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Abusi edilizi, cosa accade se sono realizzati a cavallo di zone non omogenee?
di Redazione Edilportale

Abusi edilizi, cosa accade se sono realizzati a cavallo di zone non omogenee?

Il monito del Consiglio di Stato: i privati non possono essere ‘arbitri della distribuzione delle costruzioni sul territorio’

Vedi Aggiornamento del 14/10/2024
nachai©123RF.com
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28/11/2022 - Cosa accade se si costruisce a cavallo di due zone urbanistiche, senza permesso, ed è necessario chiedere una sanatoria?
 
È possibile che la parte abusiva, ricadente nella zona in cui non si può edificare, sia compensata dalla volumetria realizzabile nella zona edificabile?
 
Per rispondere a questa domanda, il Consiglio di Stato, con la sentenza 1085/2022, ha illustrato i limiti del trasferimento di cubatura.
 

Abusi edilizi a cavallo di due zone non omogenee

Il caso esaminato ha inizio con l’acquisto di un fabbricato, realizzato sulla base di permessi del 1984 e del 1998 e adibito ad attività di ristorazione. Dopo l’acquisto, il proprietario presenta la Dia (oggi Scia) per la ristrutturazione dell’edificio e la sistemazione dell’area esterna e richiede il permesso di costruire per l’ampliamento di alcuni locali.
 
Il Comune, dopo aver accertato che i lavori sono già in corso, ne ordina la sospensione. Dagli accertamenti emerge che l’opera presenta una parte abusiva, realizzata a cavallo di due zone urbanistiche: una zona residenziale B3 e una zona agricola E3, inedificabile per vincolo idrogeologico o geotecnico.
 
Il proprietario chiede il permesso di costruire in sanatoria. A suo avviso, il Comune dovrebbe concederglielo perché si tratta di un unico edificio e la volumetria realizzabile nella zona residenziale può essere trasferita alla zona agricola.
 
Il Comune nega invece il permesso di costruire, affermando che la volumetria abusiva realizzata non può essere giustificata con l’indice di fabbricabilità fondiario previsto dalle zone edificabili perché non omogenee con le altre.
 

Abusi edilizi tra zone non omogenee, no al trasferimento di cubatura

È sorto quindi un contenzioso e sia i giudici del Tar, sia quelli del Consiglio di Stato, hanno respinto il ricorso del proprietario.
 
I giudici hanno ricordato il principio in base al quale per il trasferimento di cubatura è necessaria l’omogeneità urbanistica. Questo significa che i fondi devono essere caratterizzati dalla stessa destinazione d’uso territoriale e dall’omogeneità edificatoria e avere identico indice di fabbricabilità originario.
 
In caso contrario, rimarrebbero insoddisfatte le esigenze di pianificazione urbanistica e si altererebbero gli standards fissati dallo strumento urbanistico.
 
Ma non solo, perché, si legge nelle argomentazioni della sentenza, i privati diventerebbero “arbitri della distribuzione delle costruzioni sul territorio”. Si tratta, sostengono i giudici, di un “espediente con cui il privato, edificando al confine di più zone, vanificherebbe le scelte dell’ente pianificatore attraverso la manipolazione delle previsioni dello strumento urbanistico”.
 
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