
Pergotenda, gazebo e tettoia: i confini dell’edilizia libera
NORMATIVA
Pergotenda, gazebo e tettoia: i confini dell’edilizia libera
Il CdS spiega quando un manufatto può essere realizzato senza titolo abilitativo e quali poteri ha il Comune in uno stabilimento balneare in area demaniale
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del 09/05/2024

16/11/2022 - Quali caratteristiche deve avere una pergotenda per essere considerata intervento di edilizia libera? E un gazebo? Il Comune può ordinare la demolizione delle opere realizzate su una spiaggia, che è un’area demaniale?
Su questi dubbi ha fatto luce il Consiglio di Stato con la sentenza 8320/2022.
- un collegamento tra il ristorante e i servizi;
- 4 pergotende nel giardino;
- la chiusura di una pedana esterna con tetto in tegole e PVC;
- un gazebo vicino all’ingresso del ristorante nell’area giardino.
Il Comune ha imposto la rimozione di alcuni manufatti e respinto due istanze di sanatoria.
La società che gestisce lo stabilimento ha quindi fatto ricorso al Tar che ha “salvato” 3 pergotende con caratteristiche tali da essere considerate interventi di edilizia libera e decretato l’abusività delle altre costruzioni, che a suo avviso non sarebbero né di edilizia libera né pertinenziale.
Il Tar ha ritenuto corretto il diniego della sanatoria, perché l’area è gravata da un vincolo idrogeologico ed è possibile realizzare solo opere amovibili, così come l’ordine di demolizione.
La società è ricorsa in appello davanti al Consiglio di Stato sostenendo che le opere realizzate non fossero qualificabili come nuova costruzione e che, essendo lo stabilimento collocato in area portuale, l’ordine di demolizione e le funzioni di vigilanza fossero di competenza della Capitaneria di Porto e non del Comune.
Il CdS, al contrario, dopo le verifiche ha concluso che la struttura è funzionale a sostenere in sicurezza una tenda con funzione di ombreggiamento ed è ancorata al suolo in modo da poter essere facilmente rimossa. Si tratta, si legge nella sentenza, di un’opera “riconducibile ai manufatti di cui al punto 50 di cui alle Definizioni Uniformi - di cui al D.P.C.M. del 20 ottobre 2016”.
In realtà i giudici citano le definizioni uniformi, che arrivano al punto 42, ma sicuramente si riferiscono al Glossario unico dell’edilizia libera, contenuto nel DM 2 marzo 2018. In questo documento, infatti, il punto 50 annovera tenda, tenda a pergola, pergotenda e copertura leggera di arredo.
La sostanza non cambia e anche alla pergotenda in dubbio è stato riconosciuto lo status di edilizia libera.
In merito alla copertura della pedana, i giudici hanno rilevato che si tratta di una vera e propria tettoia. La struttura portante è stata realizzata con pilastri d’acciaio su basamento in blocchi di calcestruzzo, con piastre e bulloni. La copertura ha un’orditura in legno lamellare cui è sovrapposto un manto di copertura in tegole, mentre sui tre lati liberi sono istallati dei teli avvolgibili in PVC, che creano una veranda.
Per la realizzazione di queste opere, secondo il CdS, sarebbe stato necessario il permesso di costruire. I giudici hanno quindi confermato la demolizione.
Sulle opere di collegamento e il gazebo, il CdS ha osservato che, al contrario di quanto affermato dalla società, non si tratta di opere pertinenziali e non è rilevante il fatto che possano essere facilmente smontabili.
I giudici hanno ricordato che la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, ma non ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, hanno una propria autonomia.
La facilità di smontaggio, hanno aggiunto i giudici, potrebbe eventualmente essere rilevante per valutare la conformità delle opere al Piano comunale delle spiagge, ma non per escludere la necessità di un preventivo titolo edilizio.
Le opere, destinate ad essere utilizzate in modo stabile, sono state considerate abusive e il CdS ha confermato la loro demolizione.
Il CdS ha sottolineato che la realizzazione, da parte di privati, di interventi su aree demaniali è disciplinata dal Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). Di conseguenza, spetta ai Comuni:
- la disciplina dell’attività edilizia;
- la costituzione dello sportello unico per l’attività edilizia deputato alla ricezione di tutti gli atti relativi a pratiche edilizie e al rilascio di permessi di costruire;
- la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e l’adozione dei provvedimenti sanzionatori;
- l’adozione dei provvedimenti finalizzati alla rimozione delle opere abusive realizzate su terreni del demanio o del patrimonio dello Stato o di altri enti pubblici.
I giudici hanno aggiunto che la società si era procurata dalla Capitaneria di porto l’autorizzazione a realizzare alcune delle opere contestate, ma tali autorizzazioni non rendono automaticamente le opere legittime dal momento che “la normativa vigente è chiara nell’attribuire solo ai comuni le competenze in materia di rilascio dei titoli edilizi e di vigilanza sull’attività edilizia”.
Su questi dubbi ha fatto luce il Consiglio di Stato con la sentenza 8320/2022.
Pergotenda, gazebo, tettoia: il caso
Il caso riguarda uno stabilimento balneare in cui sono state realizzate una serie di opere tra cui:- un collegamento tra il ristorante e i servizi;
- 4 pergotende nel giardino;
- la chiusura di una pedana esterna con tetto in tegole e PVC;
- un gazebo vicino all’ingresso del ristorante nell’area giardino.
Il Comune ha imposto la rimozione di alcuni manufatti e respinto due istanze di sanatoria.
La società che gestisce lo stabilimento ha quindi fatto ricorso al Tar che ha “salvato” 3 pergotende con caratteristiche tali da essere considerate interventi di edilizia libera e decretato l’abusività delle altre costruzioni, che a suo avviso non sarebbero né di edilizia libera né pertinenziale.
Il Tar ha ritenuto corretto il diniego della sanatoria, perché l’area è gravata da un vincolo idrogeologico ed è possibile realizzare solo opere amovibili, così come l’ordine di demolizione.
La società è ricorsa in appello davanti al Consiglio di Stato sostenendo che le opere realizzate non fossero qualificabili come nuova costruzione e che, essendo lo stabilimento collocato in area portuale, l’ordine di demolizione e le funzioni di vigilanza fossero di competenza della Capitaneria di Porto e non del Comune.
Pergotenda, gazebo, tettoia: cosa rientra nell’edilizia libera?
Per quanto riguarda le pergotende, il CdS ha ribaltato la decisione del Tar, che aveva considerato abusiva una delle pergotende perché caratterizzata da una struttura principale solida e permanente, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell'edificio con impatto sull'estetica e sulla fotografia del paesaggio. Per il Tar, la pergotenda, a prescindere dall’amovibilità, avrebbe inoltre avuto un utilizzo stabile nel tempo.Il CdS, al contrario, dopo le verifiche ha concluso che la struttura è funzionale a sostenere in sicurezza una tenda con funzione di ombreggiamento ed è ancorata al suolo in modo da poter essere facilmente rimossa. Si tratta, si legge nella sentenza, di un’opera “riconducibile ai manufatti di cui al punto 50 di cui alle Definizioni Uniformi - di cui al D.P.C.M. del 20 ottobre 2016”.
In realtà i giudici citano le definizioni uniformi, che arrivano al punto 42, ma sicuramente si riferiscono al Glossario unico dell’edilizia libera, contenuto nel DM 2 marzo 2018. In questo documento, infatti, il punto 50 annovera tenda, tenda a pergola, pergotenda e copertura leggera di arredo.
La sostanza non cambia e anche alla pergotenda in dubbio è stato riconosciuto lo status di edilizia libera.
In merito alla copertura della pedana, i giudici hanno rilevato che si tratta di una vera e propria tettoia. La struttura portante è stata realizzata con pilastri d’acciaio su basamento in blocchi di calcestruzzo, con piastre e bulloni. La copertura ha un’orditura in legno lamellare cui è sovrapposto un manto di copertura in tegole, mentre sui tre lati liberi sono istallati dei teli avvolgibili in PVC, che creano una veranda.
Per la realizzazione di queste opere, secondo il CdS, sarebbe stato necessario il permesso di costruire. I giudici hanno quindi confermato la demolizione.
Sulle opere di collegamento e il gazebo, il CdS ha osservato che, al contrario di quanto affermato dalla società, non si tratta di opere pertinenziali e non è rilevante il fatto che possano essere facilmente smontabili.
I giudici hanno ricordato che la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, ma non ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, hanno una propria autonomia.
La facilità di smontaggio, hanno aggiunto i giudici, potrebbe eventualmente essere rilevante per valutare la conformità delle opere al Piano comunale delle spiagge, ma non per escludere la necessità di un preventivo titolo edilizio.
Le opere, destinate ad essere utilizzate in modo stabile, sono state considerate abusive e il CdS ha confermato la loro demolizione.
Interventi edilizi in area demaniale: la competenza è del Comune
Dal punto di vista delle competenze, sia il Tar sia il Consiglio di Stato hanno affermato che è compito del Comune vigilare sull’attività edilizia in area demaniale e adottare tutti gli atti per l’eventuale repressione degli abusi edilizi.Il CdS ha sottolineato che la realizzazione, da parte di privati, di interventi su aree demaniali è disciplinata dal Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). Di conseguenza, spetta ai Comuni:
- la disciplina dell’attività edilizia;
- la costituzione dello sportello unico per l’attività edilizia deputato alla ricezione di tutti gli atti relativi a pratiche edilizie e al rilascio di permessi di costruire;
- la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e l’adozione dei provvedimenti sanzionatori;
- l’adozione dei provvedimenti finalizzati alla rimozione delle opere abusive realizzate su terreni del demanio o del patrimonio dello Stato o di altri enti pubblici.
I giudici hanno aggiunto che la società si era procurata dalla Capitaneria di porto l’autorizzazione a realizzare alcune delle opere contestate, ma tali autorizzazioni non rendono automaticamente le opere legittime dal momento che “la normativa vigente è chiara nell’attribuire solo ai comuni le competenze in materia di rilascio dei titoli edilizi e di vigilanza sull’attività edilizia”.