14/06/2024 - Grazie all’impegno quinquennale dell’assessore Bruno Discepolo è giunta a conclusione la terza legge di governo del territorio della Regione Campania in un contesto poco favorevole alla pianificazione.
Il lungo processo si è alimentato in maniera pragmatica del contributo delle più diverse componenti della società regionale, il che dà alla legge il suo carattere ad ampio spettro. Andiamo dalle norme più restrittive in Italia sul consumo di suolo a disposizioni quanto mai aperte e favorevoli per gli interventi sul patrimonio edilizio.
Se aver mediato tra tanti interessi ha costruito un consenso espresso in Consiglio con un solo voto contrario, sul piano tecnico la sfida è stata di trovare un’impalcatura coerente, al netto della prova futura applicazione.
La seconda lente attraverso cui guardare questa legge è la specificità meridionale dove, essendo tanto difficile pianificare, è necessario uno sforzo particolare di semplificazione perché il governo del territorio si estenda ovunque e ci sia la possibilità di verifica dei risultati raggiunti e lo sforzo per migliorare gli strumenti e perfezionare i risultati.
Gli obiettivi della legge 29 aprile 2024, n. 5
Negli obiettivi molti vedono l’aggiornamento più evidente rispetto alla legge precedente e la migliore corrispondenza alle aspettative dei cittadini, delle professioni e dell’accademia, forse anche perché riesce a superare il negativo del semplice divieto di consumo di suolo per avanzare verso la trasformazione del patrimonio edilizio ed urbanistico.
All’art. 2 troviamo il richiamo alle infrastrutture verdi, alla mobilità sostenibile e alla produzione di energia da fonti rinnovabili e l’efficientamento energetico, ovvero delle linee di lavoro essenziali per la transizione ecologica.
La definizione degli ambiti territoriali richiederà un impegno conoscitivo multilivello e intersettoriale per dare concretezza alle definizioni enunciate nella legge tese prioritariamente a distinguere i suoli urbanizzati da quelli rurali o verdi. Oltre al territorio rurale aperto dei grandi campi agricoli, viene segnalata la sua presenza anche nelle aree periurbane e perfino in zone intercluse delle aree urbanizzate. A commento di questa meticolosità va sollevato il peso della frammentazione perché inevitabilmente si porrà come problema della valorizzazione dell’agricoltura e richiederà l’elaborazione di scelte e strategie coerenti.
Ai fini del contrasto al consumo di suolo la norma è tuttavia molto netta: nel territorio rurale sono consentiti esclusivamente gli interventi funzionali all’attività delle aziende agricole; solo quando si dimostri l’impossibilità di localizzarle nel territorio urbanizzato, è possibile collocarvi indispensabili opere pubbliche o di pubblica utilità con l’obbligo alla conferenza regionale di copianificazione. Questa è la più radicale disposizione tra le leggi regionali.
Sono previste anche azioni positive a favore del suolo come la desigillazione e rinaturalizzazione, in allineamento che le ultime disposizioni europee: l’Osservatorio sarà utile a stabilire strategie mirate e spazializzate di tutela del suolo.
Nel territorio urbanizzato gli interventi consentiti, fatto salva la conservazione dei centri storici, sono classificati come densificazione e riconfigurazione che bisogna intendere come parole sintesi di una molteplicità di trasformazioni a carattere edilizio ed urbanistico secondo i diversi tessuti o morfologie. Qui si dovrà sviluppare la strategia di contrasto ai cambiamenti climatici e ai rischi naturali all’interno della quale si prevedono varie azioni.
Nella legge risulta accolta in maniera esauriente l’infrastrutturazione verde nei suoi diversi aspetti di gestione delle acque meteoriche e di fornitura di servizi ecosistemici. Le questioni energetiche hanno uno spettro altrettanto vasto in un campo di esperienze e conoscenze attivo ed in espansione.
La sostenibilità urbanistica ed ambientale è affidata ai piani di area vasta sottintendendo la possibilità di redistribuzione insediativa di cui si parla da alcuni decenni specialmente in funzione del rischio vulcanico (e nell’attualità quello bradisismico) ma su cui non si è riusciti finora ad incidere. La novità è lo slittamento dei parametri di valutazione da quelli quantitativi demografici a quelli qualitativi ambientali con un ruolo preminente della VAS.
Il rafforzamento della partecipazione è segnato dalla sottolineatura del suo carattere processuale. L’introduzione di questo cambiamento si apprezza conoscendo il carattere episodico e formalistico con cui sono state finora tenute la gran parte delle consultazioni. Sembra importante che sia stata accolta la richiesta di una sorta di procedimento parallelo con l’assicurazione che questi scambi influenzino le scelte di piano.
I piani ai livelli sovracomunali
Nel rapporto tra i livelli di pianificazione è introdotto il principio di coerenza in sostituzione di quello di conformità. A città metropolitana e province viene delegata la responsabilità della Vas, privilegio di cui precedentemente avevano goduto solo i comuni, ed altrettanto avviene per la valutazione d’incidenza.
La regione istituzionalizza, all’art. 33 quinquies i Masterplan col nome di Piani integrati di Valorizzazione Territoriale. Finora i PTCP avevano trovato una centralità la cui efficacia era riconosciuta nelle tematiche ambientali la cui scala facilmente travalica i confini comunali. Ribadita questa competenza sulle connessioni tra le aree naturali protette, si introduce una preoccupazione sulle tensioni abitative, una problematica sparita da lungo tempo dai documenti ufficiali ma che fa sentire adesso una pressione generata dalle condizioni economiche e dai cambiante sociali con una forte riarticolazione della domanda.
Per il PTM è sottolineato il carattere strategico connesso alle indicazioni del PTR. Le zone omogenee sono viste con lo strumento di decentramento dei servizi e di riqualificazione dei comuni di cintura. Si prevede la competenza della città metropolitana nella pianificazione delle aree produttive, terziarie e turistiche, oltre che nelle attrezzature e infrastrutture di interesse metropolitano.
Con il monitoraggio delle zone di crisi, degli edifici dismessi, delle aree abbandonate, gli è assegnato un ruolo di promozione della rigenerazione urbana. In questo modo, assume un ruolo preminente rispetto alla Province, perlomeno nel campo del governo del territorio. Stimolo alla pianificazione in forma associata viene dalla possibilità di utilizzare il PTM come piano intercomunale strutturale da dettagliare ed integrare con il Regolamento Urbanistico Edilizio.
La forma del piano comunale
La zonizzazione del territorio comunale è affidata al Piano strutturale il quale, accompagnato dal RUE, è lo strumento obbligatorio, mentre al piano operativo si potrà ricorrere solo quando ritenuto necessario dal comune. Lavorando sulla linea della semplificazione amministrativa, anche la Campania approda al cosiddetto “piano unico”. Questa soluzione dovrebbe accelerare i procedimenti comunali perché si è notato che le maggiori difficoltà per giungere a soluzioni condivise hanno riguardato l’elaborazione della componente programmatica.
Il PS, in sinergia con il RUE nel quale si trovano le sue NTA, da un lato provvede alla tutela dei beni naturali e culturali, dall’altro guida la rigenerazione anche minuta ed a carattere edilizio dei tessuti urbani. A questo scopo deve definire gli interventi ammissibili per ciascuna zona all’interno della cornice della LR la quale definisce le grandi famiglie per il territorio urbanizzato e non.
In questi termini, lo schema del progetto urbanistico è abbastanza semplice nelle sue linee generali ed utile per guidare gli strumenti dei piccoli comuni che non intendono associarsi. Nella grande maggioranza si avranno piani a dimensionamento di crescita zero, senza aumento di popolazione e famiglie: la previsione di standard dovrà soddisfare il fabbisogno pregresso.
Lo stimolo alla rigenerazione avviene con l’incentivazione volumetrica ormai usuale del 20% per gli ampliamenti, del 35% per le sostituzioni edilizie e il cambio di destinazione d’uso a parità di volume con 30% di social housing, fatte salve le zone dove si intende proibire queste densificazioni. Se non tutti, certamente alcune delle densificazioni avranno l’effetto di un aumento del patrimonio abitativo che dovrà comportare gli standard corrispondenti.
Il nuovo Regolamento urbanistico edilizio dovrà recepire la proposta di Regolamento nazionale con la rielaborazione regionale; contenere le NTA del PS, stabilendo per ciascun ambito territoriale la disciplina sugli usi e le trasformazioni ammissibili; le modalità di attuazione delle norme di zona. Dovrà affrontare il problema del patrimonio edilizio allo stato di rudere, abbandonato o sottoutilizzato come anche delle regole di valorizzazione e ampliamento della città pubblica. Individua e definisce: i piani attuativi, gli obiettivi di qualità, gli incentivi, le premialità; gli obiettivi di qualità energetica, sismica, ambientale; le quote di ERS; le condizioni per l’uso temporaneo; le parti sottoporre a PO.
Al Programma Operativo si sarebbe dovuto ricorrere solamente in casi di espansione urbana ma è emersa necessità di una logica di sistema in operazioni di rigenerazione più complesse con la constatazione che uno e ancor di più interventi areali devono interagire con reti generali che nelle città in transizioni non si possono limitare a semplici sottoservizi.
All’inizio si era anche richiamato il Piano programmatico per il PNRR introdotto con la LR 13/2022 che veniva presentato come un tipo di PO e che continua ad essere una sua possibile interpretazione. Per lavorare sul suo sviluppo si può invocare un metodo strategico per la gestione degli investimenti pubblici provenienti dall’alto con una territorializzazione dal basso per ottenere benefici sia in termini di coerenza che in attivazione del partenariato pubblico-privato.
Con le dotazioni territoriali urbanistiche abbiamo l’ampliamento degli standard alle infrastrutture verdi e, in generale, alla qualità ambientale, puntando sulla dimensione prestazionale delle forniture come l’accessibilità o i servizi ecosistemici. Per incidere sulla cronica debolezza dei comuni per l’attuazione degli standard c’è il coinvolgimento dei privati con interventi in convenzione o alla decadenza dei vincoli espropriativi. La monetizzazione può essere usata anche per la manutenzione dei servizi pubblici.
La fase transitoria e i compiti più immediati
Nelle norme transitorie si consente di continuare con la vecchia procedura fino all’approvazione del regolamento attuativo di questa legge a cui è demandata una lista molto cospicua di compiti che vanno ad innovare i comportamenti della pubblica amministrazione, come la verifica di coerenza tra i piani di diverso livello in luogo della conformità, gli accordi ed intese tra pubbliche amministrazioni, le procedure di formazione ed approvazione dei piani di nuova istituzione e della VAS, oltre che la vigilanza sull’attività urbanistica e edilizia.
Numerosi sono gli indicatori che vanno individuati, a partire da quelli che devono misurare l’impatto ambientale delle scelte di piano. Ci sono poi obiettivi di qualità, i parametri urbanistici, densità edilizie massime e minime, i criteri per le dotazioni urbanistiche territoriali, l’obbligo per i parchi urbani. Al regolamento è completamente demandata la creazione dell’Osservatorio i cui compiti daranno un chiaro indirizzo alla strategia regionale sul suolo.