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Immobile adibito ad attività senza fini di lucro, come si assegna la categoria catastale?
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Immobile adibito ad attività senza fini di lucro, come si assegna la categoria catastale?
L’attività svolta in un determinato momento è un criterio complementare ma non alternativo o esclusivo ai fini del classamento
11/11/2022 - Per l’attribuzione della categoria catastale, l’esistenza o meno dei fini di lucro viene valutata sulla base della destinazione dell’edificio, sia rispetto alle caratteristiche proprie della struttura che alle attività concretamente svolte al suo interno; è ininfluente la sola qualifica soggettiva di chi in esso opera.
È quanto specifica l’ordinanza 27438 del 20 settembre 2022 della Cassazione, illustrata dal magazine dell’Agenzia delle Entrate.
La controversia, di natura catastale, prende spunto da un avviso di accertamento con il quale l’ufficio del Fisco riclassificava la categoria catastale B/1 (collegi, convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari, caserme) - proposta dalla contribuente con procedura Docfa per le opere edilizie di ampliamento e differente distribuzione degli spazi interni eseguiti in un immobile sito nel comune di Nembro destinato a casa di riposo - rettificandola nella categoria D/4 (relativa a case di cura e ospedali con fini di lucro).
La Commissione tributaria provinciale di Bergamo accoglieva il ricorso della Fondazione annullando l’atto impositivo in quanto ritenuto illegittimo per carenza di motivazione e infondatezza nel merito della pretesa.
L’appello dell’ufficio veniva rigettato dalla Ctr della Lombardia in quanto i giudici di secondo grado sostenevano che:
- l’ufficio dell’Agenzia non avesse esplicato le ragioni in base alle quali avesse ritenuto che la Casa di riposo gestita dalla Fondazione Rsa - organizzazione senza scopo di lucro - dovesse essere annoverata, invece, tra le case di cura aventi finalità lucrativa;
- lo stesso ufficio non avesse dimostrato che gli assistiti versassero corrispettivi pari a quelli del libero mercato per i servizi ricevuti, in contrasto così con l’orientamento della Corte suprema (sentenza n. 3394/2014);
- non era corretta l’impostazione, adottata dall’ente impositore, per cui al fine di stabilire la categoria catastale e la rendita bisognasse prendere in esame solo le caratteristiche oggettive e tipologiche dei fabbricati, indipendentemente dal tipo di attività svolta negli stessi.
In conclusione, il riclassamento fatto delle Entrate non è stato ritenuto corretto in quanto nell’immobile adibito a casa di riposo veniva svolta attività assistenziale e socio-sanitaria senza scopo di lucro; questo rendeva corretta la categoria catastale (B/1) proposta dalla Fondazione; era, quindi, errata la tesi dell’Agenzia delle entrate, perché in contrasto con la disposizione di legge che distingue la collocazione della categoria catastale in B/1 o D/4 in base all’unico criterio dell’assenza o meno dello scopo di lucro.
L’amministrazione finanziaria propone ricorso per la cassazione della sentenza regionale sulla base di due motivi di doglianza:
- violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1, comma 2 e 3, 3, comma 3, del DM 701/1994, e 7 della legge 212/2000, per aver l’avviso di accertamento compiutamente messo in condizione la Fondazione di comprendere le ragioni poste a base della rettifica operata;
- violazione e falsa applicazione degli articoli 4, 6, 8 e 10 del Rdl 652/1939, nonché dell’articolo 8 del Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano 1142/1949 ritenendo che “ai fini della qualifica catastale l’immobile deve essere valutato nella sua visione oggettiva, sia rispetto alle caratteristiche proprie della struttura sia rispetto alle attività concretamente svolte al suo interno (redditività oggettiva) a nulla influenzando la qualifica soggettiva di colui che esercita tale attività”.
I giudici di legittimità, con l’ordinanza in esame, hanno accolto il ricorso dell’ufficio cassando la pronuncia della Ctr Lombardia con rinvio ad altra sezione del medesimo collegio regionale.
Il primo motivo di ricorso erariale è stato ritenuto fondato sulla base del richiamo al costante insegnamento della Corte in base al quale “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura cosiddetta DOCFA, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita (Cass. n. 31809/18; n. 23237/14 e numerose altre)” - (Cassazione n. 3851/2022 e, nello stesso senso, tra le tante, Cassazione n. 20509/2022).
Nel caso specifico, la diversa categoria D/4 attribuita in rettifica dal Fisco era derivata in ragione di non controversi lavori di ampliamento e di diversa distribuzione degli spazi interni operati dalla fondazione sul cespite immobiliare in questione.
Anche il secondo motivo di impugnazione è stato accolto dai giudici di piazza Cavour ritenendo che la sentenza impugnata abbia omesso ogni accertamento sulle oggettive caratteristiche intrinseche dell’immobile e fondando il giudizio in ordine alla sussistenza o meno del requisito del “fine di lucro” esclusivamente sulla ritenuta “finalità senza scopo di lucro della contribuente” e, quindi, considerando il profilo soggettivo (fondazione - Onlus) della stessa e/o la natura non commerciale dell’attività svolta nell’unità immobiliare oggetto di tassazione.
In linea generale, la Corte ha ripetutamente affermato che “il provvedimento di attribuzione della rendita catastale di un immobile è un atto tributario che inerisce al bene che ne costituisce l’oggetto, secondo una prospettiva di tipo “reale”… non rilevando, quindi, né il carattere pubblico o privato della proprietà dell’immobile, né eventuali funzioni latamente sociali svolte dal proprietario” (Cassazione, n. 25992/2020 in tema di Rrs, che richiama, Cassazione n. 34002/2019, n. 8773/2015 e n. 12205/2015, e nello stesso senso, Cassazione n. 24078/2022, n. 3851/2022, n. 2249/2021, n. 2253/2021, n. 31213/2021, n. 25992/2020, n. 24078/2020, n. 13666/2020, n. 13074/2020 e n. 15220/2020).
In conclusione, in ambito catastale, il fine di lucro deve essere preso in considerazione, in quanto espressamente previsto come criterio di classificazione per numerose categorie, ma in termini oggettivati, nel senso che se ne richiede una verifica che ne ricerchi la sussistenza ricavandola dalle caratteristiche strutturali dell’immobile - inconvertibili se non attraverso modifiche rilevanti - e non si fermi quindi al tipo di attività che in un determinato momento storico vi viene svolta, il quale può costituire un criterio complementare ma non alternativo o esclusivo ai fini del classamento.
È quanto specifica l’ordinanza 27438 del 20 settembre 2022 della Cassazione, illustrata dal magazine dell’Agenzia delle Entrate.
La controversia, di natura catastale, prende spunto da un avviso di accertamento con il quale l’ufficio del Fisco riclassificava la categoria catastale B/1 (collegi, convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari, caserme) - proposta dalla contribuente con procedura Docfa per le opere edilizie di ampliamento e differente distribuzione degli spazi interni eseguiti in un immobile sito nel comune di Nembro destinato a casa di riposo - rettificandola nella categoria D/4 (relativa a case di cura e ospedali con fini di lucro).
La Commissione tributaria provinciale di Bergamo accoglieva il ricorso della Fondazione annullando l’atto impositivo in quanto ritenuto illegittimo per carenza di motivazione e infondatezza nel merito della pretesa.
L’appello dell’ufficio veniva rigettato dalla Ctr della Lombardia in quanto i giudici di secondo grado sostenevano che:
- l’ufficio dell’Agenzia non avesse esplicato le ragioni in base alle quali avesse ritenuto che la Casa di riposo gestita dalla Fondazione Rsa - organizzazione senza scopo di lucro - dovesse essere annoverata, invece, tra le case di cura aventi finalità lucrativa;
- lo stesso ufficio non avesse dimostrato che gli assistiti versassero corrispettivi pari a quelli del libero mercato per i servizi ricevuti, in contrasto così con l’orientamento della Corte suprema (sentenza n. 3394/2014);
- non era corretta l’impostazione, adottata dall’ente impositore, per cui al fine di stabilire la categoria catastale e la rendita bisognasse prendere in esame solo le caratteristiche oggettive e tipologiche dei fabbricati, indipendentemente dal tipo di attività svolta negli stessi.
In conclusione, il riclassamento fatto delle Entrate non è stato ritenuto corretto in quanto nell’immobile adibito a casa di riposo veniva svolta attività assistenziale e socio-sanitaria senza scopo di lucro; questo rendeva corretta la categoria catastale (B/1) proposta dalla Fondazione; era, quindi, errata la tesi dell’Agenzia delle entrate, perché in contrasto con la disposizione di legge che distingue la collocazione della categoria catastale in B/1 o D/4 in base all’unico criterio dell’assenza o meno dello scopo di lucro.
L’amministrazione finanziaria propone ricorso per la cassazione della sentenza regionale sulla base di due motivi di doglianza:
- violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1, comma 2 e 3, 3, comma 3, del DM 701/1994, e 7 della legge 212/2000, per aver l’avviso di accertamento compiutamente messo in condizione la Fondazione di comprendere le ragioni poste a base della rettifica operata;
- violazione e falsa applicazione degli articoli 4, 6, 8 e 10 del Rdl 652/1939, nonché dell’articolo 8 del Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano 1142/1949 ritenendo che “ai fini della qualifica catastale l’immobile deve essere valutato nella sua visione oggettiva, sia rispetto alle caratteristiche proprie della struttura sia rispetto alle attività concretamente svolte al suo interno (redditività oggettiva) a nulla influenzando la qualifica soggettiva di colui che esercita tale attività”.
I giudici di legittimità, con l’ordinanza in esame, hanno accolto il ricorso dell’ufficio cassando la pronuncia della Ctr Lombardia con rinvio ad altra sezione del medesimo collegio regionale.
Il primo motivo di ricorso erariale è stato ritenuto fondato sulla base del richiamo al costante insegnamento della Corte in base al quale “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura cosiddetta DOCFA, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita (Cass. n. 31809/18; n. 23237/14 e numerose altre)” - (Cassazione n. 3851/2022 e, nello stesso senso, tra le tante, Cassazione n. 20509/2022).
Nel caso specifico, la diversa categoria D/4 attribuita in rettifica dal Fisco era derivata in ragione di non controversi lavori di ampliamento e di diversa distribuzione degli spazi interni operati dalla fondazione sul cespite immobiliare in questione.
Anche il secondo motivo di impugnazione è stato accolto dai giudici di piazza Cavour ritenendo che la sentenza impugnata abbia omesso ogni accertamento sulle oggettive caratteristiche intrinseche dell’immobile e fondando il giudizio in ordine alla sussistenza o meno del requisito del “fine di lucro” esclusivamente sulla ritenuta “finalità senza scopo di lucro della contribuente” e, quindi, considerando il profilo soggettivo (fondazione - Onlus) della stessa e/o la natura non commerciale dell’attività svolta nell’unità immobiliare oggetto di tassazione.
In linea generale, la Corte ha ripetutamente affermato che “il provvedimento di attribuzione della rendita catastale di un immobile è un atto tributario che inerisce al bene che ne costituisce l’oggetto, secondo una prospettiva di tipo “reale”… non rilevando, quindi, né il carattere pubblico o privato della proprietà dell’immobile, né eventuali funzioni latamente sociali svolte dal proprietario” (Cassazione, n. 25992/2020 in tema di Rrs, che richiama, Cassazione n. 34002/2019, n. 8773/2015 e n. 12205/2015, e nello stesso senso, Cassazione n. 24078/2022, n. 3851/2022, n. 2249/2021, n. 2253/2021, n. 31213/2021, n. 25992/2020, n. 24078/2020, n. 13666/2020, n. 13074/2020 e n. 15220/2020).
In conclusione, in ambito catastale, il fine di lucro deve essere preso in considerazione, in quanto espressamente previsto come criterio di classificazione per numerose categorie, ma in termini oggettivati, nel senso che se ne richiede una verifica che ne ricerchi la sussistenza ricavandola dalle caratteristiche strutturali dell’immobile - inconvertibili se non attraverso modifiche rilevanti - e non si fermi quindi al tipo di attività che in un determinato momento storico vi viene svolta, il quale può costituire un criterio complementare ma non alternativo o esclusivo ai fini del classamento.