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Progettista e Direttore dei Lavori sono responsabili per lavori mal eseguiti?
di NPC - Avvocati e Consulenti

Progettista e Direttore dei Lavori sono responsabili per lavori mal eseguiti?

Vizi e difetti di costruzione possono essere considerati forti indicatori di negligenza professionale

Vedi Aggiornamento del 07/02/2025
Dinis Tolipov © 123rf.com
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di NPC - Avvocati e Consulenti
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27/02/2023 - Diligenza, prudenza e perizia: un vero e proprio universo in capo ad esperti Professionisti nell’ambito dell’edificazione ed, in particolar modo, relativamente al Progettista ed al Direttore dei Lavori.
 
Queste, due figure fondamentali all’interno del processo edilizio, con la responsabilità affinché i lavori commissionati risultino conclusi e consegnati”a regola d’arte”.
 
Il Codice Civile, precisamente all’articolo 1669 ed in materia di responsabilità extracontrattuale, prevede una garanzia decennale per lavori mal eseguiti dall’appaltatore nei confronti del committente, a condizione che quest’ultimo denunci il vizio entro un anno dalla scoperta dello stesso.[1]
 
È prassi comune - molto spesso in Condominio - che qualora i lavori straordinari non siano stati eseguiti a regola d’arte, il committente richieda alla Ditta appaltatrice la sanatoria del vizio. Ferma restando la possibilità dell’azione giudiziaria a tutela dei propri interessi, da proporsi non solo nei confronti dell’Impresa ma, non di rado, contro i Professionisti che risultino personalmente responsabili della cattiva esecuzione dei lavori.
 
La ratio della norma consta il fatto che al committente deve essere garantita la stabilità e sicurezza dell’edificio, poiché i lavori sono sempre destinati a lunga durata: questa, unitamente alla conservazione del bene, deve essere oggettivamente (e non soggettivamente) considerata.
 
Tutto ciò premesso, di contro, è opportuno soffermarsi sulla tutela esperibile dai Professionisti quali il Progettista ed il Direttore dei Lavori.
 
La Giurisprudenza, susseguitasi nel tempo, ha previsto la responsabilità in capo al Professionista nel caso in cui quest’ultimo non operi rispettando i criteri di ordinaria diligenza, perizia e prudenza.
 
Ma vi è di più: una recente sentenza del Tribunale di Siracusa, Sez. II N. 586 dell’anno 2022 ha statuito che il Progettista è considerato responsabile rispetto a vizi e difetti di costruzione, che derivino da carenza o insufficienza progettuale.
 
Pertanto, la condotta professionale ed il relativo operato devono essere vagliati sulla base della diligentia quam in concreto”.[2] Stesso principio è valevole relativamente al Direttore Lavori, in quanto quest’ultimo deve svolgere la propria attività con più che specifiche conoscenze e competenze tecniche, assicurando altresì il risultato richiesto.
 
Tale vade mecum è stato cristallizzato dalla Suprema Corte di Cassazione, nell’anno 2020, in una Sentenza della Seconda Sezione Civile (n. 3855), nel corpo della quale si legge testualmente:  “È del resto conforme al costante orientamento di questa Corte la considerazione secondo cui, in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente, essendo chiamato a svolgere la sua attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente preponentesi aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”[3].
 
Pertanto, il mancato - o differente - risultato può essere considerato un forte indicatore di negligenza professionale.
 
Facilmente desumibile da quanto ut supra analiticamente descritto, il fatto che sia il Progettista che il Direttore dei Lavori, al fine di tutelarsi, devono necessariamente porre in essere il proprio operato professionale in modus inattaccabile ed integerrimo.
 
In difetto potrebbero essere ritenuti responsabili del mal operato, anche in solido con l’appaltatore: infatti, nel caso in cui venga riconosciuta la responsabilità ex art. 1669 c.c., il progettista sarà tenuto a ripristinare lo status quo, a suo esclusivo carico di spese, da considerarsi quale effettivo risarcimento del danno subito.
 
La Corte di Cassazione, Sent. N. 26552/17, Sez. II, ha statuito che “per non incorrere in possibile responsabilità ex art. 1669 c.c., nel progettare e realizzare l’opera, gli artefici devono considerare, secondo la diligenza professionale e le norme tecniche vigenti, tutte le caratteristiche del suolo, desunte dai vari fattori ambientali, geomorfologici e strutturali, che possono incidere sul fabbricato e devono orientarne la progettazione e l’esecuzione”.[4]
 
 
 
[1] Art. 1669 c.c. Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia.”
 
[2] In diritto romano classico era la diligenza con la quale il debitore personalmente curava i propri affari: il suo difetto originava la “culpa levissima”
[3] Corte di Cassazione - Sent. N. 3855/2020, II Sez. Civile
[4] Corte di Cassazione - Sent. N. 26552/17, II Sez. Civile
 
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