Standards edilizi e urbanistici, le Regioni possono prevedere deroghe senza limiti?
NORMATIVA
Standards edilizi e urbanistici, le Regioni possono prevedere deroghe senza limiti?
La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sulle modifiche introdotte dal Decreto ‘del fare’ al Testo unico dell’edilizia
22/03/2022 - Le Regioni possono disapplicare liberamente e autonomamente le disposizioni del DM 1444/1968 sugli standard urbanistici? Al primo impatto, in molti risponderebbero “no” perché il governo del territorio è una materia concorrente, sulla quale le Regioni possono legiferare sulla base dei princìpi fondamentali dettati dallo Stato.
Tuttavia, le modifiche introdotte al Testo Unico dell’edilizia dal Decreto del Fare potrebbero essere interpretate nel senso di una liberalizzazione totale, che risulterebbe incostituzionale non solo perché andrebbe a ledere le norme sulla potestà legislativa, ma anche perché creerebbe disparità di trattamento tra i cittadini.
Il tema è emerso durante un contenzioso, sorto tra un Comune e un’impresa, sulle possibilità di utilizzo di un suolo. Analizzando le norme in questione, i giudici del Consiglio di Stato, con l'ordinanza 1949/2022, hanno deciso di rimettere la questione alla Corte Costituzionale.
La semplificazione aveva l’obiettivo di facilitare la riqualificazione delle aree urbane in cui gli incentivi per la demolizione e ricostruzione degli edifici si scontrano con le difficoltà di derogare agli standard edilizi e urbanistici.
Già nel 2018, l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) aveva lamentato la scarsa chiarezza della normativa e il bisogno di una riforma organica a livello nazionale. Alcune Regioni, infatti, dopo aver colto la possibilità del Decreto “del fare”, sono incappate in conflitti di competenza legislativa con lo Stato.
Il problema, però, potrebbe essere a monte. Ad essere incostituzionale potrebbe essere proprio la norma statale (cioè l’articolo 2-bis del Testo Unico dell’edilizia introdotto dal Decreto “del fare”) e non le leggi regionali adottate sulla base di questa semplificazione.
I giudici del CdS hanno però sottolineato che il Decreto “del fare” contrasta con la legge urbanistica (L 1150/1942) in base alla quale è obbligatoria la fissazione di standards, di limiti e parametri inderogabili per l’edificazione applicabili in sede di pianificazione urbanistica.
Il Decreto “del fare” interviene, inoltre, sulla competenza concorrente senza porre alcun limite al potere di deroga, facendo quindi venire meno il ruolo dello Stato di dettare i princìpi fondamentali. Questo, secondo il CdS, porterebbe a legislazioni regionali molto diverse tra loro, in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione.
Ma non solo, perché, come evidenziato dal CdS, il governo del territorio è strettamente correlato ad altri aspetti, come i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
La parola passa ora alla Corte Costituzionale e forse si potrebbe arrivare a quella riforma unitaria auspicata dagli operatori del settore edile.
Tuttavia, le modifiche introdotte al Testo Unico dell’edilizia dal Decreto del Fare potrebbero essere interpretate nel senso di una liberalizzazione totale, che risulterebbe incostituzionale non solo perché andrebbe a ledere le norme sulla potestà legislativa, ma anche perché creerebbe disparità di trattamento tra i cittadini.
Il tema è emerso durante un contenzioso, sorto tra un Comune e un’impresa, sulle possibilità di utilizzo di un suolo. Analizzando le norme in questione, i giudici del Consiglio di Stato, con l'ordinanza 1949/2022, hanno deciso di rimettere la questione alla Corte Costituzionale.
Urbanistica, le semplificazioni del Decreto del Fare
Il Decreto Legge “del fare” (DL 69/2013) ha aggiunto l’articolo 2-bis al Testo Unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). La norma consente alle Regioni, nell’ambito della definizione o revisione degli strumenti urbanistici, di derogare al DM 1444/1968 e dettare disposizioni sugli spazi da destinare a insediamenti residenziali, produttivi, attività collettive, aree verdi e parcheggi.La semplificazione aveva l’obiettivo di facilitare la riqualificazione delle aree urbane in cui gli incentivi per la demolizione e ricostruzione degli edifici si scontrano con le difficoltà di derogare agli standard edilizi e urbanistici.
Già nel 2018, l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) aveva lamentato la scarsa chiarezza della normativa e il bisogno di una riforma organica a livello nazionale. Alcune Regioni, infatti, dopo aver colto la possibilità del Decreto “del fare”, sono incappate in conflitti di competenza legislativa con lo Stato.
Il problema, però, potrebbe essere a monte. Ad essere incostituzionale potrebbe essere proprio la norma statale (cioè l’articolo 2-bis del Testo Unico dell’edilizia introdotto dal Decreto “del fare”) e non le leggi regionali adottate sulla base di questa semplificazione.
Urbanistica, deroghe agli standard sotto la lente della Corte Costituzionale
A innescare il problema è stato l’articolo 103, comma 1-bis della LR 12/2005 della Lombardia che, fatti salvi i limiti inderogabili sulle distanze, ha disapplicato le norme del DM 1444/1968 per i PGT. La Lombardia, quindi, ha colto l’opportunità del Decreto “del fare”.I giudici del CdS hanno però sottolineato che il Decreto “del fare” contrasta con la legge urbanistica (L 1150/1942) in base alla quale è obbligatoria la fissazione di standards, di limiti e parametri inderogabili per l’edificazione applicabili in sede di pianificazione urbanistica.
Il Decreto “del fare” interviene, inoltre, sulla competenza concorrente senza porre alcun limite al potere di deroga, facendo quindi venire meno il ruolo dello Stato di dettare i princìpi fondamentali. Questo, secondo il CdS, porterebbe a legislazioni regionali molto diverse tra loro, in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione.
Ma non solo, perché, come evidenziato dal CdS, il governo del territorio è strettamente correlato ad altri aspetti, come i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
La parola passa ora alla Corte Costituzionale e forse si potrebbe arrivare a quella riforma unitaria auspicata dagli operatori del settore edile.