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Equo compenso, è sempre obbligatorio?

Equo compenso, è sempre obbligatorio?

CdS: se è previsto un compenso, questo deve essere equo, ma sono legittimi gli incarichi a titolo gratuito. Colap e Confprofessioni: sentenza inaccettabile e paradossale

Vedi Aggiornamento del 29/05/2023
Foto: Pattanaphong Khaunkaew © 123rf.com
di Paola Mammarella
11/11/2021 - Nuovo colpo per l’equo compenso. Il Consiglio di Stato, con una interpretazione singolare, contenuta nella sentenza 7442/2021, ha concluso che i bandi per l’affidamento di incarichi a titolo gratuito sono legittimi.
 
La conclusione cui sono arrivati i giudici è che se il compenso è previsto questo deve necessariamente essere equo. Ciò non toglie che il compenso può anche non essere previsto in alcun modo.
 

Equo compenso, il caso

I giudici si sono pronunciati sul ricorso, presentato dagli Ordini professionali forensi, contro un bando che richiedeva servizi di consulenza e il possesso di diversi titoli, tra cui la padronanza della lingua inglese, ma non prevedeva alcun compenso.
 
Un caso, quindi, che riguarda gli avvocati, ma che può valere, per analogia, anche per altre categorie professionali.
 
Gli Ordini professionali forensi hanno ritenuto l’avviso illegittimamente lesivo dei loro interessi e di quelli degli iscritti e lo hanno impugnato davanti al Tar.

 
I giudici del Tar hanno respinto il ricorso spiegando che la previsione della gratuità non contrasta con i principi in tema di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa e che non è dimostrato il nesso tra l’assunzione di un incarico gratuito da parte del professionista e il suo svolgimento in maniera non professionale, decorosa e dignitosa.
 
Gli Ordini hanno quindi presentato appello al Consiglio di Stato.
 

Equo compenso, quando è obbligatorio

Il CdS ha confermato l’interpretazione del Tar e ha sottolineato che nel quadro costituzionale ed eurounitario vigente la prestazione lavorativa a titolo gratuito è lecita e possibile perché il “ritorno” per chi la presta può consistere anche in un vantaggio indiretto (arricchimento curriculare, fama, prestigio, pubblicità). Allo stesso tempo è necessario che l’azione amministrativa sia ispirata a criteri di imparzialità e oggettività, in modo che nel “nuovo mercato delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri”.
 


I giudici hanno affermato che “laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione l’ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto (a meno di non sostenere, anche in questo caso, che non vi possa essere alcuno spazio per la prestazione di attività gratuite o liberali da parte dei liberi professionisti)”.
 
Il CdS ha concluso affermando che l’attenzione del legislatore al tema dell’equo compenso serve per tutelare i liberi professionisti, che operano fuori dagli schemi dei contratti di lavoro dipendente, ma è riferita solo ai casi in cui è previsto un compenso.
 

Colap: lavoro senza compenso offensivo per la dignità del professionista

Non si è fatta attendere la risposta del Coordinamento libere associazioni professionali (Colap). L’associazione ha diramato una nota che denuncia “un atteggiamento inaccettabile che dimostra ancora una volta la necessità di migliorare la norma sull’equo compenso che, per come scritta ora, fa acqua da tutte le parti”.
 
La nuova proposta di legge sull’equo compenso, scrive la presidente Emiliana Alessandrucci, non allarga il campo di applicazione a tutte le funzioni della Pa e rischia di generare ancora più confusione, con una serie di norme non chiare che potrebbero peggiorare la situazione invece di migliorarla.
 

Confprofessioni: sentenza paradossale

“Una sentenza che definisce un quadro paradossale: il professionista ha diritto a un compenso equo, ma soltanto a condizione che venga pagato”, ha commentato il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella.
 
“La sentenza - continua - sembra uscita da un romanzo di Kafka, visto che, a parità di condizioni contrattuali, sancisce di fatto l’illegittimità delle prestazioni sottopagate e la contestuale liceità di compensi pari a zero. Una contraddizione che se può trovare qualche appiglio nella legislazione vigente, mette la politica di fronte alla necessità di intervenire al fine di garantire anche ai professionisti il diritto a ricevere compensi proporzionati alla qualità della prestazione resa”.
 
“Assume quindi ancor più rilevanza - aggiunge - il lavoro che il Senato sarà chiamato a svolgere sulla proposta di legge recentemente approvata dalla Camera, correggendo le criticità che avevamo già evidenziato nelle scorse settimane; a cominciare dalla norma che in caso di affidamento di incarichi sottosoglia vedrebbe sanzionato il professionista sottopagato invece del committente inadempiente”.
 

 
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