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Governo del territorio, ecco di cosa ha bisogno la Sardegna
di Francesco Licheri - presidente sezione Sardegna INU, Istituto Nazionale di Urbanistica

Governo del territorio, ecco di cosa ha bisogno la Sardegna

Il nuovo corso istituzionale e lo stato dell’arte, le esigenze e le riforme necessarie per una nuova legge urbanistica

Vedi Aggiornamento del 27/11/2024
Nuova legge urbanistica regionale in Sardegna - Foto: miklyxa 123rf.com
Nuova legge urbanistica regionale in Sardegna - Foto: miklyxa 123rf.com
di Francesco Licheri - presidente sezione Sardegna INU, Istituto Nazionale di Urbanistica
Vedi Aggiornamento del 27/11/2024
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20/03/2024 - Le elezioni del 25 febbraio 2024 hanno aperto un nuovo corso politico e istituzionale in Sardegna. L’orizzonte di un’intera legislatura dà la possibilità di impostare un ciclo di riforme per innovare e mettersi al passo con i tempi.
 
Vale anche per il governo del territorio, dove le leggi e gli strumenti sono particolarmente datati: la legge urbanistica, la 45, è del 1989 mentre il cosiddetto decreto Floris, che detta le regole per realizzare i piani, risale addirittura al 1983.
 
Le ultime quattro legislature regionali si sono tutte aperte con il proposito di approvare una nuova legge urbanistica, ma per diverse ragioni non si è mai arrivati a compimento. L’impianto della legge in vigore è molto vecchio, e non potrebbe essere altrimenti, visto che ha 35 anni. Ma condurre in porto una legge urbanistica richiede tempo, impegno e volontà politica: è un lavoro da impostare subito, all’inizio della legislatura, per evitare quanto è successo in quelle precedenti.
 
Ma l’approvazione di una legge urbanistica, che comunque costituirebbe un passo in avanti rispetto alla situazione attuale, non esaurisce da sola la risposta ad una domanda ineludibile di strumenti e politiche per il governo del territorio. Ma può rappresentare il punto di arrivo di un percorso di riforme degli strumenti e dei programmi necessari al governo del territorio della Sardegna.
 
Il governo del territorio si realizza col concorso dei diversi attori che formano l’assetto istituzionale della Sardegna: Regione, istituzioni di area vasta, Comuni. Una regione che si avvia lungo un percorso che per dispiegare pienamente le potenzialità e conseguire un livello soddisfacente di obiettivi, ha bisogno di un assetto stabile della configurazione delle istituzioni sub regionali.
 
In Sardegna, nel ventennio 2001-2021 si è assistito a un susseguirsi di diverse conformazioni degli assetti riguardanti le istituzioni subregionali. Con la Legge Regionale 7/2021 (Riforma dell’assetto territoriale della Regione), il legislatore regionale ha riformato ulteriormente l’assetto degli enti di area vasta che attualmente risulta articolato nelle Città metropolitane di Cagliari e Sassari e nelle Province di Nuoro, Oristano, Nord-Est Sardegna, Ogliastra, Sulcis Iglesiente e Medio Campidano.
 
Questa riforma ha avuto un iter travagliato: è stata impugnata dal governo ma la Corte costituzionale, con Sentenza 68/2022, ha definitivamente approvato la proposta della Regione.
 
È evidente che il clima di incertezza derivante dal susseguirsi di configurazioni degli enti subregionali spesso radicalmente alternative (il referendum che abrogava le province del 2012 e la successiva L.R. 2/2016 che reintroduceva nell’ordinamento le Province e le due Città metropolitane di Cagliari e Sassari) ha determinato una situazione di rallentamento rispetto alle azioni di governo per il territorio che di competenza degli enti di area vasta, con l’eccezione delle città metropolitane con i Piani strategici.
 
Se il legislatore regionale decide di mantenere questo assetto degli enti di area vasta, si devono nel più breve tempo possibile ridefinire competenze, compiti e risorse per ciascun attore istituzionale, ricomprendendo nella ridefinizione dei ruoli anche la Regione. Questo vale anche per il sistema delle unioni dei comuni/Comunità montane che, se individuate come elementi per la collocazione di servizi associati dei comuni, possono assumere il ruolo fondamentale per l’attuazione delle politiche di governo del territorio in una situazione nella quale oltre l’83% dei 377 comuni hanno una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
 
È vero, una legge urbanistica definisce regole, ma le regole per il governo del territorio devono essere coerenti con la Sardegna attuale e funzionali ad una visione della Sardegna dei prossimi anni che il governo e il parlamento regionale devono proporre.
 
Si parla spesso, nelle fasi iniziali di avvio della legislatura, citando un intellettuale del secolo scorso, di quale sia l’idea di Sardegna che i governi intendono proporre e realizzare. E una legge urbanistica non può essere intesa come un’invariante, ma si caratterizza in funzione della situazione e delle esigenze attuali, degli obiettivi per il governo del territorio.
 
Senza una riforma del sistema delle leggi per il governo del territorio, è difficile gestire le esigenze, i problemi e, spesso le emergenze, che caratterizzano il nostro tempo e offrire risposte non dettate dall’emergenza o, in molti casi, rinunciare ad esercitare il ruolo di governo dei processi di trasformazione del territorio.
 
Per esempio, nella campagna elettorale appena conclusa si è molto discusso sul tema degli impianti eolici, ma ormai è diventato una costante il dover reagire da parte della comunità e delle istituzioni della Sardegna a proposte di programmi e investimenti che, se attuati, rappresentano una minaccia per il territorio.
 
È necessario e urgente, sull’esempio anche delle esperienze realizzate dai comuni della Sardegna, definire degli strumenti che regolamentino a monte l’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile. Sarebbe più facile affrontare questa questione attraverso la definizione di obiettivi, e attraverso una legge che sia funzionale a questi.
 
Negli ultimi anni si è sviluppata poi la consapevolezza dei vantaggi e dell’irrinunciabilità della rigenerazione urbana rispetto al consumo di suolo, della necessità di costruire sul costruito. Ma non si può gestire un cambiamento epocale del modo di organizzare la trasformazione del territorio e le politiche abitative senza un apparato legislativo adeguato, che non prevede strumenti, come ad esempio la perequazione, che concorrono ad incentivare la rigenerazione urbana. E affidarsi soltanto all’azione taumaturgica del Piano Casa rappresenta per lo meno una rinuncia al ruolo compete all’istituzione regionale.
 
Insieme all’avvio del percorso per la costruzione della nuova legge per il governo del territorio, si può iniziare a dare concretezza al percorso aggiornando finalmente quei i regolamenti - come, ad esempio, il decreto Floris in vigore dal 1983 - che, con la loro rigidità e inadeguatezza, condizionano la costruzione dei Piani urbanistici. Il decreto Floris si basa su principi degli anni Settanta del secolo scorso che attengono ad esigenze e situazioni completamente cambiate. In base a queste regole si definiscono i Piani per zone omogenee rigide e standard, con una concezione della domanda di servizi basata su meccanismi quantitativi.
 
Uno degli obiettivi principali derivanti dalla pianificazione è quello di venire incontro alle esigenze e ai diritti dei cittadini in termini di livelli essenziali di servizi. Su questi temi l’INU ha presentato a livello nazionale una nuova legge di principi, che può essere utilizzata  per individuare il nuovo sistema di regole, che affronti e proponga il superamento degli standard urbanistici in funzione dei livelli di servizio territoriali come risposta alle nuove esigenze sorte durante la pandemia, a quelle dei piccoli comuni che caratterizzano l’articolazione urbana della nostra regione, a quelli delle nostre città che spesso affrontano contraddizioni tra situazioni di calo di residenti con fenomeni di congestione e mancanza di servizi adeguati. Si potrebbe inoltre iniziare a fare i conti con quei meccanismi che poi sarebbero fissati nella riforma urbanistica.
 
Le recenti esperienze nei processi di trasformazione urbana e territoriale, sia di ampia che di media scala (dai piani per le città metropolitane alle strategie SNAI per le aree interne) hanno costruito ed attuato strumenti di accompagnamento alla realizzazione dei programmi, prevedendo uffici di piano dedicati e cabine di regia, composte da amministratori, tecnici e apporto della comunità che, sinergicamente, lavorano per l’attuazione dei piani e delle strategie.
 
Recentemente, anche nei piccoli comuni sono state attuate alcune sperimentazioni sulla rigenerazione urbana e di servizi, proponendo cooperative e manager di comunità che cooperano per l’attuazione di azioni e obiettivi rivolti al miglioramento delle condizioni urbane e dei servizi essenziali.
 
Questi sono strumenti che andrebbero incentivati e istituzionalizzati, con l’obiettivo di realizzare un governo del territorio più vicino ai cittadini, un’urbanistica di prossimità. La cura delle città, del territorio e delle comunità insediate, anche da parte dei legislatori e degli amministratori, è quindi un obiettivo importante da perseguire, imprescindibile in una governance condivisa. Ma le comunità, per essere parte attiva del processo, ha necessità di avere riferimenti amministrativi definiti e strutture alle quali rivolgersi.
 
Una riforma delle leggi di governo del territorio necessita, per la sua attuazione, di strutture dedicate e risorse umane. Dalle prime dichiarazioni della Presidente Todde è evidente che il tema delle strutture regionali viene posto ai primi posti dell’agenda di governo, con la riforma dell’assetto e delle competenze degli assessorati regionali che ricompongono, in un unico assessorato compente decisionali che attualmente sono in capo a diverse strutture assessoriali, come quelle relative al governo del territorio. È un percorso condivisibile. Può essere anche l’occasione per superare una visione novecentesca dell’organizzazione della struttura regionale: perché mantenere separati le competenze della programmazione con quelle del governo del territorio?
 
L’esperienza recente del PNRR (ma vale anche per la gestione dei fondi europei) evidenzia che la mancanza di coordinamento tra gli investimenti e piani per il governo del territorio non producono risultati ottimali per i territori e le comunità.
 
Va affrontata la questione degli uffici che devono accompagnare e gestire il percorso di approvazione dei Piani, carenti in generale di personale e professionalità specifiche. Non può essere tutto centralizzato, fare capo alla Regione proprio quando le ultime riforme hanno ridato ruolo alle Province e confermato le articolazioni sub provinciale (Unioni dei Comuni). Riprendere l’intuizione della legge 45 sulle condotte urbanistiche (questa sì ancora attuale), permetterebbe di dare un servizio alle istituzioni locali che affrontano, con coraggio, il percorso di costruzione dei Piani per il proprio ambito territoriale e per le loro comunità.
 
Governare un territorio è un meccanismo complesso, con caratteristiche che non sono fisse nel tempo. E proprio il tempo diventa un fattore chiave nell’attuazione della pianificazione territoriale. Le azioni, le definizioni di ruoli, competenze, strutture amministrative, gerarchie e risorse a disposizione dovrebbero trovare conferma e attuazione in tempi brevi, per far sì che gli obiettivi da perseguire siano il più possibile contestualizzati con il quadro storico attuale e non si arrivi a un’obsolescenza dei contenuti che poi, inesorabilmente, porta a una non concretizzazione di quanto previsto dai piani e programmi. E in questo percorso realizzare una nuova legge urbanistica per la Sardegna.
 
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