Per questo motivo, dopo aver stabilito la necessità di ridurre gli impatti ambientali negativi derivanti dall’uso di risorse naturali, l’Unione Europea ha ridefinito nel tempo alcuni concetti sui rifiuti e individuato delle disposizioni utili a favorire non solo il loro riciclo ma anche il loro recupero, trattamento e riuso. In altri termini l’UE sprona a pensare secondo l’approccio di un’economia circolare.
Nell’approccio lineare, sintetizzabile con le keywords Take-Make-Dispose (prendere-fare-smaltire), le materie prime vengono raccolte, trasformate in prodotti che vengono poi utilizzati fino a quando non sono definitivamente scartati come rifiuti. In questo sistema economico, il valore è creato producendo e vendendo quanti più prodotti possibile.
L’economia circolare, al contrario, è incentrata sul riuso e sul riutilizzo di prodotti e materie prime. Il fine è quello di migliorare il ciclo di vita dei materiali, basato sul riuso prima e sul riciclaggio poi degli stessi.

Differenza tra riciclo e riuso
“Secondo lo standard Standard BS 8887‐2:2009 (2009), il ‘riciclaggio’ riguarda il processo attraverso il quale i rifiuti vengono trasformati in un materiale secondario per l’esecuzione dello scopo originale o altri scopi.Nel caso del riciclo, il prodotto (elemento/componente/edificio) arriva a ‘fine-vita’ ma deve essere concepito come materia prima seconda per un altro processo. Si apre quindi il tema riguardante ‘l’end-of waste’: il materiale arrivato a fine vita non deve essere considerato rifiuto ma risorsa.
Secondo il medesimo Standard il ‘riuso’ è l’operazione mediante la quale un prodotto viene rifunzionalizzato per lo stesso scopo al termine del suo ciclo di vita, mentre il ‘riutilizzo’ considera un nuovo uso di un prodotto in un nuovo ruolo che si differenzia dallo scopo originale per cui è stato progettato.
In entrambi i casi non esiste un processo di modifica del materiale. L’uso di un materiale riusato/riusabile apre due principali temi. Il primo è legato al concetto di fine vita (end-of-life) che deve essere invece concepito come fine-vita-utile (end-of-service-life). Tale concetto, infatti, sottolinea la potenzialità di un materiale di avere più cicli di ‘vita-utile’”2.

Strategie per limitare la produzione di rifiuti in edilizia
Nel settore delle costruzioni, che si tratti di un edificio di nuova edificazione o di un intervento di ristrutturazione, la conoscenza del ciclo di vita di materiali, prodotti e componenti è fondamentale per perseguire l’uso efficiente delle risorse in edilizia.Quando si parla di economia circolare nel settore delle costruzioni, ci si riferisce a soluzioni e strategie orientate al riuso/riutilizzo e alla non produzione di scarti e rifiuti.
Ci sono diverse strategie in grado di limitare la produzione di rifiuti senza ridurre i livelli prestazionali attesi. In questo approfondimento citiamo:
- il Design for Longevity: un’azione che predilige la durabilità;
- il Design for Deconstruction: un’azione che predilige la reversibilità.
Design for Longevity
“La progettazione di soluzioni durature, il cosiddetto Design for Longevity, ha l’obiettivo di impiegare materiali durevoli e robusti per standard costruttivi che siano in grado di ridurre i costi di manutenzione e favorire la fattibilità economica di una costruzione” (ARUP, 2016)1.Si tratta dunque di adottare soluzioni tecniche facilmente riparabili e manutenibili.
Secondo il Green Building Council (GBC): “attraverso una progettazione basata sulla durabilità e flessibilità si possono ridurre i costi di manutenzione e i conseguenti impatti. Inoltre, il valore dei prodotti rimane a lungo termine ed è ridotta la generazione di rifiuti.
Il caso studio Martini Hospital progettato dallo studio A.Burger SEED Architects nel 2007 a Groningen in Olanda è un palese esempio di progetto concepito sulla logica del Design for Longevity. Le parti che compongono l’ospedale possono essere adattate per altre funzioni quali uffici o per realizzare 250 unità abitative"2.

Design for Deconstruction
“La progettazione di soluzioni reversibili, il cosiddetto Design for Deconstruction, ha l’obiettivo di garantire la disassemblabilità degli elementi tecnici e il recupero di materiali e componenti in fase di manutenzione e dismissione dell’edificio” (Altamura, 2015; Akinade et alii, 2017)1.“Questa soluzione è auspicata anche dalla Commissione Europea che invita a orientare l’industria verso manufatti che facilitino la decostruzione degli edifici per massimizzare il riuso e il recupero di prodotti e materiali”
“Nel Design for Deconstruction si prediligono i sistemi di connessione a secco a quelli difficilmente reversibili, come quelli a umido, insieme ai prodotti facilmente riutilizzabili, ovvero soluzioni che rendono meno difficoltosa la destrutturazione e la separazione e componenti che si presentano alla stregua di servizi in grado di mantenere le proprie caratteristiche e prestazioni in configurazioni differenti”1.
Riprendendo anche in questo caso le parole del GBC il Design for Disassembling (altro modo di chiamare il Design for Deconstruction) è un approccio progettuale volto ad aumentare i percorsi di seconda vita degli elementi / componenti / materiali dell’edificio. Il processo di progettazione include la pianificazione dell’assemblaggio di componenti e il processo di disassemblaggio, prevedendo la destinazione di elementi e materiali.
“In entrambe le strategie si dovranno prediligere soluzioni che utilizzano la minore quantità di materie prime, che adottano un elevato contenuto di riciclato, prive di sostanze chimiche pericolose, con ridotta impronta di carbonio e ambientale, in grado di garantire prestazioni elevate e sicurezza d’uso.2”
Bibliografia:
(1) Baratta, A. F. L. (2021) «Dalle politiche per la circolarità delle risorse alla strategia zero rifiuti », AGATHÓN | International Journal of Architecture Art and Design, 9(online), pagg. 32-41. doi: 10.19229/2464-9309/932021. (https://www.agathon.it/agathon/article/view/229)
(2) “Economia circolare in edilizia”, Green Building Council Italia, maggio 2019