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Direttiva Case Green, è anche una questione di riqualificazione urbana
di Simona Ricchio - ricercatrice Nomisma

Direttiva Case Green, è anche una questione di riqualificazione urbana

Da Nomisma un’analisi dell’impatto sul patrimonio edilizio pubblico, oltre che sui valori immobiliari

Aggiornato al 09/02/2023
Direttiva Case Green, è anche una questione di riqualificazione urbana - Ph. danflcreativo © 123rf.com
Direttiva Case Green, è anche una questione di riqualificazione urbana - Ph. danflcreativo © 123rf.com
di Simona Ricchio - ricercatrice Nomisma Aggiornato al
edilportale+
08/02/2023 - La direttiva Case Green sull’efficienza energetica degli edifici andrà all’esame della Commissione Energia del Parlamento Europeo domani 9 febbraio. Oltre che sui valore immobiliari, le nuove regole impatteranno anche sulla riqualificazione urbana delle città.
 
Rispetto al tema dell’efficientamento energetico, le recentissime modifiche alla bozza hanno apportato alcune variazioni agli obiettivi di classe energetica: i criteri UE sembrano diventare più flessibili, generando un sospiro di sollievo per i proprietari di immobili in Italia.
 
Sul tema continua lo scontro politico, considerati gli obiettivi ambiziosi che gli eurodeputati intendono raggiungere chiedendo però anche il sostegno di fondi comuni. I costruttori edili (Ance) stimano circa 630 anni solo per riqualificare ‘al primo step’ tutto il patrimonio immobiliare nazionale, e per la chiusura del cerchio delle emissioni inquinanti, ben 3.800.
 
È pur vero che gli incentivi per l’“efficientamento energetico e sismico dell’edilizia residenziale pubblica e privata” figurano tra i principali protagonisti del grande Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNRR).
 
La Missione M2 indica chiaramente la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare esistente come uno dei principali driver per la Transizione Ecologica, nonchè via più efficace per il risparmio energetico e la riduzione di emissioni in atmosfera. Parliamo effettivamente di 10 milioni di edifici privati oltre ad un milione di edifici pubblici, l’80% dei quali costruito prima della prima norma sul risparmio energetico, edifici che costituiscono il 40% dei consumi totali di energia e il 40% delle emissioni inquinanti.
 
In tale direzione, l’indagine Nomisma 2022 rivolta alle famiglie italiane segnalava come driver più ‘sensibili’ ed ‘emotivi’ della nuova domanda di abitare proprio l’efficienza energetica e lo stato manutentivo nuovo o recentemente ristrutturato, consapevoli del ‘salto’ in parte già avvenuto verso una nuova domanda a valore contestuale ancora non soddisfatta dall’offerta di mercato o da politiche pubbliche dei bonus fiscali, esclusivamente orientate sull’oggetto-casa e non sulla qualità dell’abitare.
 
A questo proposito difatti, c’è da rilevare una questione rispetto al dibattito in essere: stiamo assistendo a una ridondanza del binomio “valore immobiliare-efficienza energetica”, quasi si trattasse dell’unico rapporto intravedibile in termini di causa ed effetto, dimenticandoci di come il rinnovamento del parco edilizio rappresenti anche uno straordinario volano dello Sviluppo Sostenibile integrale delle Città.
 

Direttiva Case Green, è anche questione di riqualificazione urbana

In quest’ottica, il valore derivante da una nuova stagione di investimenti sugli immobili green andrebbe letta - e valutata - alla luce dei potenziali benefici complessivi generabili, in una prospettiva integrata di rivitalizzazione e riqualificazione urbana.
 
Il durante-covid ha favorito una coscienza collettiva in cui le politiche pubbliche e le scelte d’investimento hanno assunto valore se e solo se in grado, contemporaneamente, di aumentare il valore economico prodotto, migliorare la qualità sociale e raggiungere gli obiettivi ambientali concordati a livello europeo, l’Agenda 2030, l’accordo di Parigi e la neutralità climatica al 2050.
 
Al fianco della forte attenzione governativa all’edilizia residenziale, il patrimonio immobiliare pubblico non residenziale (uffici comunali e scuole territoriali) costituisce un formidabile bacino di valore, trascurato e non ancora attuato, per rilanciare nel breve termine investimenti pubblico-privati.
 
Nel durante-covid Nomisma aveva individuato alcune opportunità di intervento sugli uffici e scuole di proprietà degli enti locali tramite il ricorso ad investimenti pubblici e privati a maggior valore aggiunto in termini economici, sociali e ambientali, prefigurando l’avvio di un potenziale Green New Deal sul patrimonio pubblico, su un orizzonte temporale pluriennale.
 
La generazione di effetti molteplici, che non riguardano il solo valore economico o immobiliare, ma che si aprono alle componenti sociali e ambientali, rappresenta il grande valore aggiunto, sia in una logica di impact investing da parte di soggetti pubblico-privati, che nella prospettiva di rinnovate politiche incentivanti: in particolare, a fronte di un investimento stimato di 39,1 miliardi di euro impiegati per la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico verrebbero generati effetti diretti e indiretti per un impatto complessivo di 141,8 miliardi di euro.
 
L’intervento su edifici pubblici assume inoltre una grande rilevanza perché rappresentano buona parte del patrimonio culturale e storico-architettonico del Paese. Mantenere inefficienti e non in sicurezza tali edifici concorre a determinare una riduzione dell’attrattività dei territori con effetti negativi sotto il profilo turistico e quindi delle economie locali.
 
A fronte di queste considerazione, di fronte alle sfida economica, sociale e ambientale a cui il nostro Paese è chiamato a rispondere, si può immaginare che gli sforzi maggiori da parte di forze politiche, Stakeholders e imprese debbano essere rivolti a collocare l’azione per gli ‘immobili green’ nel giusto solco di lavoro, basandosi cioè sulla corretta valutazione dei benefici complessivi generabili dalle scelte di finanziamento, prefigurando l’opportunità di un possibile - metaforicamente - ‘Piano Marshall’, delle costruzioni prima e delle Città Sostenibili poi.
 
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