La bozza messa a punto dal Governo Meloni dà a Regioni e Province autonome il compito di individuare con proprie leggi le superfici e le aree idonee all’installazione di impianti fotovoltaici, agrivoltaici ed eolici nonché di aggiornare la lista delle aree non idonee precedentemente identificate.
A valle di un processo di mappatura, le Regioni dovranno classificare il proprio territorio in superfici e aree idonee (ai sensi di questo decreto), superfici e aree non idonee (in attuazione delle Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ex DM 10 settembre 2010) e aree soggette ai regimi autorizzativi ordinari.
Superfici e aree idonee, i criteri per individuarle
Tra i criteri da considerare nella definizione delle aree idonee c’è la minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale, sul paesaggio e sul potenziale produttivo agroalimentare, senza però dimenticare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e la sostenibilità dei relativi costi.Nella bozza di DM si legge che possono essere ritenute idonee: le superfici occupate dai bacini artificiali di accumulo idrico e da canali artificiali per la difesa idraulica del territorio, le superfici e le aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali quali, a titolo di esempio, aree non classificate, sottoposte ad attività abusive, terreni improduttivi, miniere e cave, discariche, aree contaminate, ex aree militari.
E ancora, sono idonei: i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, le cave e miniere cessate, i siti e gli impianti nella disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, i siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi aeroportuali.
Inoltre, la bozza di DM afferma che vanno classificate come idonee le aree agricole, in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone industriali, artigianali e commerciali, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere; le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti; le aree agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; le aree adiacenti alla rete autostradale entro max 300 metri - ma solo per impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per impianti di produzione di biometano.
In realtà queste tipologie di aree sono già state dichiarate idonee da precedenti norme nazionali: il Decreto Aiuti e il Decreto PNRR 3.
E ancora, sono da considerare idonee le aree non ricomprese in beni tutelati, quelle gravate da usi civici, quelle che ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela, i beni del demanio militare, gli immobili demaniali non inseriti in programmi di valorizzazione o dismissione.
E infine, le superfici degli edifici, delle strutture e dei manufatti su cui vengono realizzati impianti fotovoltaici, nonché le aree per la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, per le quali sia applicabile il regime di manutenzione ordinaria.
Alle aree agricole non identificate come non idonee, vanno applicati criteri dimensionali:
- se si intendono realizzare impianti fotovoltaici standard, si deve occupare il suolo agricolo in una percentuale compresa tra il 5% e il 10%;
- se si intendono realizzare impianti agrivoltaici, la percentuale massima di utilizzo del suolo agricolo è raddoppiata.
Quote di utilizzo maggiori si possono prevedere per terreni agricoli ma non concretamente utilizzabili. In generale però vige il principio di tutelare l’utilizzo agricolo dei suoli, dichiarandoli non idonei alle installazioni.
Italia Solare: ‘Decreto aree idonee tutto da rifare’
La bozza di Decreto ministeriale ‘Aree idonee’ non è piaciuta a Italia Solare, associazione di aziende produttrici di tecnologie fotovoltaiche, costruttori di impianti, gestori e manutentori e fornitori di servizi collegati, che ha espresso “forte preoccupazione rispetto ai pesanti vincoli presenti nella bozza, perché frenano la diffusione del fotovoltaico”.Secondo Italia Solare, “i vincoli inseriti nella proposta di decreto penalizzano fortemente la realizzazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra in aree classificate agricole, poiché tali vincoli si applicano anche ad aree compromesse o di scarso interesse per l’uso agricolo perché in prossimità di strutture produttive o di infrastrutture”.
“Lo schema di decreto ‘Aree Idonee’ rappresenta una battuta d’arresto allo sviluppo delle rinnovabili - commenta Paolo Rocco Viscontini, Presidente di Italia Solare -, in totale controtendenza rispetto a quanto dovrebbe fare il nostro Paese per abbattere i prezzi energetici e per raggiungere il target di riduzione delle emissioni al 2030 e di azzeramento al 2050. Il testo proposto è orientato a frenare piuttosto che a favorire e governare un rapido ed efficiente sviluppo del fotovoltaico”.
Secondo i produttori, il DM pone “obiettivi molto ambiziosi ma, anziché occuparsi di strumenti per raggiungerli, introduce seri ostacoli” e non prevede “disposizioni per semplificare e accelerare, nelle aree idonee, i procedimenti autorizzativi, il collegamento degli impianti alla rete e la realizzazione di sistemi di accumulo”.
“Per il fotovoltaico preoccupa soprattutto che le aree agricole classificate idonee” “sono trattate esattamente come quelle che non lo sono e ciò vale anche per le aree agricole già classificate idonee dalla legge, tra le quali quelle immediatamente limitrofe alle aree produttive (facenti parte delle cosiddette “Solar Belt”), che offrono a migliaia di aziende una possibilità reale di ridurre drasticamente le proprie bollette energetiche grazie alla potenza fotovoltaica installabile nei pressi degli stabilimenti, nel caso in cui la superficie del tetto non è sufficiente a garantire una copertura soddisfacente del fabbisogno energetico della fabbrica”.
In realtà, dalla lettura della bozza di DM, si evince che le aree agricole intorno alle zone industriali e agli stabilimenti sono destinabili agli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra.
Secondo Italia Solare, però, “è evidente che questo decreto avrà effetti assai negativi sulle bollette elettriche delle famiglie e ancor più delle imprese, in considerazione degli impedimenti che si introdurrebbero alla realizzazione di impianti fotovoltaici nei pressi delle aree industriali”.
“Inoltre - sottolinea l’associazione -, le corsie preferenziali a favore degli impianti elevati da terra, previste nel decreto, porteranno a costi di realizzazione più elevati e a sicure problematiche di accettazione degli impianti da parte delle comunità locali, rendendo assai difficoltosa la diffusione del solare sul territorio italiano, in netto contrasto con gli obiettivi della proposta di nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima”. Una posizione nettamente contraria all’agrivoltaico.
“Come se non bastasse, la bozza di decreto - sottolinea Italia Solare - ignora le previsioni dello schema di direttiva rinnovabili RED III” che “reca precise disposizioni in materia di mappatura delle aree necessarie per gli obiettivi 2030 e individuazione, tra esse, di quelle per lo sviluppo accelerato delle rinnovabili, che presuppone il massimo uso delle stesse e non certo un utilizzo residuale limitato al 5/10% come nella versione del testo del DM”.