
Sopraelevazione, nei centri storici non può essere limitata per motivi di privacy
RISTRUTTURAZIONE
Sopraelevazione, nei centri storici non può essere limitata per motivi di privacy
Il Tar Emilia Romagna spiega come applicare il concetto di ‘vicinitas’ nelle zone caratterizzate da alta densità e nessuna omogeneità
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del 10/05/2024

11/01/2023 - Il vicino può opporsi alla sopraelevazione di un edificio se ritiene che la sua privacy possa essere danneggiata?
In teoria sì, a condizione di dimostrare l’effettivo danno subìto. Ma nei centri storici la pratica potrebbe essere diversa.
Il Tar Emilia Romagna, con la sentenza 332/2022, ha fornito una spiegazione sul concetto di “vicinitas” e sulla sua applicazione concreta nei centri storici, che presentano un tessuto edilizio differente rispetto alle altre zone.
I lavori sono qualificati come “restauro e risanamento conservativo con recupero ai fini abitativi del sottotetto ed installazione di ascensore condominiale”. L’intervento comporta lo spostamento di alcuni volumi incongrui insistenti sui due terrazzi in copertura e ha ottenuto il parere favorevole della Commissione per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio del Comune. Dopo il via libera della Commissione, il condominio ha presentato una Scia per l’inserimento di un ascensore all’interno del vano scala e la riqualificazione della facciata.
Il vicino è venuto a conoscenza dell’intervento quando si è accorto della sopraelevazione in corso di realizzazione nel condominio e ha chiesto al Comune di esercitare i poteri inibitori o di annullamento in autotutela. A suo avviso, l’intervento avrebbe creato nuove volumetrie abitative dove prima non c’erano, realizzando un organismo edilizio del tutto nuovo ed incongruo rispetto all’edificio precedente. Secondo il vicino, si trattava quindi di un intervento non consentito nel centro storico.
Secondo il vicino, l’intervento avrebbe pregiudicato la sua privacy. Dopo i lavori, infatti, le parti del condominio interessate dai lavori sarebbero state utilizzate maggiormente e più persone avrebbero potuto guardare all’interno della sua abitazione.
Per il vicino, inoltre, l’intervento avrebbe completamente modificato il profilo dei tetti della zona.
A detta del vicino, infine i lavori non possono essere qualificati come un restauro e risanamento conservativo, ma consistono nella demolizione di volumi esistenti e nella ricostruzione di un nuovo volume in posizione differente. Gli interventi muterebbero in modo sostanziale l’aspetto originario dell’edificio e per la loro realizzazione sarebbe necessario il permesso di costruire anziché la Scia.
Il Comune, però, ha rigettato l’istanza e confermato la legittimità dei lavori e dei titoli abilitativi. Il vicino ha quindi presentato ricorso al Tar.
Il Tar ha sottolineato che l’immobile del vicino dista 23 metri dal condominio interessato dagli interventi. La misurazione è stata effettuata con un calcolo tridimensionale, tenendo conto che la proprietà del vicino si trova due piani al di sotto della parte più alta del condominio.
Il Tar ha inoltre rilevato che il punto di maggiore vicinanza tra le due proprietà è costituito dagli affacci a Nord dei due terrazzi, che non hanno subìto modifiche. Anche prima dei lavori, dal terrazzo del condominio era quindi possibile guardare all’interno della proprietà del vicino.
A ciò si aggiunge, hanno affermato i giudici, che la scelta di vivere in centro storico, caratterizzato come detto dalla presenza di moltissimi edifici in uno spazio limitato, con altezze diverse ed affacci necessariamente uno sull’altro, rende di fatto impossibile una tutela piena della privacy di ciascuno.
Per quanto riguarda l’alterazione del profilo dei tetti, i giudici hanno ribadito che il centro storico è “per definizione caratterizzato da una molteplicità di edifici con caratteristiche diverse, siti in spazi circoscritti”. I due stabili fanno parte, infatti, di un isolato del centro storico, in cui sono presenti molti edifici a schiera con altezze disomogenee, coperture dalle forme diverse e nessuna coerenza né altimetrica né architettonica del profilo dei tetti.
In questo contesto, hanno concluso i giudici, bisogna definire correttamente il concetto di “vicinitas” per evitare che qualunque intervento, che arrechi modifiche minime a un immobile inserito in un contesto già eterogeneo, si trasformi in un contenzioso.
Dal punto di vista della qualificazione dell’intervento e del titolo abilitativo necessario, il Tar ha rilevato che i lavori hanno migliorato l’area attraverso la ricomposizione dei volumi in copertura mediante la regolarizzazione delle falde del fabbricato, che prima risultavano variegate, e la regolarizzazione dei volumi attraverso la demolizione di due corpi prima insalubri perché coperti in amianto.
Il Tar ha quindi respinto il ricorso del vicino e confermato la legittimità dell’intervento.
In teoria sì, a condizione di dimostrare l’effettivo danno subìto. Ma nei centri storici la pratica potrebbe essere diversa.
Il Tar Emilia Romagna, con la sentenza 332/2022, ha fornito una spiegazione sul concetto di “vicinitas” e sulla sua applicazione concreta nei centri storici, che presentano un tessuto edilizio differente rispetto alle altre zone.
Sopraelevazione, demolizione e ricostruzione nel centro storico, il caso
Il caso esaminato riguarda la realizzazione di un ascensore in un condominio situato nel centro storico. Il vicino ha presentato ricorso per chiedere l’accertamento dell’illegittimità delle opere e l’annullamento della Scia relativa agli interventi.I lavori sono qualificati come “restauro e risanamento conservativo con recupero ai fini abitativi del sottotetto ed installazione di ascensore condominiale”. L’intervento comporta lo spostamento di alcuni volumi incongrui insistenti sui due terrazzi in copertura e ha ottenuto il parere favorevole della Commissione per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio del Comune. Dopo il via libera della Commissione, il condominio ha presentato una Scia per l’inserimento di un ascensore all’interno del vano scala e la riqualificazione della facciata.
Il vicino è venuto a conoscenza dell’intervento quando si è accorto della sopraelevazione in corso di realizzazione nel condominio e ha chiesto al Comune di esercitare i poteri inibitori o di annullamento in autotutela. A suo avviso, l’intervento avrebbe creato nuove volumetrie abitative dove prima non c’erano, realizzando un organismo edilizio del tutto nuovo ed incongruo rispetto all’edificio precedente. Secondo il vicino, si trattava quindi di un intervento non consentito nel centro storico.
Secondo il vicino, l’intervento avrebbe pregiudicato la sua privacy. Dopo i lavori, infatti, le parti del condominio interessate dai lavori sarebbero state utilizzate maggiormente e più persone avrebbero potuto guardare all’interno della sua abitazione.
Per il vicino, inoltre, l’intervento avrebbe completamente modificato il profilo dei tetti della zona.
A detta del vicino, infine i lavori non possono essere qualificati come un restauro e risanamento conservativo, ma consistono nella demolizione di volumi esistenti e nella ricostruzione di un nuovo volume in posizione differente. Gli interventi muterebbero in modo sostanziale l’aspetto originario dell’edificio e per la loro realizzazione sarebbe necessario il permesso di costruire anziché la Scia.
Il Comune, però, ha rigettato l’istanza e confermato la legittimità dei lavori e dei titoli abilitativi. Il vicino ha quindi presentato ricorso al Tar.
Demolizione nel centro storico, le condizioni
I giudici hanno spiegato che la “vicinitas” da sola non giustifica il ricorso dal momento che il vicino dovrebbe dimostrare concretamente qual è il danno arrecatogli dall’intervento edilizio.Il Tar ha sottolineato che l’immobile del vicino dista 23 metri dal condominio interessato dagli interventi. La misurazione è stata effettuata con un calcolo tridimensionale, tenendo conto che la proprietà del vicino si trova due piani al di sotto della parte più alta del condominio.
Il Tar ha inoltre rilevato che il punto di maggiore vicinanza tra le due proprietà è costituito dagli affacci a Nord dei due terrazzi, che non hanno subìto modifiche. Anche prima dei lavori, dal terrazzo del condominio era quindi possibile guardare all’interno della proprietà del vicino.
A ciò si aggiunge, hanno affermato i giudici, che la scelta di vivere in centro storico, caratterizzato come detto dalla presenza di moltissimi edifici in uno spazio limitato, con altezze diverse ed affacci necessariamente uno sull’altro, rende di fatto impossibile una tutela piena della privacy di ciascuno.
Per quanto riguarda l’alterazione del profilo dei tetti, i giudici hanno ribadito che il centro storico è “per definizione caratterizzato da una molteplicità di edifici con caratteristiche diverse, siti in spazi circoscritti”. I due stabili fanno parte, infatti, di un isolato del centro storico, in cui sono presenti molti edifici a schiera con altezze disomogenee, coperture dalle forme diverse e nessuna coerenza né altimetrica né architettonica del profilo dei tetti.
In questo contesto, hanno concluso i giudici, bisogna definire correttamente il concetto di “vicinitas” per evitare che qualunque intervento, che arrechi modifiche minime a un immobile inserito in un contesto già eterogeneo, si trasformi in un contenzioso.
Dal punto di vista della qualificazione dell’intervento e del titolo abilitativo necessario, il Tar ha rilevato che i lavori hanno migliorato l’area attraverso la ricomposizione dei volumi in copertura mediante la regolarizzazione delle falde del fabbricato, che prima risultavano variegate, e la regolarizzazione dei volumi attraverso la demolizione di due corpi prima insalubri perché coperti in amianto.
Il Tar ha quindi respinto il ricorso del vicino e confermato la legittimità dell’intervento.