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Climatizzazione, ci aspetta un futuro senza caldaie?
di Annalisa Galante - Docente di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano

Climatizzazione, ci aspetta un futuro senza caldaie?

Delle caldaie a condensazione, obbligatorie dal 2015, l’Europa pensa di vietare l’uso dal 2029 puntando a vettori più rinnovabili del gas

Vedi Aggiornamento del 26/03/2025
Come climatizzare senza caldaia
Come climatizzare senza caldaia
di Annalisa Galante - Docente di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano
Vedi Aggiornamento del 26/03/2025
edilportale+
07/07/2023 - Che l’Europa abbia spinto sull’acceleratore ce ne siamo già accorti, a partire dallo stop alle auto con motore termico dal 2035 (questione ancora in fase di trattativa), per passare al taglio del 25% delle polveri sottili nel 2030 rispetto all’esposizione media rilevata nel 2020, fino al tanto discusso salto di classe obbligatorio entro il 2030 per gli edifici anche esistenti che dovranno essere in classe E e dal 2033 in classe D.
 
Ma non è finita, ci sono anche la riduzione del 15% dei rifiuti da imballaggio pro capite al 2040 e il recente stop agli incentivi per le caldaie a gas nel PNRR, nonché l’aggiornamento del regolamento europeo 813/2013/UE che, se approvato in via definitiva e senza modifiche, fisserà nuovi e più restrittivi standard tecnico-produttivi delle caldaie a gas, che potrebbero escludere dalla vendita parecchi modelli, inclusi anche alcuni di quelli alimentati da gas rinnovabili, il tutto a partire dal 1° settembre del 2029.
 
Una data davvero preoccupante perché vorrà dire mettere mano a tutto il patrimonio edilizio esistente entro i prossimi 5 anni. Considerando per un momento che il potere di spesa degli italiani sia maggiore di quello attuale, per le case singole i tempi ci sono, ma per il mondo del condominio - che conta 1 o 2 assemblee all’anno - appare alquanto azzardato, se non impossibile.
 
Ricordiamo che nel 2015, l’attuazione dello stesso Regolamento Ue, aveva imposto ai costruttori di caldaie di immettere sul mercato solo caldaie a condensazione, generando già molti problemi nei condomini per via dell’adeguamento delle canne fumarie “a singhiozzo”, poiché nei casi di caldaie autonome, non tutti hanno cambiato la propria caldaia nello stesso momento. Ora si affaccia una ulteriore stretta anche per chi ha cambiato il proprio generatore grazie al superbonus e, per legge, ha comprato una caldaia a condensazione.
 
Certo è che la limitazione sulle caldaie non corrisponde all’obbligo di sostituzione entro il 2029, ma comunque il problema di un costoso intervento sostanziale sui sistemi di distribuzione, di regolazione e sulle centrali termiche sarà solo rimandato di qualche anno e si sommerà alla difficoltà di reperimento di pezzi di ricambio delle caldaie esistenti e dopo il 2029 in caso di guasti diventerebbe obbligatorio installare una pompa di calore alimentata a energia elettrica.
 

Il quadro attuale

Durante la consultazione della Commissione negli scorsi mesi, sono state discusse le proposte legate al nuovo regolamento Ecodesign (una proposta che deve ancora affrontare tutto l’iter legislativo europeo) e tra le ipotesi emerse, c’è quella di fissare una soglia minima di efficienza al 115% per le caldaie, un limite che non salva le tecnologie attuali. Aumentando la soglia di efficienza energetica, le caldaie a combustibili fossili verrebbero di fatto messe fuori legge.
 
Non passerebbero l’esame neppure le tecnologie a biogas o idrogeno. In sostanza, con la soglia minima di efficienza stagionale al 115%, le uniche soluzioni incentivate potrebbero essere le pompe di calore. L’altra proposta è stabilire direttamente il divieto di vendita delle caldaie a gas entro il 2029. Per quanto riguarda i cittadini, nonostante non ci sia alcuna norma che preveda di sostituire quelle già installate, dopo il 2029 in caso di guasti diventerebbe obbligatorio installare una pompa di calore alimentata a energia elettrica.
 
L’Europa non è impazzita, anche se con tempi molto stretti e con disposizioni uscite tutte insieme, sta mettendo in atto azioni che possano risolvere l’attuale problema climatico nei prossimi 20 anni, all’interno di un quadro programmatico più ampio che investirà tutti i settori, non solo l’edilizia, affinchè si possa raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
 
Come abbiamo già visto nell’approfondimento su caldaie a gas e carbon neutrality, il riscaldamento degli ambienti rappresenta l’80% del consumo energetico in Europa, di cui più della metà è generato da combustibili fossili. Gli edifici rappresentano circa il 40% del consumo finale di energia dell’Ue e il 36% delle sue emissioni di gas serra, per questo, agendo su questo comparto, si riuscirebbero a risolvere quasi la metà dei problemi con una riduzione in termini di emissioni entro il 2050 di 110 tonnellate di CO2 (dati Ecos).
 
Nel rapporto “Future of Gas” dell’EASAC (European Academies Science Advisory Council) si evidenzia l’elevato potenziale di riscaldamento globale delle perdite di metano, in gran parte non registrate, lungo la catena di approvvigionamento del gas naturale, nonché al phase out del gas nell’Ue per quanto riguarda l’uso delle caldaie a gas che sono circa 65 milioni, principalmente usate per il riscaldamento domestico (39% del totale) e fonte di alcuni inquinanti come gli ossidi di azoto e incidono sulla qualità dell’aria, soprattutto nelle aree urbane.
 
Oltretutto le emissioni legate al metano hanno una durata di vita nell’atmosfera di circa 10 anni, dieci volte inferiore a quella della CO2, ma il potenziale di riscaldamento globale del metano a 20 anni è più di 80 volte quello della CO2, quindi con un impatto molto più disastroso per il clima. E forse già ce ne stiamo accorgendo, avendo avuto un inverno davvero mite rispetto alla norma.
 
Per questo, diventa prioritario valutare le opzioni per sostituzione graduale del gas naturale con elettricità rinnovabile o altri combustibili gassosi, quali biometano, idrogeno, metanolo rinnovabile ed e-fuels per la generazione elettrica, l’edilizia e l’industria, nonché impatti legati alla decarbonizzazione del trasporto.
 

Come intervenire?

Il report EASAC indica sei azioni prioritarie da mettere in pratica:
 
L’efficienza energetica: ridurre la domanda di energia in edilizia, industria e trasporti, vuol dire consumare meno.
 
Costruire più generatori di elettricità a fonte rinnovabile e infrastrutture di fornitura di energia elettrica in modo che il gas naturale possa essere gradualmente eliminato, insieme a carbone e petrolio.
 
Vietare l’installazione di nuove caldaie a gas negli edifici passando ad altre tecnologie come pompe di calore o infrastrutture di teleriscaldamento.
 
Produrre tecnologie sostenibili nell’Ue e diversificare l’approvvigionamento di materie prime essenziali e carburanti sostenibili per massimizzare la sicurezza futura dell’approvvigionamento energetico.
 
Sostenere le famiglie e le imprese vulnerabili per limitare la povertà energetica e gli impatti derivanti da bollette energetiche elevate.
 
Riqualificare e ampliare la forza lavoro nella produzione e installazione di impianti e tecnologie energetiche sostenibili.
 
Siamo sicuramente d’accordo su tutti i punti, il problema però deriva sempre dall’azione di “divieto” che, da un lato pone una dead line sicura, ma dall’altro genera costi aggiuntivi che dovranno sostenere i singoli cittadini, insieme a quelli necessari per la riqualificazione dell’immobile dovuta all’imposizione del salto di classe energetica. E se guardiamo al condominio, è necessario fare i conti con la realtà, ovvero una percentuale molto alta (tra il 35 e il 40%) di morosità già oggi. Ma è davvero questa l’unica strada possibile?
 

Soluzioni possibili

Secondo l’Ue, l’abbandono delle caldaie a gas dovrà essere graduale a partire dal 2025, quando è previsto il declassamento energetico e la fine di ogni relativo incentivo, per finire alla totale dismissione nel 2029, che potrebbe sfociare nel divieto di vendita di nuovi impianti.
 
Per sostituire oltre 25 milioni di caldaie, il processo non sarà semplice e neanche rapido, l’Ue, per consentire a tutti i cittadini di acquistare un nuovo sistema di riscaldamento servono meccanismi di sostegno non discriminatori, ma di lunga durata (finanziari e fiscali).
 
Senza considerare che molte di quelle caldaie andranno sostituite in abitazioni in affitto (o in seconde case), dove il proprietario paga per la sostituzione della caldaia, ma è l’inquilino a beneficiare di minori costi di riscaldamento; quindi, i proprietari avranno bisogno di misure incentivanti mirate se non si vorranno vedere gli affitti schizzare alle stelle.
 
La fattibilità, la sostenibilità energetica e le conseguenze economiche di queste scelte sono però ancora tutte da quantificare. Il rischio è, ad esempio, che in assenza di possibilità economiche per rinnovare gli impianti, si crei un mercato dell’usato di apparecchi a gas sulla cui sicurezza non ci si può certo pronunciare senza alcun dubbio.
 
Ma quali sono le alternative al riscaldamento con caldaia a gas? Vediamone qualcuna possibile:
 
- la caldaia alimentata con più vettori energetici rinnovabili (biogas, idrogeno) che consentirebbe di non modificare l’impianto all’interno delle abitazioni;
 
- la pompa di calore (l’alternativa più probabile se pensiamo all’efficienza) che, consumando energia elettrica per funzionare, sarebbe meglio associare a un impianto fotovoltaico;
 
- la caldaia a biomassa (a filiera corta), non indicata in complessi condominiali molto grandi;
 
- la caldaia elettrica (per abitazioni monofamiliari), ovvero un generatore che scalda l’acqua necessaria all’impianto non usando il gas, ma delle resistenze elettriche. Ovviamente spreca molta elettricità, 3-4 volte una caldaia a gas, si può ovviare a questo installando un impianto solare termico;
 
- la caldaia ionica è una nuova tecnologia che produce energia termica tramite scambio di ioni (attivato sempre con energia elettrica). È una nuova tecnologia che non ha bisogno di interazioni con l’esterno (come la pompa di calore) e che può produrre anche alte temperature, ma anche i consumi sono più alti, circa 1,5 volte quelli di una caldaia a pompa di calore.
 
Di sicuro c’è molto da lavorare dal punto di vista tecnologico, ma anche sul lato regolamentare in cui i tecnici e i produttori chiedono maggiore chiarezza e su quello degli incentivi “integrati” e stabili, ovvero delle misure di agevolazione che tengano conto di tutti i vincoli messi in campo dall’Ue sugli edifici e che abbiano un orizzonte temporale a medio e lungo termine per dare stabilità al mercato e credibilità al settore dell’efficienza energetica.
 
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