
La PA che affida un incarico professionale gratuito non vìola l’equo compenso
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La PA che affida un incarico professionale gratuito non vìola l’equo compenso
Il Consiglio di Stato da una parte interpreta la normativa, dall’altra sostiene che la PA deve garantire l’interesse pubblico ad acquisire servizi di qualità
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del 24/03/2025

28/03/2023 - Equo compenso e incarichi gratuiti possono convivere. Con la sentenza 2084/2023, il Consiglio di Stato ha spiegato che il compenso deve essere equo solo se è previsto un compenso, ma questo non porta a concludere che il compenso debba essere sempre previsto.
Nell’ambito della sua argomentazione, il CdS ha anche ricordato la posizione della Corte di Giustizia Europea sull’equo compenso e sulla reintroduzione delle tariffe minime e ha ribadito che l’acquisizione di prestazioni di qualità è interesse pubblico delle Amministrazioni.
A fronte dei preventivi presentati da tre professionisti per la difesa dell’Ente contro un ricorso riguardante una gara per l’affidamento di lavori pubblici, l’Ente ha stilato la graduatoria e affidato l’incarico.
Uno dei professionisti non scelti dall’Ente ha presentato ricorso perché, a suo avviso, l’Ente avrebbe scelto l’altro preventivo solo sulla base del prezzo più basso e non sul rapporto qualità-prezzo. Il prezzo proposto sarebbe stato inoltre troppo basso e non conforme ai princìpi dell’equo compenso.
Secondo i giudici del Tar, i professionisti hanno formulato liberamente il preventivo sulla base delle informazioni ricevute dall’Ente. L’Ente, d’altro canto, non ha stimolato rilanci competitivi tra gli offerenti, ma ha solo accettato il preventivo ritenuto più conveniente.
Il CdS ha parzialmente confermato la tesi della Pubblica Amministrazione. Quanto al criterio di scelta del professionista, ha accolto il ricorso spiegando che l’Ente avrebbe dovuto considerare anche la qualità della prestazione e non solo il prezzo.
Sul tema dell’equo compenso, i giudici del CdS hanno però fornito precisazioni importanti, destinate a far discutere. Richiamando una pronuncia del 2021, il CdS ha ribadito che la normativa sull’equo compenso lascia comunque libero il professionista di rinunciare al compenso per ottenere altri vantaggi diretti o indiretti.
Secondo i giudici, nel caso in cui è previsto un compenso, questo deve necessariamente essere equo. Non si può dedurre, sostiene il CdS, che il compenso debba essere sempre previsto. Questo significa che la prestazione può essere resa anche gratuitamente.
La Corte di Giustizia Europea non esclude che i Paesi membri possano introdurre minimi tariffari per evitare che la concorrenza nell’offerta di prestazioni al ribasso escluda dal mercato i professionisti che offrono prestazioni di qualità.
Tuttavia, per la Corte di Giustizia Europea, l’introduzione delle tariffe minime non sempre evita questo rischio.
Anche se, da una parte, alla luce dell’interpretazione normativa, i giudici hanno affermato che l’affidamento degli incarichi gratuiti è consentito, dall’altra hanno concluso che è interesse delle Amministrazioni acquisire servizi di qualità. Parole che suonano come un monito alla riflessione.
Il disegno di legge sull’equo compenso sta per essere approvato in via definitiva, anche se ci sono già modifiche all’orizzonte, in particolare sulla norma che prevede le sanzioni a carico dei professionisti che accettino compensi non proporzionati alla quantità e qualità del lavoro svolto.
Il ddl sull’equo compenso stabilisce la nullità dei contratti che contengono un compenso sproporzionato rispetto all’opera prestata. Una volta in vigore, le regole si applicheranno alle prestazioni rese nei confronti della Pubblica Amministrazione, delle imprese bancarie e assicurative e delle imprese con più di 50 lavoratori o più di 10 milioni di euro di ricavi.
Il tema dell’equo compenso è presente anche nel nuovo Codice Appalti, all’esame del Consiglio dei Ministri per l’imminente approvazione definitiva. Il nuovo Codice vieta ai professionisti di rendere prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito e tutela l'equo compenso. Parallelamente, però, lo stesso Codice sancisce l'autonomia contrattuale della Pubblica Amministrazione e consente le prestazioni professionali gratuite in casi eccezionali da motivare adeguatamente.
Questi casi, che costituiscono già una deroga al principio generale, non sono specificati e si teme che, nel nome dell'urgenza, le Stazioni Appaltanti possano agire con eccessiva discrezionalità.
Nell’ambito della sua argomentazione, il CdS ha anche ricordato la posizione della Corte di Giustizia Europea sull’equo compenso e sulla reintroduzione delle tariffe minime e ha ribadito che l’acquisizione di prestazioni di qualità è interesse pubblico delle Amministrazioni.
Equo compenso, il caso
Il caso esaminato dai giudici riguarda un servizio di consulenza giuridica, ma le conclusioni sono valide anche per l’affidamento di incarichi tecnici.A fronte dei preventivi presentati da tre professionisti per la difesa dell’Ente contro un ricorso riguardante una gara per l’affidamento di lavori pubblici, l’Ente ha stilato la graduatoria e affidato l’incarico.
Uno dei professionisti non scelti dall’Ente ha presentato ricorso perché, a suo avviso, l’Ente avrebbe scelto l’altro preventivo solo sulla base del prezzo più basso e non sul rapporto qualità-prezzo. Il prezzo proposto sarebbe stato inoltre troppo basso e non conforme ai princìpi dell’equo compenso.
L’equo compenso non è sempre obbligatorio
Il Tar ha respinto il ricorso osservando che non è stato l’Ente a imporre un prezzo per l’incarico. Il compenso è stato oggetto di trattativa dal momento che il professionista non è stato costretto ad accettare le condizioni poste dall’Ente, ma ha contrattato liberamente il proprio compenso con la presentazione di un preventivo.Secondo i giudici del Tar, i professionisti hanno formulato liberamente il preventivo sulla base delle informazioni ricevute dall’Ente. L’Ente, d’altro canto, non ha stimolato rilanci competitivi tra gli offerenti, ma ha solo accettato il preventivo ritenuto più conveniente.
Il CdS ha parzialmente confermato la tesi della Pubblica Amministrazione. Quanto al criterio di scelta del professionista, ha accolto il ricorso spiegando che l’Ente avrebbe dovuto considerare anche la qualità della prestazione e non solo il prezzo.
Sul tema dell’equo compenso, i giudici del CdS hanno però fornito precisazioni importanti, destinate a far discutere. Richiamando una pronuncia del 2021, il CdS ha ribadito che la normativa sull’equo compenso lascia comunque libero il professionista di rinunciare al compenso per ottenere altri vantaggi diretti o indiretti.
Secondo i giudici, nel caso in cui è previsto un compenso, questo deve necessariamente essere equo. Non si può dedurre, sostiene il CdS, che il compenso debba essere sempre previsto. Questo significa che la prestazione può essere resa anche gratuitamente.
Cosa pensa la Corte di giustizia europea sull’equo compenso
Il Consiglio di Stato, dopo aver risolto il caso con la sentenza 2084/2023, e dato un’interpretazione sulla normativa che regola l’equo compenso, ha ricordato cosa pensa la Corte di Giustizia Europea dell’equo compenso e delle tariffe minime professionali.La Corte di Giustizia Europea non esclude che i Paesi membri possano introdurre minimi tariffari per evitare che la concorrenza nell’offerta di prestazioni al ribasso escluda dal mercato i professionisti che offrono prestazioni di qualità.
Tuttavia, per la Corte di Giustizia Europea, l’introduzione delle tariffe minime non sempre evita questo rischio.
Anche se, da una parte, alla luce dell’interpretazione normativa, i giudici hanno affermato che l’affidamento degli incarichi gratuiti è consentito, dall’altra hanno concluso che è interesse delle Amministrazioni acquisire servizi di qualità. Parole che suonano come un monito alla riflessione.
La nuova legge sull’equo compenso e il Codice Appalti
Nel frattempo bisogna ricordare che la normativa sull’equo compenso si sta evolvendo.Il disegno di legge sull’equo compenso sta per essere approvato in via definitiva, anche se ci sono già modifiche all’orizzonte, in particolare sulla norma che prevede le sanzioni a carico dei professionisti che accettino compensi non proporzionati alla quantità e qualità del lavoro svolto.
Il ddl sull’equo compenso stabilisce la nullità dei contratti che contengono un compenso sproporzionato rispetto all’opera prestata. Una volta in vigore, le regole si applicheranno alle prestazioni rese nei confronti della Pubblica Amministrazione, delle imprese bancarie e assicurative e delle imprese con più di 50 lavoratori o più di 10 milioni di euro di ricavi.
Il tema dell’equo compenso è presente anche nel nuovo Codice Appalti, all’esame del Consiglio dei Ministri per l’imminente approvazione definitiva. Il nuovo Codice vieta ai professionisti di rendere prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito e tutela l'equo compenso. Parallelamente, però, lo stesso Codice sancisce l'autonomia contrattuale della Pubblica Amministrazione e consente le prestazioni professionali gratuite in casi eccezionali da motivare adeguatamente.
Questi casi, che costituiscono già una deroga al principio generale, non sono specificati e si teme che, nel nome dell'urgenza, le Stazioni Appaltanti possano agire con eccessiva discrezionalità.