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La nuova legge per il governo del territorio della Regione Siciliana, lo stato di attuazione
di Giuseppe Trombino - presidente INU Sicilia

La nuova legge per il governo del territorio della Regione Siciliana, lo stato di attuazione

Le norme limitano il consumo di suolo e puntano sulla rigenerazione urbana, dei centri storici e delle aree dismesse ma non mancano le criticità

Vedi Aggiornamento del 14/05/2025
La nuova legge per il governo del territorio della Regione Siciliana - Foto: aapsky 123rf.com
La nuova legge per il governo del territorio della Regione Siciliana - Foto: aapsky 123rf.com
di Giuseppe Trombino - presidente INU Sicilia
Vedi Aggiornamento del 14/05/2025
edilportale+
10/07/2024 - A quasi quattro anni dalla emanazione delle nuove Norme per il Governo del territorio, approvate dalla Assemblea Regionale Siciliana con LR 19 del 13 agosto 2020, è possibile ed opportuno tracciare un primo, certo ancora parziale, bilancio sulla loro applicazione.
 
Una prima considerazione può farsi in merito all’interesse con il quale gli enti locali hanno accolto le innovazioni contenute nella nuova legge in merito agli strumenti di pianificazione comunale. Intanto perché il nuovo strumento di pianificazione locale, definito Piano Urbanistico Generale, si discosta significativamente dal precedente Piano Regolatore Generale, sia nei contenuti ma soprattutto nelle procedure approvative e questo ha fatto immaginare che i tempi di formazione dei nuovi piani potessero essere drasticamente contratti rispetto ai tempi biblici di formazione di un PRG (mediamente stimati in un recente studio di INU Sicilia, pubblicato nella collana di INUEdizioni, in più di dieci anni!).
 
In effetti, l’introduzione della conferenza di pianificazione e la devoluzione ai Comuni della competenza sulla approvazione dei PUG, sin qui assegnata alla Regione, sono elementi potenzialmente in grado di contrarre significativamente i tempi di approvazione dei piani. Per questo molti comuni, già all’indomani della approvazione della legge, hanno deciso di interrompere le defatiganti procedure intraprese, spesso da molti anni, per la formazione di un PRG e in molti casi arenate nelle secche degli infiniti passaggi tra la burocrazia comunale e regionale, e di avviare invece la formazione di un PUG. Lo hanno fatto, ad oggi, circa un terzo dei 391 comuni siciliani, anche incoraggiati dalla possibilità di fruire di un sostegno finanziario da parte della Regione.
 
L’aspetto relativo ai costi della nuova pianificazione si è rivelato infatti determinante sulla possibilità di applicazione delle nuove disposizioni da parte dei Comuni. La legge prevede che la progettazione del PUG debba essere necessariamente preceduta dalla redazione di complessi studi conoscitivi, che riguardano la geologia, la analisi agricolo-forestale, la compatibilità idraulica, la demografia e l’economia ed infine la archeologia. A questi vanno poi aggiunti il Rapporto ambientale della Vas e lo Studio di incidenza ambientale nel caso di aree di Rete Natura 2000.
 
Si tratta di sette differenti studi, che implicano il coinvolgimento di altrettante e differenti competenze professionali specialistiche che, se da un lato costituiscono la garanzia che il progetto urbanistico sia redatto nel rispetto dei principi di tutela delle risorse territoriali e di sostenibilità ambientale delle scelte di pianificazione, dall’altra però determinano un significativo aumento dei costi di redazione dei Piani, che i comuni hanno difficoltà a sostenere.
 
Con questa consapevolezza il Dipartimento regionale dell’Urbanistica ha già emanato tre diversi bandi per garantire un sostegno economico ai Comuni ed un quarto appena qualche giorno fa. Le somme sin qui impegnate però si sono dimostrate largamente al di sotto dei fabbisogni finanziari. La questione dei costi della pianificazione si sta rivelando oggi uno degli ostacoli più rilevanti per una piena applicazione delle norme a livello comunale.
 
Il dato di soli cinque comuni che in questi anni sono riusciti a pervenire alla formazione del Documento preliminare di PUG, strumento intermedio avente il valore di un abbozzo di piano, sia pure immediatamente applicabile in alcune limitate sue parti, descrive in maniera eloquente la situazione regionale. Se a questo si aggiunge che uno solo di questi cinque Comuni è sinora riuscito a concludere la conferenza di pianificazione propedeutica alla approvazione del Documento preliminare del PUG, si ha un quadro preciso del perchè si vanno sempre più riducendo le speranze che i tempi dei nuovi procedimenti urbanistici possano essere significativamente ridotti rispetto a quelli dei PRG.
 
In particolare, le preoccupazioni maggiori riguardano, oltre ai costi, dei quali si è già detto, il funzionamento delle conferenze di pianificazione. A queste la legge regionale di riforma assegna un ruolo fondamentale nel percorso di formazione del piano. La conferenza dovrebbe infatti consentire di acquisire, in uno/due mesi, tutti i pareri necessari per l’avanzamento del piano mettendo attorno ad un tavolo tutti i soggetti istituzionali coinvolti.
 
Era facile immaginare che ci sarebbero state resistenze, dal momento che i vari soggetti istituzionali abilitati al rilascio dei pareri propedeutici sui PRG hanno sinora impiegato tempi spesso di anni, ben superiori ai sessanta giorni di una conferenza. Ed infatti, puntualmente, alcuni dei soggetti istituzionali, hanno emanato disposizioni che finiscono per vanificare l’efficacia della conferenza.
 
Oltre alla Autorità ambientale che per la fase di VAS ha previsto una procedura extra conferenza, che dilata di molto i tempi del rilascio del parere sulla VAS dei Piani, è l’Autorità di Bacino ad avere introdotto procedure di preverifica assai complesse e impegnative, da espletare obbligatoriamente al di fuori della conferenza e prima della sua indizione.
 
Situazione non dissimile da quella sin qui descritta con riferimento alla pianificazione comunale è quella che riguarda gli altri livelli di pianificazione previsti dalla nuova legge, che dovrebbero vedere protagonisti gli enti intermedi, rappresentati in Sicilia dai Liberi Consorzi Comunali e dalle tre Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, e, a livello apicale, la Regione.
 
Il condizionale descrive già chiaramente la situazione attuale. Nessuna iniziativa di pianificazione, neppure preliminare, è stata sinora assunta dagli enti intermedi, che stentano ancora ad assumere una chiara identità, sospesi tra la precedente legislazione che assegnava loro, come Province regionali, circoscritti ma reali poteri di intervento limitatamente ad alcune materie e la recente riforma degli Enti intermedi, rimasta inapplicata, che vorrebbe farne organismi di coordinamento degli enti locali comunali.
 
Migliore la situazione della pianificazione regionale che la legge affida ad un complesso strumento di pianificazione, definito Piano Territoriale Regionale. La natura ed il contenuto di tale strumento erano stati definiti nella originaria LR 19/2020 in maniera assai più ampia rispetto alla versione finale, contenuta in una successiva legge che la Regione ha dovuto riapprovare nel 2021 a seguito della impugnativa da parte del Consiglio dei Ministri di molti articoli della legge originaria, ritenuti non conformi al dettato costituzionale, ed alla successiva decisione della Corte Costituzionale, che ha condiviso le censure del Governo.
 
Tra le norme impugnate ed espunte dal testo definitivo della legge le più importanti sono proprio le disposizioni riguardanti il PTR. La Regione, infatti, aveva ritenuto di assegnare al PTR una valenza generale, assorbente di tutte le altre pianificazioni settoriali, compresa quella paesaggistica. Per tale ragione il PTR veniva definito come “Piano Unico”.
 
Questa impostazione è stata ritenuta, con motivazioni per la verità non del tutto condivisibili, contrastante con i limiti che la costituzione assegna alle Regioni, anche a Statuto speciale come la Sicilia. Secondo tale visione la competenza per la formazione dei Piani paesaggistici sarebbe di esclusiva competenza statale e dunque la loro integrazione in strumenti di pianificazione riguardanti il territorio e l’ambiente lederebbe il principio costituzionale della preminenza della tutela paesaggistica su quella ambientale.
 
A nulla sono valse le linee difensive della Regione che ha richiamato la possibilità, sancita dallo stesso Codice dei Beni culturali del 2001, di assegnare valenza territoriale alla pianificazione paesaggistica e la espressa delega da parte del Ministero delle competenze per la formazione dei Piani paesaggistici alle Soprintendenze regionali. 
 
Secondo la versione definitiva della legge, il PTR si affianca dunque, con ruoli ben distinti e separati, al Piano Paesaggistico regionale, e riguarda esclusivamente i temi della gestione del territorio traguardato sotto il profilo ambientale e socioeconomico.
 
Pur rallentata dalle vicende sin qui richiamate, che hanno di fatto posticipato di più di un anno la operatività della legge relativamente alla pianificazione regionale, la Regione, attraverso il Dipartimento dell’Urbanistica, si è comunque mossa, dando avvio alla formazione del Piano. Ad oggi risulta già approvato dalla Giunta di Governo regionale un primo documento che traccia, in maniera molto generale, le linee guida per la redazione del Piano e definisce i principi che devono ispirare la attività di pianificazione.
 
Per la redazione del Piano, che prevede una prima tappa intermedia, la Regione ha ritenuto di avvalersi delle competenze delle quattro Università dell’Isola, stipulando apposite e distinte convenzioni in relazione alle diverse tematiche da approfondire e, per quanto riguarda la materiale redazione del Piano, di avvalersi del supporto di una Società di Ingegneria, selezionata a seguito di bando pubblico.
 
I lavori per la redazione del preliminare di Piano, che risultano assai complessi, sono oggi in corso. A ben guardare, in definitiva, la parte della nuova legge urbanistica siciliana che oggi ha più contribuito a segnare un cambiamento di rotta della attività edilizia ed urbanistica nella Regione è quella nella quale vengono definiti i principi che devono definire l’azione di governo sia a scala regionale che locale.
 
Sono principi, variamente ed approfonditamente declinati, che chiudono una pagina di storia urbanistica nella Regione che ha visto il prevalere di interessi privatistici legati alla speculazione fondiaria, l’affermarsi su vasta scala di fenomeni di abusivismo edilizio, di espansione incontrollata inseguendo un fabbisogno edilizio di seconde, terze e quarte case che hanno fatto venir meno risorse territoriali fondamentali per l’economia e lo sviluppo civile e culturale del popolo siciliano.
 
Le nuove norme limitano in maniera drastica il consumo di nuovo suolo e individuano nella rigenerazione urbana, dei centri storici e delle tante aree dismesse lo strumento cardine della pianificazione urbanistica dei prossimi anni.
 
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