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Direttiva Case Green, le novità sul testo della nuova EPBD
di Roberto Nidasio - CTI Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente

Direttiva Case Green, le novità sul testo della nuova EPBD

Maggiore spinta all’installazione di sistemi solari, nuovi requisiti energetici minimi degli edifici e nuove modalità di classificazione

Vedi Aggiornamento del 05/03/2025
Direttiva Case Green, le novità - Foto: morris71 123rf.com
Direttiva Case Green, le novità - Foto: morris71 123rf.com
di Roberto Nidasio - CTI Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Vedi Aggiornamento del 05/03/2025
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12/02/2024 - Esattamente un anno fa, cioè a febbraio 2023, avevamo approfondito alcune tematiche contenute nella bozza della nuova EPBD, cioè la Direttiva sull’efficienza energetica degli edifici, detta anche Direttiva Case Green.
 
Ad oggi, a valle del cosiddetto “trilogo”, ovvero le discussioni e le negoziazioni tra i tre organi dell’UE, la Commissione, il Consiglio e il Parlamento, abbiamo un nuovo testo, piuttosto revisionato rispetto alla precedente bozza. È opportuno e utile, quindi, riprendere l’analisi e vedere quali sono le principali modifiche introdotte.
 
Prima di iniziare, ricordiamo brevemente il contesto di questa Direttiva. In pratica, si tratta della revisione di una Direttiva già in vigore, la Direttiva 2010/31/UE (così come revisionata dalla Direttiva 2018/844/UE). Questa nuova edizione, che è la quarta della serie, costituisce un importante strumento per attuare il piano europeo sull’energia e sul clima e, in particolare, la strategia Renovation Wave. Gli obiettivi sono chiaramente quelli dell’efficientamento energetico e della decarbonizzazione del settore dell’edilizia.
 
Come avevamo già illustrato lo scorso anno, gli elementi di novità introdotti da questa nuova edizione sono parecchi. Vi è un maggior focus sulle emissioni e non solo sull’energia, c’è una maggior spinta all’installazione di sistemi solari, sono introdotti diversi obblighi pensando al ruolo degli edifici nel contesto della mobilità sostenibile e sono rivisti i requisiti energetici minimi e le modalità di classificazione.
 
In questo articolo, dato che è impossibile approfondire tutti i temi, ci concentreremo sui requisiti minimi degli edifici, anche perché è uno dei punti che ha subito una profonda revisione rispetto alla bozza precedente. Più nel dettaglio, parleremo dell’articolo 9 della bozza di direttiva, che riporta appunto i requisiti energetici minimi e la traiettoria da seguire per un progressivo rinnovamento del parco edilizio esistente.
 
La principale novità di questo nuovo testo è che ci si è concentrati maggiormente sugli edifici non residenziali, evitando quindi di dare soglie stringenti per quelli residenziali. Il testo dice infatti che per gli edifici non residenziali gli Stati Membri devono stabilire delle soglie minime, espresse in energia primaria o finale, in termini di kWh/m2 per anno.
 
Devono quindi essere stabilite due soglie, una che chiameremo del 16% e un’altra del 26%. Tali soglie sono sostanzialmente da calcolare a partire da quella che era la “fotografia” del parco edilizio non residenziale al 1° gennaio 2020. Guardando quella situazione, verrà quindi desunto quello che è il 16% e il 26% degli edifici peggiore e successivamente individuato l’indicatore di prestazione soglia in termini di kWh/m2 di tali percentili.
 
A partire dal 2030 tutti gli edifici non residenziali dovranno essere portati sotto la soglia del 16% e a partire dal 2033 sotto la soglia del 26%. Le soglie potranno ovviamente essere diverse a seconda del tipo e della categoria di edificio non residenziale. Gli Stati Membri avranno comunque la facoltà di definire delle esclusioni, tenendo anche eventualmente conto di un’analisi costi benefici nel raggiungimento di tali soglie. Tali obblighi, in pratica, si traducono in un obbligo alla ristrutturazione degli edifici non residenziali più energivori.
 
Semplificando potremmo dire che le quote degli edifici da ristrutturare corrispondono ai percentili individuati, anche se tale affermazione non è del tutto esatta, per il fatto che le soglie sono da calcolarsi sulla base della situazione al 2020, e che quindi in questi quattro anni la situazione può essere leggermente mutata (tendenzialmente vi è un aumento degli edifici più performanti). È quindi un piano piuttosto ambizioso, anche considerando che le scadenze sono quanto mai prossime.
 
Invece, come dicevamo, per gli edifici residenziali, che poi sono la maggioranza in termini di numerosità, non vi sono precise soglie come requisito minimo sul singolo edificio. Per i residenziali gli Stati Membri devono stabilire una traiettoria di ristrutturazioni che sia in linea con il percorso (roadmap) al 2030, 2040 e 2050. L’obiettivo è quello di avere un parco edilizio completamente decarbonizzato al 2050 e quindi portare progressivamente gli edifici ad avere prestazioni energetiche sempre maggiori.
 
In questo caso, per i residenziali, il ragionamento è fatto sulla prestazione media del parco edilizio, che, sempre rispetto alla fotografia al 2020, dovrebbe essere ridotta del 16% al 2030, almeno del 20-22% al 2035, e poi dal 2040 in poi, ogni cinque anni, via via con percentuali crescenti. È quindi compito degli Stati Membri individuare quali e quanti edifici residenziali dovranno essere riqualificati per conseguire i milestone stabiliti nella roadmap. Ovviamente, occorrerà concentrarsi sugli edifici con prestazioni peggiori, sempre con le dovute eccezioni possibili, ad esempio per gli edifici storici, gli edifici religiosi, gli edifici occupati temporaneamente, ecc.
 
Ora, proviamo ad effettuare un’analisi anche per il discorso residenziali. A caldo, si potrebbe immediatamente obiettare che il nuovo testo della direttiva è stato reso, su questo punto, meno ambizioso rispetto alla bozza precedente. Ora, questo, a conti fatti, forse è vero, ma solo in parte: in realtà l’obiettivo non è meno ambizioso; sono i milestones ad essere stati definiti in maniera meno puntuale.
 
Da un lato, quindi, è vero che non sono state definite soglie stringenti che ogni singolo edificio dovrà rispettare, però, dall’altro, la Direttiva impone comunque una roadmap di abbassamento della prestazione media del parco nazionale. E per abbassare la prestazione media, verosimilmente qualche requisito sul fatto di riqualificare gli edifici con prestazioni peggiori dovrà essere messo. Il quanto e il quando, da oggi al 2050, sarà chiaramente da ponderare e calcolare.
 
Oltre a quanto abbiamo appena detto, nel testo circolato vi sono anche due ulteriori articoli, il 9a e il 9b, riguardanti rispettivamente i requisiti di installazione di sistemi solari e le caratteristiche degli edifici a zero emissioni.
 
Per i sistemi solari, è definita una ben precisa roadmap di obblighi, che parte dai nuovi edifici non residenziali pubblici (dal 2027) fino a comprendere tutti i nuovi edifici residenziali (dal 2030). Anche in questo caso, per i non residenziali, sono definiti obblighi anche per gli edifici esistenti, con priorità a quelli più grandi e a quelli pubblici (che dovrebbero dare il buon esempio).
 
In conclusione, ricordiamo che l’iter legislativo non è ancora terminato. Il testo, sebbene ormai in una versione piuttosto consolidata, è ancora in bozza. Per la versione definitiva, e quindi per avere certezza dei contenuti, occorrerà necessariamente aspettare la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, che dovrebbe avvenire nel corso del 2024. Dopo la pubblicazione, la Direttiva entrerà in vigore e gli Stati Membri avranno due anni per recepirla.
 
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