21/02/2024 - Nel quadro
dell’European Green Deal varato nel 2021, la Commissione europea, con una propria
Strategia di adattamento climatico (COM(2021) 82 final), ha promosso un nuovo approccio per la formazione dei piani nazionali di adattamento al cambiamento climatico, visti come pilastri essenziali della strategia dell’UE
Horizon 2030.
In tale quadro sono stati fissati più avanzati obiettivi al 2040 e al 2050 e attraverso alcuni obblighi
[1] sono stati sollecitati gli stati nazionali a redigere i loro piani attuativi nel quadro delle rispettive strategie nazionali di SvS.
In risposta a tale impulso l’Italia, in attuazione di quanto a suo tempo previsto con la Strategia nazionale di adattamento al GCC - SNACC, ha prodotto il proprio Piano nazionale di adattamento. Dopo aver passato il
ciclo di VAS fra marzo e agosto, a fine anno con proprio decreto il MASE ha
approvato il PNACC, che assieme al PNIEC costituisce il principale strumento operativo per l’attuazione della Strategia nazionale di SvS, il cui
aggiornamento è stato approvato dal CITE nello scorso settembre. Il PNACC approvato è stato inviato alla Commissione europea, che ne ha in corso la valutazione.
Adattamento climatico e rigenerazione urbana
Gli elementi di scenario che caratterizzano le prospettive di sostenibilità e rigenerazione verso cui muove la contemporanea pianificazione di città e territori sono molteplici: dal calo demografico all’invecchiamento della popolazione; dalla insostenibilità di nuovo consumo di suolo alla reintegrazione fra ambienti insediativi ed ecosistemi richiamato dal nuovo testo dell’art. 9 della Costituzione e dalla
Nature Restoration Law in corso di definizione al parlamento Europeo; dal contrasto alle crescenti disuguaglianze prodotte dal capitalismo estrattivo all’applicazione delle nuove tecnologie per la gestione dell’ambiente urbano e dei suoi flussi.
In tale quadro il tema dell’adattamento delle città al cambiamento climatico, con le sue intrinseche caratteristiche (pervasività, multidimensionalità, trasversalità, impellenza) e di necessaria rivisitazione del modello economico-sociale e delle gravi perversioni delle sue logiche insediative costituisce una sorta di summa delle diverse questioni all’ordine del giorno, per affrontare le quali è necessario un passo deciso verso l’assunzione della logica di integrazione delle competenze e delle politiche che un dibattito ormai più che cinquantennale definisce con l’espressione “governo del territorio”.
Per questo le aspettative del mondo della pianificazione verso il varo di un Piano Nazionale di Adattamento erano forti: non solo per la novità del tema ma anche per l’avanzamento degli aspetti di governance, per l’individuazione delle risorse e per l’avvento un nuovo quadro nazionale d’intervento sui sistemi insediativi che esso implicitamente preannunciava.
Alcune valutazioni sul PNACC approvato
Il testo del PNACC
non ha soddisfatto le attese, pur legittimamente a suo tempo accese dalla SNAC, e solo in modesta misura ha raggiunto gli ambiziosi obiettivi da essa tracciati. La modestia e la scarsa ambizione del PNACC sono stati
criticati da vari osservatori, e sono stati rilevati da molte delle stesse
osservazioni proposte durante il citato ciclo di VAS dagli stessi soggetti istituzionali partecipanti, anzitutto da parte di varie regioni.
Alcune questioni meritano una particolare segnalazione.
- Il PNACC prevede di “
realizzare compiutamente la prima e necessaria “azione di sistema” dell’adattamento che è rappresentata dalla creazione di un sistema di governance in grado di dare attuazione alle azioni di adattamento nei diversi settori attraverso la definizione di ruoli, responsabilità e priorità, definendo fonti e strumenti di finanziamento per l’accesso a soluzioni praticabili, individuando gli ostacoli all’adattamento di carattere normativo, regolamentare e procedurale da mitigare e, laddove possibile, rimuovere. Il Piano intende, inoltre, rispondere alle esigenze di coordinamento tra i diversi livelli di governo del territorio e i diversi settori di intervento”. (p. 85) Lodevoli intenti; tuttavia, il piano non compie un’indagine sugli effettivi poteri di coordinamento del MATE, e sulle capacità di svolgerli da parte dei suoi organi tecnici; né traccia i fondamenti di tale governance, rinviandone di fatto la costruzione a momenti successivi.
- Il PNACC affida la definizione dell’operatività del Piano ad un organismo apposito, definito
Osservatorio, di cui si prevede la costituzione senza che venga indagata la latitudine dei suoi poteri nei confronti del sistema di governo e di pianificazione che dovrà/dovrebbe recepire gli obiettivi e le azioni del PNACC, ed in particolare il complesso rapporto fra Stato e regioni.
- Il paragrafo A2.2 dell’Allegato 1 dichiara che “
occorrerebbe procedere alla mappatura delle competenze dei settori dell’amministrazione in tema di adattamento, ricostruendo strutture organizzative, uffici responsabili e relativi ambiti di competenza, identificando le responsabilità connesse alle diverse aree di attività, mettendo in evidenza le linee di dipendenza funzionale e gerarchica tra le parti”. Lascia interdetti che una tale mappatura, quanto meno per il livello regionale, non sia stata condotta per la redazione del PNACC stesso, che invece la rinvia ad atti successivi. Inoltre, non vengono date indicazioni operative sulle modalità di conduzione di tali mappature, sulle professionalità e sulle risorse necessarie, e sugli elementi di salienza sui quali appuntare l’attenzione.
Analizzando il database delle
azioni proposte dal PNACC (Allegato IV) si possono inoltre notare alcuni elementi rilevanti:
- La lista dei documenti assunti come riferimento quando nel 2018 è stato redatto l’allegato (atti legislativi, normative, piani, programmi) è aggiornata al 2016, allo stato nella quale era quando fu redatta la SNACC;
mancano quindi tutti gli aggiornamenti dal 2016 al 2022, nonostante il quadro legislativo e programmatorio sia profondamente mutato, in particolare con il varo del PNRR e delle riforme e delle misure in esso incluse;
- nonostante il fatto che il coordinamento nazionale degli interventi di mitigazione e adattamento sia affidato al CITE, un organo interministeriale, il perimetro delle azioni individuato nel PNACC è sostanzialmente
limitato alle competenze del MASE; ciò porta a sottostimare l’importanza delle interdipendenze strutturali fra sistemi antropici e componenti ecosistemiche, e dell’ampiezza degli effetti combinati che si producono con i repentini cambiamenti climatici in corso. Per un sostanziale aumento della capacità operativa del PNACC occorrerà quindi operare in futuro un ampliamento delle competenze a cui il piano si riferisce, includendo oltre alle tradizionali competenze ambientali almeno anche urbanistica, infrastrutture trasporti e logistica, protezione civile, paesaggio e beni culturali, agricoltura, fiscalità di scopo; i cui sistemi di pianificazione, per poter essere oggetto d’integrazione con gli obiettivi climatici, occorrono quindi di una adeguata caratterizzazione, da cui far scaturire i caratteri dell’auspicato procedimento di
stress test.
Vi è poi il problema della estrema
varietà delle normative regionali, che genera la necessità di recepimenti del PNACC differenziati. Un esempio (ma ce ne sono moltissimi) è la disciplina dell’invarianza idraulica (fortemente correlata alle azioni di adattamento urbano), che in assenza di una norma nazionale di riferimento opera in forza di leggi regionali (anche molto differenziate sin nei criteri di calcolo) nelle regioni Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli VG, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo, Sicilia, Sardegna. Analogo ragionamento si può sviluppare per il Regolamento Edilizio Unico nazionale, che in realtà ha visto recepimenti differenziati regione per regione, aggravando un fenomeno di frammentazione già esistente anziché curarlo.
In tal senso sono quindi individuabili alcune carenze nelle analisi di contesto normativo compiute dal PNACC; le principali sono le seguenti:
- Sostanziale
assenza di un Quadro territoriale ed ambientale di riferimento; la parte di analisi climatica individua le forzanti, ma non le riferisce alle diverse componenti territoriali, in particolare all’ampia e diversificata varietà insediativa italiana;
- Manca un quadro dei poteri legislativi oggi in essere, in particolare relativamente all’attuazione del Titolo V della Costituzione ed all’interpretazione che le regioni ne hanno dato in assenza di una norma statale che fissasse i principi fondamentali del governo del territorio;
- Manca una caratterizzazione dei sistemi di pianificazione sui quali il Piano dovrebbe intervenire, sistemi che le regioni hanno autonomamente edificato e che sono ormai giunti alla terza stagione di rinnovamento;
-
Manca una descrizione dello stato di operatività ed attuazione delle pianificazioni settoriali correnti alle diverse scale territoriali sovraregionali (difesa del suolo, bacini, parchi nazionali, sistemi energetici, grandi infrastrutture, porti, ecc.) e regionali (parchi ed aree protette, parchi archeologici, zonizzazione energetica, viabilità);
- Manca poi un raccordo strutturale fra il Piano e le strutture nazionali di protezione civile della Presidenza del Consiglio, pur spesso citate, presso cui già esistono basi informative e sistemi di aggiornamento di elevata qualità, che si presentano come il luogo naturale presso cui insediare il sistema informativo territoriale nazionale che avrà il compito di preparare le basi scientifiche necessarie a stabilire le priorità d’intervento e il dimensionamento economico ed operativo/organizzativo delle azioni da porre in essere.
Ruolo dei governi locali
Occorre in particolare evidenziare il fatto che i governi locali hanno già alcune competenze sul contrasto ai cambiamenti climatici che esercitano già con la pianificazione urbanistica, sul lungo periodo, e con la pianificazione sulla Protezione Civile. Allo stesso tempo però c'è un tema importante di governance perché le leve per le azioni sul contrasto ai cambiamenti climatici a livello locale sono in mano a soggetti diversi che devono coordinarsi fra loro e spesso la dimensione del problema riguarda ambiti che trascendono i confini amministrativi dei singoli comuni.
Per quanto riguarda la pianificazione urbanistica comunale, poiché molte delle misure climatiche riguardano gli spazi pubblici per i quali il procedimento di variazione delle previsioni di piano urbanistico è estremamente semplice (L. 1/1975 e smi) sarà il caso di studiare le misure climatiche necessarie, distinguendo fra quelle essenzialmente agibili sul patrimonio pubblico, con procedura semplificata, e quelle con impatto sui diritti di proprietà immobiliare, che avranno bisogno di iter più lunghi e complessi.
Va infine rilevato che il procedimento di costituzione e avvio degli organi operativi (pag. 103) descrive la produzione di una proposta di atto d’indirizzo situandola nel tempo a 14 mesi dall’approvazione del piano, cioè per fine febbraio 2025, proposta che andrebbe poi assoggettata ad ulteriore ciclo di verifiche istituzionali prima del varo.
Tempi evidentemente non in linea con l’aggravarsi delle emergenze testimoniato dalle anomalie climatiche e dalla grave siccità in corso in gran parte dell’Europa mediterranea.
Considerazioni conclusive
Nonostante i vari rilievi segnalati, l’approvazione del PNACC va salutata come una
buona notizia, poiché costituisce non solo un richiesto adempimento di norme comunitarie ma anche un importante passo in avanti per la definizione di una
legge nazionale organica su clima ed energia. Appare tuttavia evidente che occorre trasformare il PNACC appena approvato nell’officina operativa di una sua immediata revisione, anche in considerazione delle molte indicazioni critiche emerse nel parere conclusivo del procedimento di VAS, per lo più sinora non recepite.
Tale revisione andrà condotta parallelamente alle lunghe operazioni di implementazione del meta-sistema di governance previsto dal piano, affinché alla data della sua costituzione e piena operatività (stimabilmente non prima della primavera 2025) sia possibile inviare in presa diretta l’importante volume di correzioni, precisazioni e completamenti qui brevemente tratteggiato. L’accelerazione del cambiamento climatico renderà sempre più urgenti e impegnative le misure da adottare, ed ogni rinvio ed esitazione nell’approntamento della necessaria efficacia costerà in futuro molto di più, in misura più che proporzionale agli odierni ritardi.
A conferma dell’importanza attribuita al PNACC e alla responsabilità che comporta l’espressione di una valutazione per tanti aspetti critica su quanto sino ad oggi approvato, l’INU ha segnalato sin d’ora la sua piena disponibilità alla attiva partecipazione agli organi consultivi previsti dal PNACC, in particolare offrendo la propria autorevole competenza relativamente ai sistemi di pianificazione operanti nelle regioni italiane, sistematicamente descritti e valutati dal Rapporto dal Territorio.
Una seconda osservazione riguarda il
rapporto fra adattamento climatico e governo del territorio, ed in particolare la proposta di una legge nazionale di principi fondamentali e regole generali messa a punto dall’INU ed entrata in questi giorni in discussione con la presentazione avvenuta a Genova dell’articolato da poco completato. Laddove le sedi parlamentari assumessero gli assi di discussione proposti dall’INU e provvedessero al varo di provvedimenti organici di riforma in tale indirizzo, assieme agli indubbi benefici che ne riceverebbero le attività di pianificazione nel Paese anche l’operatività e l’efficacia dello stesso PNACC ne risulterebbero significativamente migliorate. Ed anche per questa seconda importante funzione consulenziale e di sostegno (un ulteriore cantiere da eseguire in corsa) l’INU ha già dichiarato la sua eventuale, piena disponibilità.
[1] Ai sensi dell’articolo 19 del Regolamento (UE) 2018/1999, entro il 15 marzo 2021 e successivamente ogni due anni, gli Stati membri comunicano alla Commissione europea le informazioni sui rispettivi piani e strategie di adattamento, delineando le azioni attuate e previste per agevolare l’adattamento ai cambiamenti climatici, in conformità agli obblighi di comunicazione concordati nel quadro della convenzione UNFCCC e dell’accordo di Parigi.