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È un abuso edilizio? Occhio alla data dei lavori e alla localizzazione dell’edificio

È un abuso edilizio? Occhio alla data dei lavori e alla localizzazione dell’edificio

Il Tar Puglia spiega chi deve dimostrare l’epoca di costruzione e cosa si intende per centro abitato

Abusi edilizi: whitcomberd 123RF.com
Abusi edilizi: whitcomberd 123RF.com
di Paola Mammarella
31/10/2024 - Gli edifici costruiti molti anni fa possono nascondere degli abusi edilizi. Per dimostrare la legittimità delle costruzioni è necessario provare l’epoca di realizzazione dei lavori e capire l’esatta localizzazione dell’immobile nel momento in cui è stato costruito.
 
Alle regole che possono portare a dichiarare la presenza di abusi edilizi o la legittimità dell’intervento, si sovrappone il Decreto Salva Casa. Il suo impatto sta modificando il panorama della giurisprudenza e le conseguenza di una sanatoria rigettata.
 

Abusi edilizi, il caso

Il caso è iniziato nel 2018, quando il proprietario di un fabbricato, situato in un comune della Puglia, ha chiesto l’accertamento di conformità per sanare alcune opere eseguite senza permessi: la sostituzione della copertura, il frazionamento e il cambio di destinazione d’uso.
 
Il Comune ha respinto la richiesta, contestando la presenza di abusi edilizi e chiedendo la loro demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi. Secondo il Comune, il fabbricato era stato realizzato senza permessi e presentava una serie di abusi edilizi. Il Comune ha provato l'abusività dell'immobile utilizzando una serie di documenti: la cartografia del 1964, il sopralluogo catastale del 1954, la mappa catastale d'impianto e lo stralcio di una cartografia del 1943.

Il proprietario ha presentato ricorso sostenendo che l’immobile non dovesse essere considerato abusivo data l’epoca della sua realizzazione.
 
Il proprietario ha affermato che il fabbricato non si trova in un centro abitato ed è stato realizzato prima del 1942, cioè prima dell’entrata in vigore della Legge urbanistica (L. 1150/1942) e delle modifiche a questa apportate con la Legge “Ponte” (L. 765/1967).
 
Ricordiamo infatti che la Legge urbanistica ha introdotto l’obbligo della licenza edilizia (oggi permesso di costruire) per gli interventi nei centri abitati e che la Legge “Ponte” ha esteso l’obbligo della licenza edilizia a tutto il territorio nazionale, senza distinzione tra centri abitati e zone diverse.
 
Facendo leva sull’epoca di realizzazione dell’edificio e sulle norme vigenti in quel periodo, il proprietario sosteneva che non ci fossero abusi edilizi. Tuttavia, il proprietario non ha smentito i documenti comunali, ma ha utilizzato una dichiarazione di parte e due perizie.
 
 

Abusi edilizi, chi deve provare l’epoca dei lavori

Il Tar Puglia, con la sentenza 1110/2024, ha respinto il ricorso del proprietario perché non è stato possibile dimostrare la data di realizzazione dei lavori e capire se si è in presenza di abusi edilizi.
 
I giudici hanno sottolineato che l’onere della prova grava sul proprietario perché solo egli può essere in possesso di documenti inconfutabili. Secondo il Tar, le prove devono inoltre essere certe e univoche, pertanto non possono essere prese in considerazione le autocertificazioni o le dichiarazioni fornite da terzi.
 
Le prove fornite dal proprietario non sono state considerate idonee a provare, in maniera quanto meno verosimile, l’epoca di realizzazione dell’opera.
 

Abusi edilizi, la corretta definizione di centro abitato

Il Tar ha spiegato che, per consolidata giurisprudenza, il centro abitato è un aggregato di case continue e vicine, anche distante dal centro urbano.
 
Per capire se un edificio è stato realizzato nel centro abitato non è quindi necessario reperire l’atto urbanistico di perimetrazione del centro abitato.
 
Dalle ortofoto dell’Istituto geografico militare degli anni Quaranta, utilizzate dal Comune per rilevare la presenza degli abusi edilizi, è emerso che il fabbricato era inserito in un aggregato di case.
 
I giudici hanno quindi confermato la presenza degli abusi edilizi.
 

Abusi edilizi, le chance del Salva Casa

Durante lo svolgimento del giudizio è entrato in vigore il Decreto Salva Casa e il proprietario ha chiesto una sospensione per ottenere il riesame del contenzioso alla luce della nuova normativa. Il Tar ha negato questa possibilità, che di solito viene concessa solo in casi eccezionali.
 
Bisogna infatti precisare che i contenziosi devono essere risolti sulla base delle norme vigenti all'epoca dei fatti, quindi non si può invocare l'avvento di norme più favorevoli. 

Ad ogni modo, in altri casi i giudici hanno mostrato delle aperture alle novità del Salva Casa. Lo scenario della giurisprudenza sta cambiando perché di recente il Consiglio di Stato ha considerato l’arrivo del Decreto Salva Casa una causa eccezionale che giustifica lo slittamento della sentenza.
 
Il Salva Casa è stato invocato perché consente di ottenere la sanatoria anche senza la doppia conformità e ha introdotto il silenzio assenso.
 
Secondo le conclusioni tratte dalle precedenti pronunce, al proprietario resterebbe quindi la possibilità di presentare una nuova richiesta di sanatoria, che questa volta potrebbe essere esaminata alla luce delle nuove regole e avere un esito diverso. L'esito potrebbe però essere nuovamente negativo.
 
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