
Chi può richiedere il condono edilizio?
NORMATIVA
Chi può richiedere il condono edilizio?
I giudici spiegano anche quali lavori sono consentiti mentre si aspetta l’esito dell’istanza, ma non sono concordi
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del 21/03/2025

19/02/2024 - Chi può presentare istanza di condono edilizio? Mentre si attende la definizione della pratica si possono realizzare altri lavori?
I dubbi sul come sanare un abuso edilizio possono creare contenziosi, complice il fatto che le pronunce dei giudici non sempre arrivano alle stesse conclusioni.
Nel caso esaminato dalla Cassazione con la sentenza 1868/2024, la proprietaria di un immobile aveva commissionato dei lavori abusivi. Successivamente, il figlio della proprietaria ha presentato domanda di condono edilizio, ma il Comune ha respinto l'istanza spiegando che il figlio della proprietaria non aveva nessun titolo per richiedere il condono.
I giudici hanno dato ragione al Comune spiegando che la domanda di condono edilizio può essere presentata dai seguenti soggetti:
- proprietario dell’immobile abusivo;
- titolare della concessione edilizia;
- committente delle opere abusive;
- costruttore;
- direttore dei lavori.
Dal momento che il figlio della proprietaria non poteva dimostrare di essere stato anch'egli committente delle opere abusive, la Cassazione ha respinto il ricorso e confermato l’ordine di demolizione.
Questo aspetto è più spinoso perché negli anni i giudici di diversi tribunali sono arrivati a conclusioni diverse.
Rimanendo nel perimetro della sentenza 1868/2024, la Cassazione ha rilevato che la domanda è stata presentata aderendo al secondo condono edilizio (Legge 724/1994), in base al quale le opere avrebbero dovuto essere ultimate entro il 31 dicembre 1993. Dagli accertamenti è invece emerso che gli interventi erano proseguiti e che alcune opere potevano essere datate 1995. Per i giudici questo è stato un motivo sufficiente per respingere la domanda di condono.
Recentemente il Tar Lazio, con la sentenza 1878/2024, ha lasciato intendere che, mentre si attende l’esito del condono edilizio, la prosecuzione delle opere non è vietata in termini assoluti. I giudici da una parte hanno ribadito il principio secondo cui non è consentito il completamento di opere abusive con altri lavori abusivi, neanche se tali lavori si qualificano come manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione o realizzazione di pertinenze urbanistiche.
Dall’altro lato, nella sentenza del Tar Lazio si legge che sugli immobili abusivi si possono realizzare lavori “nel rispetto delle procedure di legge”. Parafrasando le conclusioni della sentenza, questo significa che i tali lavori devono essere dichiarati, richiedendo o presentando il titolo abilitativo richiesto. Nel caso esaminato, invece, in attesa della risposta del Comune sulla pratica di condono sono stati effettuati lavori senza alcun permesso o comunicazione, motivo che ha spinto il Comune a considerare abusivi anche questi ultimi interventi.
La risposta dei giudici del Tar Lazio apre alcuni interrogativi. Ipotizzando che il responsabile dell’abuso, che ha presentato istanza di condono, richiedesse il permesso per la realizzazione di ulteriori lavori sull’immobile abusivo, il Comune rilascerebbe l’autorizzazione? Cosa accadrebbe se, dopo il rilascio del permesso e la realizzazione dei lavori aggiuntivi a norma di legge, la pratica di condono edilizio fosse respinta? I giudici non chiariscono questo scenario.
L’argomento è stato molto dibattuto anche in passato. Per fare un esempio, riportiamo due pronunce che sono arrivate a conclusioni opposte.
Un parere analogo a quello del Tar Lazio è stato espresso qualche anno fa dal Consiglio di Stato, che con la sentenza 3943/2015, ha spiegato che, in base alla legge “Nicolazzi” sul primo condono edilizio (L. 47/1985) chi presenta l’istanza di autorizzazione in sanatoria può completare, sotto la propria responsabilità, le opere oggetto della domanda. L’interessato deve comunicare la sua intenzione al Comune, allegare una perizia giurata sullo stato dei lavori abusivi ed attendere trenta giorni per iniziare i lavori.
Secondo questo orientamento, il condono non può essere negato solo sulla base dei lavori aggiuntivi, ma bisogna valutare se questi abbiano inciso in modo radicale sull’immobile, impedendo all’amministrazione di valutare i presupposti per l’approvazione della domanda.
Nel 2018, invece, il Tar Campania, con la sentenza 5510/2018, ha assunto una posizione più rigida, affermando che, se in attesa del condono il responsabile dell’abuso realizza altri lavori, anche minori, tali da non richiedere il permesso di costruire, il Comune deve sospendere l’esame dell’istanza e ordinare la demolizione. Questo perché gli interventi singolarmente considerati potrebbero anche non richiedere il permesso di costruire, ma la situazione potrebbe cambiare con un esame di insieme, che consideri nel loro complesso l’immobile abusivo e i nuovi lavori.
Più di recente, il Consiglio di Stato, con la sentenza 2568/2023, ha specificato che mentre si attendono gli esiti di una sanatoria o di un condono edilizio, gli unici interventi consentiti sono quelli diretti a garantire la conservazione dell’opera.
I dubbi sul come sanare un abuso edilizio possono creare contenziosi, complice il fatto che le pronunce dei giudici non sempre arrivano alle stesse conclusioni.
Chi può presentare domanda di condono edilizio
Il primo aspetto da considerare per capire se e come sanare un abuso è sapere chi può presentare domanda di condono edilizio.Nel caso esaminato dalla Cassazione con la sentenza 1868/2024, la proprietaria di un immobile aveva commissionato dei lavori abusivi. Successivamente, il figlio della proprietaria ha presentato domanda di condono edilizio, ma il Comune ha respinto l'istanza spiegando che il figlio della proprietaria non aveva nessun titolo per richiedere il condono.
I giudici hanno dato ragione al Comune spiegando che la domanda di condono edilizio può essere presentata dai seguenti soggetti:
- proprietario dell’immobile abusivo;
- titolare della concessione edilizia;
- committente delle opere abusive;
- costruttore;
- direttore dei lavori.
Dal momento che il figlio della proprietaria non poteva dimostrare di essere stato anch'egli committente delle opere abusive, la Cassazione ha respinto il ricorso e confermato l’ordine di demolizione.
Quali lavori sono consentiti in attesa del condono edilizio
Spesso i tempi per la definizione di una pratica di condono edilizio sono lunghi, quindi chi presenta un’istanza di condono deve anche capire se è possibile realizzare altri interventi mentre si attende la decisione del Comune.Questo aspetto è più spinoso perché negli anni i giudici di diversi tribunali sono arrivati a conclusioni diverse.
Rimanendo nel perimetro della sentenza 1868/2024, la Cassazione ha rilevato che la domanda è stata presentata aderendo al secondo condono edilizio (Legge 724/1994), in base al quale le opere avrebbero dovuto essere ultimate entro il 31 dicembre 1993. Dagli accertamenti è invece emerso che gli interventi erano proseguiti e che alcune opere potevano essere datate 1995. Per i giudici questo è stato un motivo sufficiente per respingere la domanda di condono.
Recentemente il Tar Lazio, con la sentenza 1878/2024, ha lasciato intendere che, mentre si attende l’esito del condono edilizio, la prosecuzione delle opere non è vietata in termini assoluti. I giudici da una parte hanno ribadito il principio secondo cui non è consentito il completamento di opere abusive con altri lavori abusivi, neanche se tali lavori si qualificano come manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione o realizzazione di pertinenze urbanistiche.
Dall’altro lato, nella sentenza del Tar Lazio si legge che sugli immobili abusivi si possono realizzare lavori “nel rispetto delle procedure di legge”. Parafrasando le conclusioni della sentenza, questo significa che i tali lavori devono essere dichiarati, richiedendo o presentando il titolo abilitativo richiesto. Nel caso esaminato, invece, in attesa della risposta del Comune sulla pratica di condono sono stati effettuati lavori senza alcun permesso o comunicazione, motivo che ha spinto il Comune a considerare abusivi anche questi ultimi interventi.
La risposta dei giudici del Tar Lazio apre alcuni interrogativi. Ipotizzando che il responsabile dell’abuso, che ha presentato istanza di condono, richiedesse il permesso per la realizzazione di ulteriori lavori sull’immobile abusivo, il Comune rilascerebbe l’autorizzazione? Cosa accadrebbe se, dopo il rilascio del permesso e la realizzazione dei lavori aggiuntivi a norma di legge, la pratica di condono edilizio fosse respinta? I giudici non chiariscono questo scenario.
L’argomento è stato molto dibattuto anche in passato. Per fare un esempio, riportiamo due pronunce che sono arrivate a conclusioni opposte.
Un parere analogo a quello del Tar Lazio è stato espresso qualche anno fa dal Consiglio di Stato, che con la sentenza 3943/2015, ha spiegato che, in base alla legge “Nicolazzi” sul primo condono edilizio (L. 47/1985) chi presenta l’istanza di autorizzazione in sanatoria può completare, sotto la propria responsabilità, le opere oggetto della domanda. L’interessato deve comunicare la sua intenzione al Comune, allegare una perizia giurata sullo stato dei lavori abusivi ed attendere trenta giorni per iniziare i lavori.
Secondo questo orientamento, il condono non può essere negato solo sulla base dei lavori aggiuntivi, ma bisogna valutare se questi abbiano inciso in modo radicale sull’immobile, impedendo all’amministrazione di valutare i presupposti per l’approvazione della domanda.
Nel 2018, invece, il Tar Campania, con la sentenza 5510/2018, ha assunto una posizione più rigida, affermando che, se in attesa del condono il responsabile dell’abuso realizza altri lavori, anche minori, tali da non richiedere il permesso di costruire, il Comune deve sospendere l’esame dell’istanza e ordinare la demolizione. Questo perché gli interventi singolarmente considerati potrebbero anche non richiedere il permesso di costruire, ma la situazione potrebbe cambiare con un esame di insieme, che consideri nel loro complesso l’immobile abusivo e i nuovi lavori.
Più di recente, il Consiglio di Stato, con la sentenza 2568/2023, ha specificato che mentre si attendono gli esiti di una sanatoria o di un condono edilizio, gli unici interventi consentiti sono quelli diretti a garantire la conservazione dell’opera.