. Le cassette di derivazione possono essere a
uso promiscuo, cioè contenere anche dispositivi di comando soltanto se l’involucro è specificato per la potenza dissipabile e contiene mezzi di fissaggio.
Sempre secondo la CEI 64-8, cavi appartenenti a sistemi elettrici a tensione diversa possono essere installati nello stesso tubo se sono tutti isolati per la tensione maggiore o i cavi a tensione maggiore hanno un isolamento equivalente alla classe II. Per ragioni funzionali è comunque consigliabile installare tubazioni dedicate a sistemi “diversi”.
La norma CEI 64-08 nell’
allegato A definisce
tre livelli di impianto elettrico per la casa:
Livello 1 base, Livello 2 standard e Livello 3 domotico. Questa classificazione ha valore normativo e si pone l’obiettivo di assicurare agli utenti che l’impianto sia conforme e abbia le dotazioni prescritte dalla norma stessa.
Di seguito una tabella che schematizza la
dotazione minima impiantistica per ogni livello: