
Equo compenso dei professionisti, via libera della Camera
PROFESSIONE
Equo compenso dei professionisti, via libera della Camera
Eliminata la copertura finanziaria di 150 milioni di euro annui dal 2022. Molto critiche le associazioni. Il testo passa al Senato
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del 13/04/2023

15/10/2021 - L’Aula di Montecitorio ha dato il suo via libera al disegno di legge 3179 in materia di equo compenso delle prestazioni professionali (ddl Meloni).
Nel corso dell’esame è stato soppresso l’articolo che stanziava 150 milioni di euro annui dal 2022, da attingere dal Fondo per esigenze indifferibili di cui al comma 200 della Legge di Bilancio 2015.
“Il Governo - ha detto in Aula il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto - si impegna ad adeguare le tariffe professionali”.
Ma, a causa della mancanza di copertura finanziaria, “la legge rischia di essere una legge manifesto” - ha avvertito il deputato di LEU, Federico Fornaro.
La Camera ha aggiunto una disposizione transitoria che estende l’ambito di applicazione della nuova disciplina alle convenzioni in corso, ancorché sottoscritte prima della riforma.
“Non si capisce chi ha voluto questo provvedimento, visto che per come è scritto va a penalizzare i professionisti”. Così la presidente del CoLAP Emiliana Alessandrucci. “Da censurare anche le tempistiche e le modalità attuate dal governo: il testo era stato presentato a giugno e già bocciato dalla rappresentanza professionale perché inadatto”.
“Ora, dopo mesi di silenzio, la Camera ha deciso di chiudere in due giorni, forzando anche il calendario parlamentare - aggiunge Alessandrucci. Una fretta ingiustificata dopo uno stallo di mesi altrettanto senza senso. È necessario che il Governo intervenga dando ascolto alle proposte del mondo professionale, che da anni chiede una reale tutela dei propri compensi e il rispetto della propria attività lavorativa”.
“Delusi per un’occasione mancata”. È il commento del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. “Trovo difficile esprimere soddisfazione per il provvedimento approvato dall’Aula di Montecitorio: un testo che non risponde alle esigenze e alle istanze dei professionisti ordinisti e non ordinisti”.
“Completamente fuori binario il perimetro di applicazione della norma. Si continua a insistere sui rapporti professionali regolati da ‘convenzioni’ con banche, assicurazioni e grandi imprese che, però, sono solo una parte dei clienti dei professionisti - spiega Stella - ma non si fa alcun riferimento ai rapporti professionali individuali, relativi cioè alle singole prestazioni, che rappresentano la maggior parte degli incarichi attribuiti dalla P.A. ai professionisti e che rimangono fuori dal campo di applicazione della legge”.
“Assurdo poi - aggiunge Stella -, che invece di punire il committente che non applica l’equo compenso venga sanzionato il professionista, senza contare che un professionista iscritto a un ordine andrebbe incontro a un illecito disciplinare deontologico, mentre un professionista non iscritto a un ordine no. Inoltre, non si spiega perché venga concessa agli ordini il potere di adire l’autorità giudiziaria: non solo la loro funzione è incompatibile con la tutela degli interessi economici dei loro iscritti, ma è altrettanto assurdo che tali azioni possano essere attivate senza il preventivo consenso del professionista interessato”.
“La Camera dei deputati ha dato un segnale di grande attenzione al mondo della libera professione. Non era affatto scontato che il provvedimento in materia di equo compenso venisse approvato in prima lettura in tempi rapidi dopo l’altolà della Ragioneria dello Stato sulle coperture. Per il momento possiamo dirci soddisfatti. Il grido d’allarme lanciato negli ultimi anni dai professionisti è stato finalmente raccolto”. Esordisce così il presidente della Fondazione Inarcassa, Franco Fietta.
“Una parte delle forze politiche - aggiunge - si è accorta che la stagione delle liberalizzazioni ha disatteso ogni aspettativa. Noi pensiamo che i tempi siano ormai maturi per entrare in una nuova fase dove il tema di un reddito proporzionato al servizio reso ritorna ad essere centrale nelle politiche che guardano alla libera professione. Al Senato spetterà il compito in seconda lettura di apportare alcuni miglioramenti necessari al testo” - prosegue Fietta.
Secondo Fondazione Inarcassa, è fondamentale estendere la portata dell’equo compenso anche ai rapporti con i privati ed è opportuna, anche alla luce dei risultati disattesi dalle politiche liberalizzatrici, la reintroduzione di un limite o soglia al di sotto dei quali il compenso non può dirsi equo.
Ricordiamo che il ddl presentato dai deputati Meloni (FdI), Morrone (Lega) e Mandelli (FI) ha iniziato il suo iter alla Camera a fine giugno scorso.
Il disegno di legge definisce ‘equo compenso’ la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti per tutti i professionisti.
Il testo limita le regole alle prestazioni rese alle imprese con più di 60 lavoratori o più di 10 milioni di euro di ricavi.
Il ddl propone di rendere nulle le pattuizioni che prevedano un compenso manifestamente sproporzionato rispetto all’opera prestata o al servizio reso, cioè inferiore ai parametri o alle tariffe fissati con decreti ministeriali. Si prevede che i diritti individuali omogenei dei professionisti possano essere tutelati anche attraverso l’azione di classe.
Immediatamente sono emersi i dubbi di ProfessionItaliane, che chiedeva di “calare il provvedimento nella realtà del nostro Paese”. Critiche anche le associazioni sindacali che contestavano l’attribuzione agli Ordini professionali del ruolo di rappresentanza, Confprofessioni che ha chiesto ritocchi al testo, il CoLAP, secondo cui il testo rischia di creare più problemi che benefici, e Asso Ingegneri ed Architetti: “gli Ordini non possono rappresentarci”.
Per questi motivi, all’inizio di agosto il testo è tornato in Commissione per essere ripreso in esame soltanto all’inizio di ottobre e completare il suo iter alla Camera due giorni fa.
Il testo del disegno di legge passa ora al Senato.
Nel corso dell’esame è stato soppresso l’articolo che stanziava 150 milioni di euro annui dal 2022, da attingere dal Fondo per esigenze indifferibili di cui al comma 200 della Legge di Bilancio 2015.
“Il Governo - ha detto in Aula il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto - si impegna ad adeguare le tariffe professionali”.
Ma, a causa della mancanza di copertura finanziaria, “la legge rischia di essere una legge manifesto” - ha avvertito il deputato di LEU, Federico Fornaro.
La Camera ha aggiunto una disposizione transitoria che estende l’ambito di applicazione della nuova disciplina alle convenzioni in corso, ancorché sottoscritte prima della riforma.
Equo compenso, le reazioni di CoLAP e Confprofessioni
“Non si capisce chi ha voluto questo provvedimento, visto che per come è scritto va a penalizzare i professionisti”. Così la presidente del CoLAP Emiliana Alessandrucci. “Da censurare anche le tempistiche e le modalità attuate dal governo: il testo era stato presentato a giugno e già bocciato dalla rappresentanza professionale perché inadatto”.“Ora, dopo mesi di silenzio, la Camera ha deciso di chiudere in due giorni, forzando anche il calendario parlamentare - aggiunge Alessandrucci. Una fretta ingiustificata dopo uno stallo di mesi altrettanto senza senso. È necessario che il Governo intervenga dando ascolto alle proposte del mondo professionale, che da anni chiede una reale tutela dei propri compensi e il rispetto della propria attività lavorativa”.
“Delusi per un’occasione mancata”. È il commento del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. “Trovo difficile esprimere soddisfazione per il provvedimento approvato dall’Aula di Montecitorio: un testo che non risponde alle esigenze e alle istanze dei professionisti ordinisti e non ordinisti”.
“Completamente fuori binario il perimetro di applicazione della norma. Si continua a insistere sui rapporti professionali regolati da ‘convenzioni’ con banche, assicurazioni e grandi imprese che, però, sono solo una parte dei clienti dei professionisti - spiega Stella - ma non si fa alcun riferimento ai rapporti professionali individuali, relativi cioè alle singole prestazioni, che rappresentano la maggior parte degli incarichi attribuiti dalla P.A. ai professionisti e che rimangono fuori dal campo di applicazione della legge”.
“Assurdo poi - aggiunge Stella -, che invece di punire il committente che non applica l’equo compenso venga sanzionato il professionista, senza contare che un professionista iscritto a un ordine andrebbe incontro a un illecito disciplinare deontologico, mentre un professionista non iscritto a un ordine no. Inoltre, non si spiega perché venga concessa agli ordini il potere di adire l’autorità giudiziaria: non solo la loro funzione è incompatibile con la tutela degli interessi economici dei loro iscritti, ma è altrettanto assurdo che tali azioni possano essere attivate senza il preventivo consenso del professionista interessato”.
Fondazione Inarcassa: ‘reintrodurre una soglia minima al compenso’
“La Camera dei deputati ha dato un segnale di grande attenzione al mondo della libera professione. Non era affatto scontato che il provvedimento in materia di equo compenso venisse approvato in prima lettura in tempi rapidi dopo l’altolà della Ragioneria dello Stato sulle coperture. Per il momento possiamo dirci soddisfatti. Il grido d’allarme lanciato negli ultimi anni dai professionisti è stato finalmente raccolto”. Esordisce così il presidente della Fondazione Inarcassa, Franco Fietta.“Una parte delle forze politiche - aggiunge - si è accorta che la stagione delle liberalizzazioni ha disatteso ogni aspettativa. Noi pensiamo che i tempi siano ormai maturi per entrare in una nuova fase dove il tema di un reddito proporzionato al servizio reso ritorna ad essere centrale nelle politiche che guardano alla libera professione. Al Senato spetterà il compito in seconda lettura di apportare alcuni miglioramenti necessari al testo” - prosegue Fietta.
Secondo Fondazione Inarcassa, è fondamentale estendere la portata dell’equo compenso anche ai rapporti con i privati ed è opportuna, anche alla luce dei risultati disattesi dalle politiche liberalizzatrici, la reintroduzione di un limite o soglia al di sotto dei quali il compenso non può dirsi equo.
Il ddl Meloni per l’equo compenso dei professionisti
Ricordiamo che il ddl presentato dai deputati Meloni (FdI), Morrone (Lega) e Mandelli (FI) ha iniziato il suo iter alla Camera a fine giugno scorso.Il disegno di legge definisce ‘equo compenso’ la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti per tutti i professionisti.
Il testo limita le regole alle prestazioni rese alle imprese con più di 60 lavoratori o più di 10 milioni di euro di ricavi.
Il ddl propone di rendere nulle le pattuizioni che prevedano un compenso manifestamente sproporzionato rispetto all’opera prestata o al servizio reso, cioè inferiore ai parametri o alle tariffe fissati con decreti ministeriali. Si prevede che i diritti individuali omogenei dei professionisti possano essere tutelati anche attraverso l’azione di classe.
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L’iter travagliato del disegno di legge Meloni
Immediatamente sono emersi i dubbi di ProfessionItaliane, che chiedeva di “calare il provvedimento nella realtà del nostro Paese”. Critiche anche le associazioni sindacali che contestavano l’attribuzione agli Ordini professionali del ruolo di rappresentanza, Confprofessioni che ha chiesto ritocchi al testo, il CoLAP, secondo cui il testo rischia di creare più problemi che benefici, e Asso Ingegneri ed Architetti: “gli Ordini non possono rappresentarci”.Per questi motivi, all’inizio di agosto il testo è tornato in Commissione per essere ripreso in esame soltanto all’inizio di ottobre e completare il suo iter alla Camera due giorni fa.
Il testo del disegno di legge passa ora al Senato.