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Case Green, le sfide progettuali della nuova Direttiva EPBD
di Roberto Nidasio - CTI Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente

Case Green, le sfide progettuali della nuova Direttiva EPBD

Gli Zero Emission Building puntano su isolamento, apporti solari, luce naturale, pompe di calore e sistemi ibridi, rinnovabili e domotica

Vedi Aggiornamento del 30/10/2024
Case Green, le sfide progettuali della nuova Direttiva EPBD - Ph. Franck Boston 123rf.com
Case Green, le sfide progettuali della nuova Direttiva EPBD - Ph. Franck Boston 123rf.com
di Roberto Nidasio - CTI Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Vedi Aggiornamento del 30/10/2024
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14/04/2023 - Ritorniamo a parlare della nuova Direttiva EPBD e, in particolare, della bozza di testo così come emendata dal Parlamento Europeo nello scorso mese di marzo.
 
Premettiamo, come abbiamo già fatto, che i lavori sono ancora in corso e che quindi la versione finale del testo che verrà pubblicata potrebbe anche subire delle modifiche rispetto alla versione attuale; tuttavia, è utile iniziare a ragionarci per avere fin da subito un’idea di quello che ci aspetta.
 
In particolare, in questo articolo, vedremo di delineare quali sono le ambizioni e le sfide progettuali della nuova Direttiva, di modo che tutti i professionisti si possano orientare fin da subito e comprendere anche quali saranno le competenze a loro richieste in un prossimo futuro.
 
Iniziamo con il dire che il macro-obiettivo è quello di avere un parco immobiliare completamente “decarbonizzato” entro il 2050. Ciò significa che tutti gli edifici, sia nuovi sia esistenti, dovrebbero diventare a emissioni zero. Tutti gli edifici, quindi, dovranno innanzitutto avere un fabbisogno di energia pari a zero o molto basso, cioè essere edifici quasi “passivi” e produrre zero emissioni in loco di carbonio da combustibili fossili e un quantitativo pari a zero, o molto basso, di emissioni operative di gas a effetto serra.
 
In pratica questa definizione di “ZEB”, Zero Emission Building, può essere vista come un ulteriore passo oltre quello che abbiamo imparato a conoscere come “nZEB”, nearly Zero Energy Building.
 
Nell’acronimo la “E” si è trasformata da “energy” ad “emission”. Gli edifici, quindi, non solo dovranno essere molto efficienti energeticamente, ma anche non produrre emissioni (in loco). Da un punto di vista pratico e progettuale, ciò significa innanzitutto spingere ulteriormente sull’abbattimento dei fabbisogni.
 
Le strade per fare ciò sono già note: per il riscaldamento si dovrà puntare ad un isolamento sempre più spinto, oltre che prestare più attenzione ad una serie di “dettagli” (dai ponti termici alla tenuta all’aria) che ovviamente parlando di un edificio ad altissime prestazioni non sono certo aspetti trascurabili.
 
Per quanto riguarda il raffrescamento, molto dipende da un’attenta gestione degli apporti solari, che passa da una progettazione architettonica accorta per quanto concerne le superfici vetrate, gli orientamenti dei prospetti, gli aggetti e le schermature. Si noti che avere vetrate a Sud non è di per sé uno svantaggio: basta progettare adeguatamente gli aggetti orizzontali di modo da consentire l’ingresso della radiazione diretta in inverno (quando il sole è basso all’orizzonte) e ombreggiare i componenti vetrati in estate (quando il sole è più alto).
 
Chiaramente, parlando di climatizzazione estiva, esistono anche i carichi latenti dovuti agli apporti interni; i fabbisogni legati a questi ultimi non sono eliminabili poiché dipendono dalla funzione e dall’occupazione dell’edificio; tuttavia, ci potranno pensare gli impianti a gestirli nel modo più efficiente possibile.
 
Tra gli altri fabbisogni “non eliminabili” vi sono quelli per l’acqua calda sanitaria, per l’illuminazione e per ascensori e scale mobili: come detto, per questi, dovranno essere scelti necessariamente gli impianti più efficienti possibili.
 
Più nel dettaglio, a dire la verità, i fabbisogni per illuminazione artificiale possono essere ridotti al minimo con un corretto sfruttamento della luce naturale; chiaramente questo vale solo durante il giorno e non durante le ore notturne o per i locali senza aperture.
 
Tra i servizi normalmente considerati nella prestazione energetica di un edificio vi è anche la ventilazione. Se effettuata meccanicamente, essa consente la possibilità di raggiungere alti livelli di qualità dell’aria interna. Tuttavia, questo deve essere effettuato nel modo energeticamente più efficiente: la presenza di un recuperatore di calore nei nuovi edifici sarà praticamente obbligatoria.
 
Abbiamo quindi capito che i nuovi edifici o quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti dovranno avere una richiesta energetica ridotta ai minimi termini. A soddisfare tale fabbisogno molto basso ci dovranno comunque pensare gli impianti. La direttiva impone che questi ultimi non dovranno produrre emissioni in loco e utilizzare esclusivamente combustibili fossili. Quindi stop alle caldaie a gas, anche quelle a condensazione, e largo a pompe di calore e sistemi ibridi (questi ultimi non sono annoverati tra gli impianti a combustibili fossili).
 
Gli impianti, in tutti i loro sottosistemi (emissione, regolazione, distribuzione, accumuli) è bene che siano adeguati e consoni a questa tipologia di generatori: sono preferibili in tal senso impianti a bassa temperatura e/o impianti ad aria. Le perdite ovviamente devono essere minimizzate: non risparmiamo sull’isolamento delle tubazioni e stiamo attenti a minimizzare i tragitti, soprattutto in ambienti non climatizzati o all’esterno.
 
Accanto a ciò, la direttiva impone anche una dotazione di impianti solari per lo sfruttamento della radiazione solare incidente sull’edificio. È quindi piuttosto immediato raffigurarsi un edificio con pompa di calore e fotovoltaico, nel solco di una tendenza all’elettrificazione dei consumi e al progressivo abbandono di tutti i tipi di combustibili fossili.
 
Su questo tema, è doveroso citare anche il solare termico, che è una tecnologia che può essere sicuramente vantaggiosa in alcuni specifici contesti, ma che in altri va valutata attentamente, poiché potrebbe avere un rapporto costi-benefici non favorevole e quindi tempi di ritorno dell’investimento piuttosto lunghi, oltre che essere ridondante rispetto alla pompa di calore.
 
Parlando di elettrificazione, il progettista dovrà tener conto anche di tutta una serie di aspetti legati ai controlli, alla domotica, alle regolazioni intelligenti e anche alla gestione della domanda di energia in funzione di vari aspetti. È chiaro quindi che il progettista termotecnico dovrà in qualche modo dialogare con i progettisti degli impianti elettrici o ampliare le proprie competenze anche su tutta questa parte.
 
Del resto, lo stiamo già vedendo: l’edificio fornirà altri servizi, oltre a quelli “classici” che abbiamo sopra elencato, come ad esempio la ricarica dei veicoli elettrici. La progettazione e la configurazione di un “edificio intelligente”, nel quale i vari impianti e sistemi, anche da produttori diversi, riescano a parlarsi, potrebbe non essere banale e richiedere quindi competenze sempre più specifiche, quasi informatiche.
 
In conclusione, non dimentichiamo che la direttiva parla sia di nuovi edifici, sia di esistenti. E se sui nuovi, essendoci meno vincoli progettuali, i requisiti possono anche essere raggiunti, è sugli esistenti che vi saranno le vere sfide. È prevista, chiaramente, una gradualità negli obiettivi: dovranno essere riqualificati prima gli edifici peggiori, quelli di grandi dimensioni e i non residenziali, con gli edifici pubblici che dovranno dare l’esempio.
 
Tuttavia, gli obiettivi sono ambiziosi e dovranno fare i conti con tutti i vincoli di fattibilità tecnica ed economica. A tal proposito, in molti punti si dice appunto che va valutata la fattibilità. Questo verrà fatto sicuramente a livello di ogni Stato Membro, attraverso l’aggiornamento della cosiddetta metodologia “cost-optimal” che serve appunto a calibrare i requisiti in funzione del concetto di ottimizzazione dei costi.
 
Ma tale processo di valutazione potrà essere anche a cura del professionista, che caso per caso sarà chiamato a proporre gli interventi migliori sotto questo aspetto, scartando i peggiori e, eventualmente, motivando il mancato rispetto di determinati requisiti.
 
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