27/03/2023 - L’unità di trattamento aria (UTA) possiamo dire che rappresenti il cuore di un impianto aeraulico. Soprattutto in impianti di una certa dimensione, la sua progettazione non è banale. Spesso, infatti, si tratta di assemblare più componenti, ciascuno con la propria funzione, che andranno appunto a costituire le varie sezioni dell’UTA. Potremmo quindi avere una sezione dedicata al recuperatore, una al ricircolo, le varie batterie di riscaldamento e/o raffreddamento, eventuali sezioni umidificanti e ovviamente, sistemi di filtrazione, serrande varie e sezioni ventilanti.
Sul mercato esistono ovviamente molte soluzioni pre-confezionate o software che possono semplificare la vita del progettista. Tuttavia, capire i principi elementari alla base di tutto ciò è un aspetto imprescindibile per qualunque professionista del settore. In questo articolo ci dedicheremo a questo, ovvero a capire quali siano le trasformazioni dell’aria che possono avvenire in una unità di trattamento e come sia possibile governare le grandezze essenziali anche senza l’utilizzo di particolari software.
A tale scopo, è molto utile conoscere e saper utilizzare il cosiddetto
diagramma psicrometrico. Esso non è nient’altro che un grafico in cui sono messe in relazione le varie grandezze, le cui combinazioni determinano i vari stati nei quali si può trovare l’aria umida (cioè l’aria secca, che è costituita da una nota miscela di gas, e il vapore acqueo). Lo studio dei vari stati dell’aria umida è fondamentare perché da essi deriva e dipende il comfort termo-igrometrico degli occupanti degli edifici.
Tale diagramma può sembrare a prima vista molto complicato e confuso, tuttavia è proprio dall’insieme delle informazioni contenute che deriva la sua utilità pratica. Innanzitutto, notiamo che le due grandezze fondamentali, ovvero la
temperatura a bulbo secco (espressa in °C) e
l’umidità specifica (espressa in g/kg) sono riportate rispettivamente sugli assi delle ascisse e delle ordinate (quest’ultimo, per comodità, è solitamente riportato a destra e non a sinistra come i classici diagrammi cartesiani).
Partendo da tali assi, abbiamo quindi una serie di linee orizzontali e verticali che, come è abbastanza intuitivo pensare, rappresentano
stati a temperatura costante (linee isoterme)
e a umidità specifica costante. Si noti che finora abbiamo parlato di umidità specifica; l’umidità relativa (espressa in %) invece è funzione di temperatura e umidità. Le curve a umidità relativa costante assumono quindi una forma parabolica; all’aumentare della temperatura aumenta anche il contenuto di umidità, in termini di g/kg, che l’aria può contenere.
Tra tali curve, quella fondamentale è la cosiddetta
curva di saturazione, corrispondente a una umidità relativa del 100%. Tale curva rappresenta il confine tra l’area in cui aria secca e vapor d’acqua sono una miscela da quella che potremmo definire area delle nebbie (l’aria non è più un grado di contenere tutto il vapor d’acqua). Tale curva ha un’importante implicazione pratica: dato un certo contenuto di umidità nell’aria, essa rappresenta il confine (temperatura minima) fino al quale è possibile raffreddare l’aria senza condensare. Tale confine è detto
punto di rugiada.
Le altre grandezze rappresentate sul diagramma psicrometrico sono
l’entalpia [kJ per kg di aria secca) e le relative
curve isoentalpiche (che sono rette a entalpia costante, inclinate di quasi 45°). Si noti che l’entalpia è funzione crescente sia della temperatura, a umidità assoluta costante, sia dell’umidità assoluta, a temperatura costante. L’entalpia, come vedremo tra un attimo, è particolarmente utile per ragionamenti “energetici”.
Vi sono poi le
curve a volume specifico costante, che sono rette con inclinazione maggiore rispetto alle isoentalpiche. Tali curve rappresentano e quantificano il concetto che l’aria diventa meno densa (il suo volume tende ad aumentare) all’aumentare di temperatura e umidità.
Chiudiamo questa panoramica sul diagramma psicrometrico ricordando e precisando che le grandezze dell’aria umida variano al variare dell’altitudine sul livello del mare. Ad esempio, la
curva di saturazione si sposta verso l’alto all’aumentare dell’altitudine: a parità di temperatura, la quantità di vapore miscelabile in aria secca aumenta. Le differenze non sono enormi e non portano solitamente a errori significativi, ma esistono comunque dei coefficienti per tener conto anche della variazione di altitudine.
Veniamo ora quindi agli aspetti più pratici. Come accennato, l’aspetto interessante è che qualunque trattamento dell’aria può essere rappresentato graficamente in tale diagramma. Pensiamo infatti ad un trattamento come ad un’azione che porta l’aria da un punto ad un altro. Per il momento concentriamoci solo su
temperatura e umidità. Un buon esercizio è individuare innanzitutto i punti di partenza e i punti di arrivo.
Il punto di partenza, nella progettazione degli impianti aeraulici, è solitamente rappresentato dall’
aria esterna, che si troverà ad una certa temperatura e umidità in funzione della località e del periodo dell’anno considerato. Individuiamo quindi tale punto nel diagramma. A volte può capitare, per gli impianti a tutt’aria, che vi sia un ricircolo. In questo caso l’aria esterna sarà miscelata con aria di ricircolo. A livello grafico, l’aria risultante dalla miscela si troverà in uno stato rappresentato da un punto sulla retta che unisce i due punti dei due flussi di aria entranti. La posizione esatta di tale punto si ottiene dividendo il segmento in parti inversamente proporzionali alle masse di aria entranti.
Una volta individuato quello che abbiamo definito il punto di partenza, possiamo anche individuare il punto di arrivo. Tale punto, differente in regime invernale e in regime estivo, è solitamente individuato da
20 °C e 50% di U.R. per l’inverno e 26 °C e 50 % di U.R. per l’estate. Tuttavia, esiste un range di accettabilità che può andare dai 20 ai 22 °C in inverno e dai 24 ai 26 °C in estate per quanto riguarda la temperatura e dal 40 % al 60 % per quanto riguarda l’U.R. sia in inverno sia in estate.
Ora, sapendo da che punto si parte e sapendo anche dove si vuole arrivare, il gioco sta nel trovare un trattamento o, il più delle volte, una sequenza di trattamenti che permette di congiungere questi due punti. Le varie sezioni dell’UTA, come detto all’inizio, si occupano proprio di questo. Ma quali sono i trattamenti possibili?
Partiamo con il descrivere i possibili trattamenti che può operare una batteria (in cui può circolare sia fluido refrigerante sia fluido termovettore). Una batteria, molto semplicemente, può effettuare un riscaldamento o un raffreddamento dell’aria che l’attraversa. Tale trattamento è detto
riscaldamento o raffreddamento sensibile e sul diagramma psicrometrico è rappresentabile da un segmento orizzontale che unisce il punto di partenza (condizione dell’aria all’ingresso della batteria) con il punto di uscita (la cui temperatura dipende dal dimensionamento della batteria e quindi dalla temperatura del fluido caldo o freddo).
Si noti quindi che, in questo caso, la quantità di vapore acqueo rimane invariata. L’aria viene riscaldata o raffreddata e ciò che cambia oltre alla temperatura, di conseguenza, è la sola umidità relativa. Questo vale sempre per il riscaldamento (ci si sposta verso la parte destra del diagramma), ma non sempre per il raffrescamento: spostandoci infatti verso sinistra potrebbe accadere che, raffreddando l’aria, ad un certo punto si arrivi alla curva di saturazione. Cosa succede a questo punto? Se la temperatura desiderata in uscita fosse inferiore a tale punto, occorrerebbe continuare a raffreddare.
Tuttavia, tale confine è invalicabile, per cui, in sostanza è come se il trattamento continuasse lungo la linea di saturazione (U.R. = 100%). Questo trattamento è detto raffreddamento con deumidificazione: si ottiene infatti anche una riduzione dell’umidità assoluta attraverso la condensa. Questo è quello che spesso accade negli impianti di raffrescamento (anche quelli più semplici, di tipo split).
Come abbiamo detto, quindi, con questo tipo di trattamento operato da una sola batteria (calda o fredda) è possibile variare e controllare la temperatura, ma non l’umidità relativa, che risulta come variabile conseguente e incontrollata da tale tipo di trattamento. Come è possibile quindi fare in modo di
controllare anche l’umidità, arrivando ad un punto preciso sul diagramma, non solo in termini di temperatura ma anche di umidità relativa?
In regime di riscaldamento dobbiamo in genere introdurre un nuovo elemento:
l’umidificatore. Ci possono quindi essere due tipi di trattamento: l’umidificazione adiabatica e l’umidificazione a vapore. Nella prima, come si evince dal termine stesso, non vi è mutamento di entalpia, cioè la trasformazione avviene senza scambio di energia. Nell’umidificazione a vapore, dato che generalmente viene iniettato vapore ad una temperatura differente da quella dell’aria, vi è anche mutamento di entalpia. L’umidificazione adiabatica, nel diagramma, è rappresentabile da un segmento corrente lungo le linee isoentalpiche. L’umidificazione a vapore ha invece inclinazione differente (generalmente verso destra).
Abbiamo quindi compreso che per controllare e arrivare a determinare sia la temperatura sia l’umidità relativa (cioè climatizzare nel senso vero e proprio del termine) occorre effettuare
più trattamenti, di riscaldamento e di umidificazione. I trattamenti potrebbero essere solo due, ad esempio nel caso di riscaldamento e umidificazione adiabatica o a vapore oppure essere anche tre. In questo caso, il riscaldamento è diviso in due: un pre-riscaldamento e un post-riscaldamento. Potremmo quindi avere un pre-riscaldamento, una umidificazione adiabatica e un post-riscaldamento. Sul diagramma tale sequenza di trattamenti assumerà la forma di una “Z” rovesciata.
Come abbiamo già detto, i punti di partenza e arrivo sono noti, mentre quelli intermedi possono essere decisi dal progettista (in pratica quanto carico termico assegnare al “pre” e quanto al “post” riscaldamento). In tutti i casi, non dimentichiamoci dell’
utilità dell’entalpia. Misurando infatti la differenza di entalpia tra due punti di un trattamento, avremo un’indicazione del fabbisogno energetico specifico del trattamento, espresso in kJ per kg di aria trattata.
Passando alla
climatizzazione estiva, i possibili trattamenti dell’aria sono analoghi. Abbiamo già parlato del raffrescamento sensibile con e senza deumidificazione. Anche in questo caso non si riesce a controllare l’umidità relativa. Per fare ciò occorre prima arrivare alla giusta umidità assoluta lungo la curva di saturazione e poi effettuare un post-riscaldamento per riportare l’aria alla temperatura adeguata. Sul diagramma questa sequenza ha la forma di una “C”.
Dando un’occhiata a quel che succede dal punto di vista dell’entalpia, si può notare come questo tipo di trattamento comporti un dispendio aggiuntivo e apparentemente inutile di energia. Quel che può sembrare un’operazione poco logica è però il costo per avere la possibilità di
controllare anche l’umidità.
In ultimo citiamo anche il
raffrescamento adiabatico (o raffrescamento con umidificazione). Il principio è molto semplice e conosciuto fin dall’antichità: attraverso ugelli o altri sistemi si aggiunge umidità all’aria che, adiabaticamente, si raffredda. Chiaramente tale trattamento, che è gratuito dal punto di vista dell’entalpia, funziona solo se l’aria di partenza è piuttosto secca, poiché, facendo ciò, da un lato si abbassa la temperatura, ma dall’altro si va anche ad aumentare l’umidità relativa.