09/02/2024 - Il Comune può modificare liberamente gli standard urbanistici minimi o, nella pianificazione urbanistica, ha dei limiti e deve motivare le sue scelte?
Gli standard urbanistici sono gli spazi pubblici minimi che devono essere garantiti ai cittadini. La normativa nazionale fissa delle soglie minime, ma il Comune può prevedere delle variazioni.
Sapere qual è il margine di modifica consentito ai Comuni è utile per poter pianificare la realizzazione di opere e l’avvio di attività.
Sull’argomento è intervenuto il Consiglio di Stato, che ha fornito chiarimenti con due differenti pronunce.
Superamento degli standard urbanistici minimi
Uno dei casi analizzati dalla giurisprudenza riguarda un Piano di Governo del Territorio (PGT), approvato dal Comune, che prevede la reindustrializzazione moderna di un’area di proprietà di una società in liquidazione. L’area è occupata da insediamenti produttivi dismessi o sottoutilizzati e il PGT prevede di dotarla di esercizi commerciali, esercizi pubblici, artigianato e terziario.
Il PGT prevede che il 55% della superficie complessiva dell’area sia destinata ad aree standard, mentre l’articolo 5 del DM 1444/1968 stabilisce che gli standard urbanistici devono essere almeno pari al 10% della superficie destinata agli insediamenti industriali.
È sorto quindi un contenzioso tra la società, che ritiene il PGT illegittimo in quanto non rispetta le previsioni della normativa nazionale, e il Comune, che invece sottolinea il bisogno di aree standard aggiuntive.
Il Consiglio di Stato, con la
sentenza 10965/2023, ha spiegato che la previsione di un fabbisogno aggiuntivo di standard urbanistici è legittima a condizione che il Comune motivi in modo congruo la sua scelta.
I giudici hanno sottolineato inoltre che lo scostamento del PGT rispetto alla normativa nazionale (55% rispetto al 10%) è considerevole e il Comune, che è sempre tenuto a motivare lo scostamento dagli standard urbanistici minimi, avrebbe dovuto spiegare le sue ragioni in modo particolarmente dettagliato.
Il CdS ha quindi dato ragione alla società ma ha lasciato al Comune la possibilità e il tempo di motivare la previsione di standard urbanistici superiori. Questo significa che, se il Comune darà una motivazione convincente, il PGT non dovrà subire modifiche.
Standard urbanistici e obbligo di motivazione
Con un’altra pronuncia (
sentenza 490/2024), il CdS ha spiegato in quali casi il Comune deve motivare le scelte urbanistiche.
Se, ad esempio, una variante cambia solo la destinazione di alcune aree, la variazione può deludere le aspettative dei privati, che si sentono danneggiati dal cambiamento. In questo caso, il Comune deve spiegare adeguatamente le ragioni della sua decisione.
Se, invece, il Comune adotta un nuovo strumento urbanistico, che prevede una nuova e complessiva definizione del territorio, giustificata da nuovi contesti ed esigenze sopravvenute, non ha l’obbligo di motivare le sue scelte.
I giudici hanno ribadito che le uniche ipotesi tassative, che impongono l’onere di motivazione rafforzata al Comune, sono:
- il
superamento degli standard urbanistici minimi;
- la presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente;
- il giudicato sull’annullamento del divieto di permesso di costruire o di silenzio inadempimento;
- la destinazione di un fondo totalmente intercluso a zona agricola.
In questi casi, il privato che si ritiene colpito dalla decisione del Comune, non sufficientemente motivata, può opporsi.