Salva Casa, i tecnici comunali spiegano cosa sapere prima di presentare le domande
Intervista a Salvatore Di Bacco, Unitel su: silenzio-assenso, definizione di parziale difformità e di variazione essenziale, procedimenti di regolarizzazione, coordinamento con le leggi regionali
Abbiamo chiesto a Salvatore Di Bacco, Responsabile dell’Area Edilizia e Urbanistica del Comune di Raiano (AQ) e Coordinatore del Comitato Scientifico dell’Unione Nazionale Italiana Tecnici Enti Locali (UNITEL), di indicarci le innovazioni più rilevanti del Salva Casa e le implicazioni per proprietari e progettisti.
Qual è la novità più dirompente del Salva Casa?
Le diverse sanatorie/tolleranze esplicite o implicite, e deroghe varie, inserite in modifica o in aggiunta all’attuale Testo Unico dell’Edilizia, sono tutte dirompenti. Si contano addirittura 13 nuove procedure amministrative e tutte hanno una valenza di rilievo sulla regolarizzazione delle difformità edilizie sulla maggior parte degli immobili italiani.
Di seguito l’elenco aggiornato:
- Accertamento di conformità dell’art. 36 bis relativo ad interventi eseguiti in variazioni essenziali e parziali difformità;
- Accertamento di conformità dell’art. 36 relativo ad interventi eseguiti in assenza di titolo e totale difformità;
- Interventi eseguiti in assenza o in difformità della Scia di cui all’art. 37;
- Le tolleranze costruttive post 24 maggio 2024 di cui all’art. 34 bis comma 1;
- Le tolleranze costruttive ed esecutive ante 24 maggio 2024 di cui all’art. 34 bis comma 1 bis;
- Le tolleranze esecutive post 24 maggio 2024 di cui all’art. 34 bis comma 2 bis;
- L’Agibilità sanante temporanea alle norme igienico-sanitarie di cui all’art. 24 comma 5 bis e seguenti;
- La deroga sul recupero dei sottotetti in tema di distanze prevista dall’art. 2 bis comma 1 quater;
- Le deroghe sullo stato legittimo degli immobili condominiali di cui all’art. 9 bis comma 1 ter;
- L’utilizzo dell’ultimo titolo abilitativo rilasciato o assentito in alternativa al titolo originario che ha previsto la costruzione al fine di tutelare il legittimo affidamento;
- Le varianti in corso d’opera ante 1977 su interventi eseguiti in parziale difformità di cui all’art. 34 ter comma 1;
- L’Agibilità sanante in tolleranza degli interventi eseguiti in parziali difformità, rilasciata a seguito di ispezione dei funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, sempre a tutela del legittimo affidamento di cui all’art. 34 ter comma 4;
- Inserimento nello stato legittimo di tutte le fiscalizzazioni previste dall’art. 9 bis comma 1 bis.
Ci sono aspetti sui quali i Comuni hanno dubbi? Se sì, quali?
I dubbi sono davvero tanti e le criticità che si troveranno ad affrontare i responsabili degli Sportelli Unici dell’Edilizia nell’applicazione dei tanti procedimenti che ho sopra elencato porteranno ad aumentare i tempi di attesa delle istruttorie previste ex lege, anche alla luce delle croniche carenze del personale degli uffici tecnici comunali.
Di seguito ne riporto alcuni, derivanti dalla prima applicazione del Salva Casa:
1. Silenzio assenso. Il cambio di paradigma dal silenzio rifiuto delle istanze di sanatoria (oggi in vigore non dimentichiamocelo), al silenzio assenso previsto dal decreto può instaurare una nuova forma di provvedimento implicito con probabili profili condonatori, dovuti all’impossibilità del rispetto da parte degli uffici tecnici comunali, dei nuovi termini prescrittivi per l’esame delle istanze di cui all’art. 36 bis di nuova formulazione. C’è un notevole rischio di una molteplicità di titoli “FORMATISI”, dopo 45 giorni per il PDC e 30 per la SCIA di carattere non provvedimentale che potrebbe portare paradossalmente ad un aumento del contenzioso giudiziario, con rilievi, in alcuni casi anche penali. È necessaria una rimodulazione della tipologia del silenzio assenso in analogia a quanto oggi già previsto dalle norme.
2. Raccordo del nuovo decreto su tutti i procedimenti in sanatoria previsti nel corpus normativo del Testo Unico dell’Edilizia, proprio alla luce delle modifiche di estrema rilevanza determinate dal decreto. In linea generale è necessario un maggior raccordo della nuova disciplina con i restanti titoli (cila, scia e pdc in sanatoria) evidenziando quali sono i perimetri di applicazione della parziale difformità e delle variazioni essenziali in rapporto al quadro delle tante sanatorie previste all’interno del Testo Unico dell’Edilizia, ed anche in rapporto con le tolleranze costruttive ed esecutive. Ad esempio, inserire all’interno del nuovo art. 36 bis, un “fatto salvo le preventive verifiche sulle tolleranze o sulla possibilità di attivare prioritariamente la cila tardiva o in sanatoria dell’art. 6 bis. Infatti, molti interventi in parziale difformità potrebbero facilmente essere gestiti con le attuali CILA tardive dell’art. 6 bis, o delle scia art. 37, senza necessariamente ricorrere all’ausilio del nuovo art. 36 bis che, se non raccordato con quanto detto sopra, vanificherebbe gran parte delle finalità indicate dal decreto consentendo una differente applicazione sulle procedure e sui costi delle sanzioni da sostenere.
3. Priorità assoluta è la definizione della Parziale Difformità e delle Variazioni Essenziali su cui si basa l’intero decreto, definizione che non può prescindere dalle articolazioni delle varie definizioni delle leggi regionali dotate della potestà legislativa concorrente dell’art. 117 della costituzione. Oggi non esiste all’interno del Testo Unico dell’Edilizia tale definizione se non qualche accenno sulla relazione accompagnatoria al decreto che stiamo analizzando. Tali definizioni di patologia edilizia devono avere la loro unità nazionale anche alla luce dell’urgenza sottolineata dal decreto ed è necessario che tali definizioni siano applicate in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale e non nelle variegate definizioni della legislazione regionale. È necessario evitare disparità di trattamento differenziato che potrebbe raggiungere addirittura limiti notevolmente differenti tra le stesse Regioni.
Proposte:
- Vista l’importanza della tipologia di sanatoria aggiunta con l’art. 36 bis, dedicata esclusivamente a tale fattispecie, è necessario ed urgente definirla e renderla omogenea sull’intero territorio nazionale, senza operare nessun rinvio alle norme regionali.
- Le norme regionali in questi anni hanno operato in modo molto variegato, portando ad una non coerente applicazione della definizione di parziale difformità, su tutto il territorio nazionale.
- Rimettere alla potestà legislativa concorrente delle Regioni la definizione di una tipologia di estrema rilevanza nel panorama delle patologie edilizie può portare ad una frammentazione del tessuto edilizio, economico-sociale dell’intera nazione.
- È indispensabile che il decreto, proprio perché nasce con l’urgenza di soddisfare le esigenze abitative primarie dei cittadini italiani, detti linee prescrittive, con caratteristiche di unità e di omogeneità applicative su tutto il territorio nazionale.
- Alcuni esempi di questi ultimi anni hanno portato ad evidenziare come in alcune Regioni si possa ad esempio arrivare a delineare una parziale difformità addirittura considerando ampliamenti volumetrici fino al 20% dell’esistente.
- È necessario che le definizioni di variazione essenziale e parziale difformità siano uguali su tutto il territorio nazionale. Non si possono creare sanatorie differenziate regione per regione.
- Si fa presente che alcune delle regioni italiane non hanno ancora legiferato sulle parziali difformità o addirittura qualche regione, ad esempio L’Abruzzo, ha abrogato la precedente normativa (L.R. 52 del 1989) che conteneva tale definizione rendendo paradossalmente inapplicabile il decreto “salva casa”.
- Ad onore del vero la relazione illustrativa accompagnatoria al decreto, nelle identificazioni delle mere irregolarità, afferma che le parziali difformità (articoli 34 e 37 del TUE) sono comprese tra i limiti delle tolleranze costruttive (articolo 34-bis) e i limiti delle variazioni essenziali (che sono definiti dalla legislazione regionale).
4. Disciplina Urbanistica e prescrizioni tecniche della disciplina edilizia. Il confine tra le due discipline è molto labile e non ben perimetrato, con rischio di sconfinamenti nell’una e nell’altra. Di difficile definizione risulta la ‘disciplina urbanistica’ che potrebbe ricomprendere tutti gli strumenti pianificatori sovraordinati, territoriali, settoriali, di ogni livello e i piani regolatori comunali ma anche le norme sull’attività costruttiva. Infatti, la legge fondamentale urbanistica la 1150/1942 è assorbente anche dell’attività edilizia e ne fa espresso riferimento. Risulta necessario chiarire il significato delle due discipline affinché tutti gli attori coinvolti nei procedimenti di sanatoria siano in grado di definirne i percorsi amministrativi e tecnici.
5. Titoli abilitativi. È necessario chiarire cosa si intende per titoli abilitativi e assentiti all’interno del corpus normativo del T.U. Se tali titoli devono essere considerati solo quelli provvedimentali espressi ovvero anche quelli depositati (vedasi Scia pdc, Scia, Cila, Cilas, o quelli aggiunti con la nuova formulazione dello stato legittimo dell’art. 9 bis comma 1 formatisi senza provvedimento con il pagamento delle sanzioni pecuniarie. Esempio su tutti la fiscalizzazione edilizia).
6. Stato legittimo. La nuova formulazione dell’art. 9 bis comma 1 bis propone l’alternatività della dimostrazione dello stato legittimo, prevedendo la sostituzione della “e” in “o” con evidente cambio radicale del concetto di legittimità. Tale soluzione, indica che lo stato legittimo è formato solo dal titolo che ne ha originato la costruzione escludendo i successivi, mentre dall’altro lato “trapela” la possibilità che lo stato legittimo sia costituito dall’ultimo intervento edilizio rilasciato a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. Ma in che modo l’attuale istruttore dovrà valutare tale legittimità dei titoli pregressi? Dovrà cercare nei meandri dei vecchi fascicoli una sommaria relazione sinottica da dove si evince una analitica verifica di legittimità, o il semplice rilascio di un provvedimento autorizzativo porta ed implica implicitamente la legittimità. Voglio ricordarvi che spesso all’interno dei vecchi fascicoli non si trova nessuna relazione da parte dell’amministrazione competente. Quindi dovrà essere effettuata una adeguata istruttoria non solo di natura urbanistica/edilizia ma anche relativa ad altre amministrazioni competenti allora ad esprimersi o a rilasciare atti di assenso comunque denominati.
Elementi sui quali porre attenzione:
- Rischio di legittimazione di sanatorie “pesanti” diverse dalle parziali difformità, le quali possono riferirsi a tempi remoti e che potranno emergere nell’ambito dell’attività di ricerca del “procedimento idoneo alla verifica dell’esistenza del titolo che ne ha originato la costruzione”.
- L’ultimo titolo abilitativo rilasciato potrebbe rendere legittimo l’affidamento del privato nei casi in cui gli uffici tecnici comunali abbiano, nel passato, “espressamente accertato” parziali difformità, (così come indicato nella relazione di accompagnamento al decreto, ma tale tipologia di difformità non è indicata nella norma!) rispetto al titolo edilizio, ma non le abbiano considerate rilevanti (non procedendo alla contestazione dell’abuso).
- Pertanto, gli uffici tecnici, in sede di accertamento dello stato legittimo odierno, potrebbero trovarsi nella imbarazzante situazione di non poter contestare una difformità che nel procedimento dell’ultimo titolo abilitativo non sia stata analizzata, nè sia emersa durante l’istruttoria, con conseguente rilascio di un provvedimento favorevole al privato contenente le difformità realizzate. E tutto ciò senza aver versato oblazioni o sanzioni pecuniarie.
- Come si fa a comprendere quali erano le parziali difformità all’epoca del rilascio del titolo abilitativo che ha legittimato l’intera unità immobiliare se ancora oggi la legislazione vigente ancora non è in grado di definire con univocità la ‘parziale difformità’?
- Inoltre, potrebbe essere sanato un intervento che necessitava di una analisi strutturale o di adeguamenti alle normative tecniche di settore, senza le eventuali autorizzazioni di altri enti preposti al rilascio. Si aprono in tal caso scenari che devono essere adeguatamente valutati.
- Sarebbe necessario chiarire, se, quando si parla di titoli abilitativi, ci si riferisca solo ad autorizzazioni espresse, ad esempio Permessi, Concessioni, Licenze, Autorizzazioni oppure a Comunicazioni, Dia o Scia, Dia o Scia alternative al PDC, Cila, Cilas, opere interne ex art. 26 L. 47/1985, etc. o ad altre forme di assenso come quelle previste dagli artt. 33, 34, 37 e 38 ed in particolare alle norme sulla fiscalizzazione degli abusi (provvedimenti non espressamente rilasciati). Tale precisazione risulta indispensabile per ricostruire lo stato legittimo degli immobili, al fine della creazione del fascicolo del fabbricato (previsto dalla bozza del nuovo testo unico delle costruzioni), della verifica di conformità edilizia/urbanistica e non ultimo dalla verifica di quanto indicato dall’art. 46 comma 1, art. 49 comma 1del T.U. dell’edilizia.
- Si segnala che, al fine di individuare lo stato legittimo, la Scia alternativa al PDC non è citata nell’art. 9 bis, considerando che con la predetta è possibile addirittura realizzare interventi rilevanti di nuova costruzione o ristrutturazione pesante così come disciplinato dall’art. 23 comma 1 lettera a), b) e c).
- Altro esempio: al fine di individuare lo stato legittimo, la CILA non è citata nell’art. 9 bis, considerando che con la predetta è possibile addirittura realizzare interventi rilevanti con notevole aumento di carico urbanistico, di frazionamento e accorpamento di unità immobiliari di estrema importanza al fine di comprendere l’elenco degli interventi effettuati sull’immobile. Si evidenzia, a conferma di ciò, che nella casella 1.1 delle dichiarazioni del progettista in asseverazione allegato al modello unico nazionale della Cila vengono elencate una serie di tipologie di intervento soggette alla procedura.
7. Subordinazione e condizionamento. Si prevede - al comma 2 del nuovo articolo 36-bis - che in sede di esame delle richieste di permesso a costruire, lo Sportello unico edilizia possa condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi necessari ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, superamento delle barriere architettoniche e ordinare la rimozione delle opere che non possono essere sanate. A tal fine, lo Sportello unico edilizia individua tra gli interventi citati le misure da prescrivere, le quali costituiscono condizioni per la formazione del titolo. Nel primo periodo, quindi, il legislatore prevede una “subordinazione” alla preventiva attuazione degli interventi di cui al secondo periodo, mentre nel secondo periodo il legislatore interviene utilizzando una sorta di condizionamento del permesso all’effettuazione di adeguamento alle normative tecniche di settore ed in particolare quelle strutturali. È necessario chiarire se gli interventi devono essere realizzati prima del rilascio del PDC o SCIA, con condizioni e prescrizioni di adeguamento postumo o devono essere effettuati prima del rilascio del PDC e dell’efficacia della Scia.
Tutto ciò rischia di portare all’aumento dei contenziosi nelle sedi amministrative, giudiziarie, fiscali e penali che creeranno ancora di più situazioni di instabilità dell’intero sistema dell’indotto dell’edilizia, a partire dalle banche che, al fine della concessione dei mutui, chiederanno l’agibilità o l’elenco dei titoli abilitativi, al fine della loro verifica di conformità; le criticità potrebbero poi riguardare i rogiti, in quanto i notai, prima di ogni atto di compravendita, chiederanno ad esempio attestazioni dei titoli formatisi per silenzio assenso.
E il personale degli uffici tecnici, prima di rilasciare tale attestazione, verificherà la legittimità di ciò che è stato presentato, ed in alcuni casi emergerà una non conformità con conseguenze di eventuali annullamenti in autotutela per dichiarazioni false da parte dei proprietari e dei professionisti incaricati (è noto, infatti, che il limite temporale dei dodici mesi per l’annullamento d’ufficio non vale laddove vi sia stata una falsa rappresentazione della realtà da parte del privato). I funzionari comunali, nel rispetto della normativa vigente, dovranno effettuare le comunicazioni alla procura e agli ordini professionali.
Le conseguenze, in alcuni casi, potrebbero tornare a svantaggio degli stessi proprietari, ove dovesse emergere che la pratica in sanatoria non poteva essere rilasciata, con possibilità di annullamento in autotutela da parte del comune nei termini prescritti, o da parte della regione.
Da non sottovalutare, inoltre, le eventuali denunce penali, in caso di dichiarazione falsa o mendace, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al DPR 445/2000.
Nei casi di compravendita immobiliare già effettuate, si potrebbe rendere nullo lo stesso atto, con conseguenze di risarcimento danni a catena.
Paradossalmente potrebbe vanificarsi se non peggiorare l’obiettivo indicato dal legislatore del Decreto Salva Casa, cioè: “lo sblocco di tutte quelle situazioni che paralizzavano gli atti di compravendita a causa di irregolarità formali e a tutelare anche l’affidamento dei proprietari che, avendo legittimamente acquistato immobili in assenza di irregolarità risultanti da atti pubblici, si trovano nell’impossibilità di alienarli in forza della normativa sopravvenuta”.
Chi ha una domanda di sanatoria già presentata, può passare alla nuova procedura semplificata? Se sì, cosa deve fare?
Può semplicemente adeguarsi ad oggi con i nuovi procedimenti ivi previsti ripresentando il Permesso di costruire o la Scia a seconda delle difformità da sanarsi, chiedendo o l’annullamento di ciò che è stato presentato prima della pubblicazione del decreto o la rinuncia al proseguimento dell’iter procedimentale.
I Comuni sono pronti ad accogliere le domande secondo le nuove procedure?
La maggior parte dei Comuni deve ancora attivarsi per affrontare le innumerevoli novità legislative. Inoltre, le Regioni dovranno attivarsi per la definizione e l’aggiornamento delle proprie normative necessarie e indispensabili per la completa attuazione del Salva Casa. Ad oggi solo l’Emilia Romagna ha emanato una circolare provvisoria di prima attuazione indirizzata ai comuni. Il ruolo delle Regioni diventa prioritario alla luce della potestà legislativa concorrente in capo alle stesse ai sensi dell’art. 117 della costituzione.
Ed è urgente armonizzare le patologie edilizie delle variazioni essenziali e delle parziali difformità sia per le procedure dell’accertamento di conformità sia la regolarizzazione delle varianti ante 77. Negli ultimi anni la Corte Costituzionale è intervenuta su come alcune regioni hanno perimetrato tali definizioni ed in alcuni casi è stata dichiarata l’incostituzionalità per aver applicato parametri molto estensivi.
In questo quadro differenziato si rende necessario omogeneizzare con criteri puntuali ed univoci tali definizioni affinché tutti gli operatori del settore abbiano chiaro quali siano i parametri da utilizzare per i vari procedimenti.