
Equo compenso, ALA Assoarchitetti: ‘disegno di legge ok, seppur perfettibile’
NORMATIVA
Equo compenso, ALA Assoarchitetti: ‘disegno di legge ok, seppur perfettibile’
L’Associazione propone l’aggiornamento dei parametri, modifiche alla class action e una politica sulla concorrenza tra professionisti
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del 15/11/2022

19/07/2022 - Sarà domani all’esame dell’Aula del Senato il disegno di legge 2419 sull’equo compenso delle prestazioni professionali. L’appuntamento riaccende la discussione su un tema che, negli scorsi mesi, durante l’iter di approvazione del testo, ha suscitato un aspro dibattito tra i soggetti coinvolti.
ALA Assoarchitetti, l’Associazione degli architetti e degli ingegneri liberi professionisti italiani, interviene sull’argomento, anche con l’obiettivo di ricercare una linea comune a tutte componenti attive del mondo delle professioni.
“Il principio del diritto all’equo compenso per i liberi professionisti - ricorda ALA - fu introdotto nella Legge Finanziaria di qualche anno fa, in era pre-CoViD. Tuttavia, la proclamazione del principio nei fatti a nulla è valsa ed è parere consolidato, presso l’ampia maggioranza dei professionisti, che sia ora di passare all’azione. Azione che, a nostro avviso, ora deve tenere conto che la Legislatura o finisce in autunno oppure, in ogni caso anche se per combinazione giungerà alla scadenza naturale di aprile 2023, il tempo trascorso ha ormai bruciato ogni possibile tatticismo”.
“Dobbiamo infatti considerare che alla scadenza della Legislatura tutti i disegni e progetti di legge giacenti al Senato e alla Camera automaticamente decadranno. Compreso ovviamente il ddl 2419, che è stato approvato dalla Camera il 13 ottobre 2021 e che quindi, se venisse approvato senza modifiche al Senato diverrebbe legge dello Stato”.
“Qualsiasi modifica che facesse ritornare il ddl alla Camera - prosegue ALA - sarebbe invece ormai incompatibile con i tempi a disposizione. Infatti, una volta nuovamente modificato dal Senato è ormai impossibile pensare a un nuovo voto dei Deputati senza ulteriori modifiche. Bisogna anche tener conto che in pendenza di elezioni nel 2023, (anche se non anticipate ad ottobre) il Parlamento sta ragionando sulla promulgazione di una nuova legge elettorale, con tutte le conseguenze del caso”.
“Sappiamo bene che il disegno di legge in corso di discussione non è perfetto, ma dobbiamo considerare che è perfettibile in prospettiva, proprio per come è formulato. Ci siamo quindi convinti che c’è l’urgenza indifferibile di assumere una posizione di Real Politik, nell’interesse pubblico e dei liberi professionisti, di ottenere una legge che è quanto di meglio è possibile ora e che in ogni caso è ben di più della semplice ed inefficace proclamazione del principio al diritto teorico ad un equo compenso, attualmente vigente”.
“Il ddl in esame proclama il diritto ad un compenso professionale proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, alle responsabilità civili, penali e contrattuali assunte dal libero professionista nell’assolvimento dell’incarico e, se noi lo vorremo, anche ai costi sostenuti dallo studio professionale nella produzione del lavoro intellettuale. Ne abbiamo necessità ora e, se non passa questo testo, rischiamo di non ottenerlo mai più”.
“Con questa legge in vigore - aggiunge l’Associazione -, nella prossima legislatura potremo invece:
1. promuovere l’aggiornamento dei parametri per i compensi, che risalgono al DM/2012;
2. mirare ad un riequilibrio delle misure sanzionatorie deontologiche che, nel disegno di legge attuale, gravano in modo sbilanciato unicamente sui professionisti;
3. mettere in luce le peculiarità di alcuni profili libero professionali come quelli di medici, veterinari, architetti, ingegneri, agronomi-forestali, geologi ad esempio e non solo degli avvocati (come avviene con questo disegno di legge);
4. chiarire che una eventuale “class action” (di cui all’art. 9) sarebbe più credibile se promossa dalle Associazioni rappresentative dei liberi professionisti iscritti agli Albi e non invece dai Consigli Nazionali degli Ordini e dei Collegi, i quali sono stati legalmente istituiti a tutela dei clienti e non dei professionisti iscritti;
5. far prender atto del peso che hanno assunto le Associazioni delle libere professioni confederate in Confprofessioni e, di conseguenza, far introdurre una loro rappresentanza nell’Osservatorio presso il Ministero di Giustizia, (art. 10);
6. avviare una politica moderna sulla concorrenza nel settore delle professioni, parallela ad una programmazione pluriennale del numero dei professionisti.
A proposito di quest’ultimo punto, ALA segnala un dato impressionante: secondo una ricerca presentata alla Biennale di Venezia nel 2014, se anche dimezzassimo il numero degli architetti, arriveremmo appena alla proporzione che esiste in Germania; se riducessimo ulteriormente gli architetti italiani, non arriveremmo al rapporto della Francia, dove c’era un architetto per ogni 2.000 francesi! Com’è facile comprendere, la questione non è secondaria, in rapporto alla vita professionale degli architetti che si laureano oggi”.
ALA Assoarchitetti, l’Associazione degli architetti e degli ingegneri liberi professionisti italiani, interviene sull’argomento, anche con l’obiettivo di ricercare una linea comune a tutte componenti attive del mondo delle professioni.
“Il principio del diritto all’equo compenso per i liberi professionisti - ricorda ALA - fu introdotto nella Legge Finanziaria di qualche anno fa, in era pre-CoViD. Tuttavia, la proclamazione del principio nei fatti a nulla è valsa ed è parere consolidato, presso l’ampia maggioranza dei professionisti, che sia ora di passare all’azione. Azione che, a nostro avviso, ora deve tenere conto che la Legislatura o finisce in autunno oppure, in ogni caso anche se per combinazione giungerà alla scadenza naturale di aprile 2023, il tempo trascorso ha ormai bruciato ogni possibile tatticismo”.
“Dobbiamo infatti considerare che alla scadenza della Legislatura tutti i disegni e progetti di legge giacenti al Senato e alla Camera automaticamente decadranno. Compreso ovviamente il ddl 2419, che è stato approvato dalla Camera il 13 ottobre 2021 e che quindi, se venisse approvato senza modifiche al Senato diverrebbe legge dello Stato”.
“Qualsiasi modifica che facesse ritornare il ddl alla Camera - prosegue ALA - sarebbe invece ormai incompatibile con i tempi a disposizione. Infatti, una volta nuovamente modificato dal Senato è ormai impossibile pensare a un nuovo voto dei Deputati senza ulteriori modifiche. Bisogna anche tener conto che in pendenza di elezioni nel 2023, (anche se non anticipate ad ottobre) il Parlamento sta ragionando sulla promulgazione di una nuova legge elettorale, con tutte le conseguenze del caso”.
“Sappiamo bene che il disegno di legge in corso di discussione non è perfetto, ma dobbiamo considerare che è perfettibile in prospettiva, proprio per come è formulato. Ci siamo quindi convinti che c’è l’urgenza indifferibile di assumere una posizione di Real Politik, nell’interesse pubblico e dei liberi professionisti, di ottenere una legge che è quanto di meglio è possibile ora e che in ogni caso è ben di più della semplice ed inefficace proclamazione del principio al diritto teorico ad un equo compenso, attualmente vigente”.
“Il ddl in esame proclama il diritto ad un compenso professionale proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, alle responsabilità civili, penali e contrattuali assunte dal libero professionista nell’assolvimento dell’incarico e, se noi lo vorremo, anche ai costi sostenuti dallo studio professionale nella produzione del lavoro intellettuale. Ne abbiamo necessità ora e, se non passa questo testo, rischiamo di non ottenerlo mai più”.
“Con questa legge in vigore - aggiunge l’Associazione -, nella prossima legislatura potremo invece:
1. promuovere l’aggiornamento dei parametri per i compensi, che risalgono al DM/2012;
2. mirare ad un riequilibrio delle misure sanzionatorie deontologiche che, nel disegno di legge attuale, gravano in modo sbilanciato unicamente sui professionisti;
3. mettere in luce le peculiarità di alcuni profili libero professionali come quelli di medici, veterinari, architetti, ingegneri, agronomi-forestali, geologi ad esempio e non solo degli avvocati (come avviene con questo disegno di legge);
4. chiarire che una eventuale “class action” (di cui all’art. 9) sarebbe più credibile se promossa dalle Associazioni rappresentative dei liberi professionisti iscritti agli Albi e non invece dai Consigli Nazionali degli Ordini e dei Collegi, i quali sono stati legalmente istituiti a tutela dei clienti e non dei professionisti iscritti;
5. far prender atto del peso che hanno assunto le Associazioni delle libere professioni confederate in Confprofessioni e, di conseguenza, far introdurre una loro rappresentanza nell’Osservatorio presso il Ministero di Giustizia, (art. 10);
6. avviare una politica moderna sulla concorrenza nel settore delle professioni, parallela ad una programmazione pluriennale del numero dei professionisti.
A proposito di quest’ultimo punto, ALA segnala un dato impressionante: secondo una ricerca presentata alla Biennale di Venezia nel 2014, se anche dimezzassimo il numero degli architetti, arriveremmo appena alla proporzione che esiste in Germania; se riducessimo ulteriormente gli architetti italiani, non arriveremmo al rapporto della Francia, dove c’era un architetto per ogni 2.000 francesi! Com’è facile comprendere, la questione non è secondaria, in rapporto alla vita professionale degli architetti che si laureano oggi”.