28/04/2025 - Nel dibattito sulla transizione energetica, l’
idrogeno si sta affermando come una delle possibili soluzioni per perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione.
Ricordiamo che l’idrogeno non è una fonte primaria di energia (come il sole o il vento) ma un
vettore, ovvero può essere prodotto da diverse fonti e utilizzato per
immagazzinare, trasportare e restituire energia, a condizione che sia prodotto in modo pulito.
È il caso dell’
idrogeno verde, oggi considerato la forma più sostenibile.
Cos’è l’idrogeno verde
L’idrogeno verde si ottiene tramite
elettrolisi dell’acqua, un processo che separa idrogeno e ossigeno utilizzando
elettricità rinnovabile (solare, eolica, idroelettrica). A differenza di altre forme di idrogeno (grigio, blu),
non produce CO₂ né durante la produzione, né durante l’uso finale. Per questo è l’unico tipo riconosciuto come a
emissioni zero dalla tassonomia europea.
Ambiti di applicazione e vantaggi
L’idrogeno verde è ritenuto strategico in contesti ad alta intensità energetica, come:
- Industria pesante: acciaierie, cementifici, chimica di base;
- Trasporti: in particolare marittimo, ferroviario non elettrificato e mezzi pesanti;
- Accumulo di energia: come soluzione di stoccaggio stagionale per compensare l’intermittenza delle rinnovabili;
- Produzione di combustibili sintetici e fertilizzanti.
In questi settori, l’idrogeno verde può realmente contribuire a ridurre le emissioni, sostituendo i combustibili fossili con un vettore più pulito.
Costi dell’idrogeno verde
Nonostante il crescente interesse e le prospettive di sviluppo, uno dei principali ostacoli alla diffusione dell’idrogeno verde resta ancora il
costo di produzione.
Oggi, si stima che il costo dell’idrogeno verde oscilla tra
3,74 e 11,70 dollari al chilo, a seconda della localizzazione e della fonte rinnovabile utilizzata. Per confronto, l’idrogeno grigio - ottenuto da fonti fossili senza recupero di CO₂ - costa
fino al 30% in meno, rendendolo ancora economicamente più competitivo, anche se non sostenibile dal punto di vista ambientale.
Cosa incide sul costo elevato?
Secondo gli analisti, ci sono
quattro fattori principali che rallentano la discesa dei costi dell’idrogeno verde:
- Costi degli elettrolizzatori: le tecnologie per la produzione di idrogeno da elettrolisi hanno costi elevati, superiori alle stime iniziali.
- Mancanza di economie di scala: la domanda ancora limitata e i progetti rallentati o annullati riducono l'effetto volume.
- Settori difficili da decarbonizzare: le industrie pesanti necessitano di infrastrutture complesse e costose per l’adozione dell’idrogeno.
- Dipendenza da incentivi e politiche: l’assenza di un quadro normativo stabile e di meccanismi di supporto limita la crescita del mercato.
Il nodo dell’applicazione in ambito civile
In ambito residenziale - per riscaldamento, produzione di acqua calda sanitaria (ACS) e cottura in sostituzione del gas metano, l’introduzione dell’idrogeno procede con maggiore lentezza. Qui,
le difficoltà sono tecniche, economiche e di sistema:
- Efficienza energetica. Usare idrogeno verde per generare calore domestico è oggi molto meno efficiente rispetto a soluzioni elettriche come le pompe di calore, che possono garantire un rendimento 3-4 volte superiore.
- Produzione e costi. Il costo di produzione dell’idrogeno verde resta elevato, e la disponibilità su larga scala è ancora lontana.
- Reti e apparecchiature. Servirebbero nuove infrastrutture dedicate o una conversione profonda delle reti gas esistenti, con investimenti importanti.
Nonostante le sfide iniziali, in ambito urbano e domestico
stanno prendendo avvio le prime sperimentazioni, con l’obiettivo di verificare la reale fattibilità tecnica ed economica dell’uso di questo gas in sostituzione del metano.
H100 Fife, il primo caso al mondo di rete domestica a idrogeno puro
Tra i progetti europei più significativi per l’applicazione dell’idrogeno in ambito civile, merita una menzione speciale
H100 Fife, in corso a Levenmouth, nella regione scozzese del Fife.
Si tratta del
primo progetto al mondo a utilizzare una
rete di distribuzione domestica di idrogeno verde al 100%, completamente separata dal sistema gas esistente.
Il progetto, guidato da SGN (Scottish Gas Networks) con il supporto del governo scozzese, mira a testare l’uso dell’idrogeno puro per alimentare abitazioni in sostituzione del gas naturale.
Dopo alcuni ritardi rispetto alla data iniziale (fine 2022), la rete di distribuzione - lunga
8,4 km - è stata completata a dicembre 2024, mentre le prime case prototipo sono state aperte al pubblico a febbraio 2025.
Le abitazioni coinvolte sono state dotate di apparecchiature completamente compatibili con l’idrogeno:
caldaie dedicate, terminali per il riscaldamento e piani cottura.
Il progetto coinvolgerà inizialmente circa 300 abitazioni, con un’estensione prevista fino a 1.000 utenti. L’avvio della fornitura di idrogeno è atteso per l’autunno 2025, e la fase operativa si protrarrà almeno fino al 2027, con l’obiettivo di raccogliere dati utili alle future scelte politiche del Regno Unito sulla decarbonizzazione del riscaldamento domestico.
Immissione di idrogeno nelle reti domestiche: altri progetti in Europa
L’uso dell’idrogeno per il riscaldamento domestico è oggetto di crescente sperimentazione in diversi Paesi europei, con approcci tecnologici differenti. C’è chi punta su reti dedicate per l’idrogeno puro al 100%, e chi testa soluzioni di
blending, miscelando l’idrogeno con il gas metano nelle reti esistenti.
Nei Paesi Bassi, uno dei paesi europei più attivi su questo fronte, sono in corso vari progetti pilota:
- A Lochem, 12 abitazioni sono state collegate a una rete a idrogeno già nel 2022.
- Nel 2023, a Wagenborgen, 33 abitazioni sono state convertite al riscaldamento con idrogeno.
- A Hoogeveen, nel nord del paese, da 80 a 100 nuove abitazioni saranno direttamente alimentate da una rete a idrogeno.
In Germania, a Hohenwart (Baviera), il progetto
H2Direkt ha riconvertito la rete gas esistente per alimentare con idrogeno puro 10 abitazioni e un’azienda. Dopo un inverno completo di funzionamento, il progetto è stato considerato un successo tecnico.
In Danimarca, il progetto
Lolland Hydrogen Community è attivo fin dal 2007. Qui, l’eccesso di energia eolica è usato per produrre idrogeno tramite elettrolisi, poi impiegato in celle a combustibile per fornire elettricità e calore a edifici residenziali in modalità decentralizzata.
Uno scenario europeo in evoluzione
A testimonianza del fermento europeo sul tema, l’EHI - Association of the European Heating Industry ha realizzato una
mappa interattiva che classifica i progetti pilota in base al tipo di soluzione adottata:
- Reti di distribuzione al 100% idrogeno;
- Miscele idrogeno-metano (fino al 20% H₂) nelle reti gas esistenti;
- Sistemi centralizzati di produzione calore ed elettricità a idrogeno per teleriscaldamento;
- Soluzioni off-grid e decentralizzate con utilizzo diretto di idrogeno.
Il caso italiano: l’Istituto Meucci di Carpi
Anche in Italia si iniziano a testare soluzioni innovative. Un esempio è l’
impianto di riscaldamento a idrogeno dell’Istituto Meucci di Carpi (Modena), inaugurato il 20 gennaio 2023.
Il progetto - realizzato dalla Provincia di Modena e Coopservice, con il supporto tecnico dell’Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile (AESS) - utilizza idrogeno verde prodotto localmente tramite elettrolisi, grazie a un impianto fotovoltaico installato sul tetto della palestra scolastica.
Si tratta di un
impianto di tipo “blending”, ossia il sistema riscalda l’ambiente utilizzando una miscela composta per l’
80% da metano e per il 20% da idrogeno verde, il massimo consentito oggi dalle normative italiane. Ma il progetto è lungimirante, infatti l’impianto è già predisposto per funzionare anche al
100% idrogeno, in previsione di possibili evoluzioni regolatorie.
Idrogeno domestico in Italia
Anche in Italia il settore residenziale sta cominciando a sperimentare l’impiego dell’idrogeno, con progetti pilota che mirano a testarne la compatibilità con le infrastrutture esistenti, quindi ancora soluzioni di blending.
La sperimentazione si svolge su un tratto di rete che alimenta un’area residenziale del Comune di Castelfranco Emilia (Modena). Il progetto è stato avviato nel 2022, con l’introduzione in rete di una miscela contenente il
2% di idrogeno, già testata con successo.
Nel gennaio 2025, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), insieme al Comitato Italiano Gas (CIG) e a Inrete Distribuzione Energia (società del Gruppo Hera), ha firmato un nuovo protocollo operativo che
prevede percentuali crescenti di idrogeno, tra il 5 e il 10%, da immettere nella rete per uso domestico.
La sperimentazione coinvolge circa 40 famiglie, e ha l’obiettivo di verificare
la sicurezza e l’efficienza delle tecnologie esistenti in presenza di un contenuto crescente di H₂, in un’ottica di graduale decarbonizzazione del gas distribuito.
L’Italia punta sul blending?
Nel contesto europeo, l’Italia sembra aver scelto un approccio
graduale e ibrido, basato sull’utilizzo di miscele idrogeno-metano nella rete esistente. Una soluzione che consente di testare la compatibilità tecnica degli impianti, sperimentare su scala contenuta e preparare il mercato all’arrivo di nuove tecnologie, senza dover realizzare fin da subito reti dedicate all’idrogeno puro.
Si tratta di una
strategia di transizione, meno invasiva dal punto di vista infrastrutturale e più sostenibile sul piano economico, in attesa che la filiera dell’idrogeno verde diventi più competitiva, che cresca la disponibilità di energia rinnovabile e che si consolidi un quadro normativo di riferimento.
Dal punto di vista regolatorio, con il Decreto 7 luglio 2023 l’Italia si è dotata di una regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, realizzazione ed esercizio degli impianti di produzione di idrogeno tramite elettrolisi e dei relativi sistemi di stoccaggio.
Tuttavia,
non esiste ancora una normativa autonoma per la realizzazione di idrogenodotti. Attualmente, si fa riferimento alle norme esistenti per il trasporto del gas naturale, adattate al contesto dell’idrogeno sulla base di standard tecnici internazionali come l’ASME B31.12 e la ISO 14687-2.
Non solo blending: in Italia anche iniziative hydrogen ready
Accanto alla scelta di puntare sul blending idrogeno-metano come strategia di transizione, in Italia non mancano iniziative orientate verso una prospettiva
hydrogen ready.
Ne è un esempio il progetto
Hy2Infra - Puglia Green Hydrogen, attualmente in fase di sviluppo e selezionato nel 2024 per un finanziamento IPCEI fino a
370 milioni di euro.
L’iniziativa prevede la realizzazione di due impianti di elettrolisi a Brindisi e Taranto, per una capacità complessiva di 160 MW, in grado - una volta a regime - di produrre circa 250 milioni di metri cubi di idrogeno verde all’anno.
A supporto della produzione è previsto un intervento infrastrutturale da parte di Snam, che punta a riutilizzare circa l’80% delle condotte esistenti, riconvertendole interamente al trasporto di idrogeno, in collegamento con Brindisi, Taranto e Acciaierie d'Italia.
La fase operativa è prevista non prima del 2028, considerando i tempi necessari per la progettazione, la costruzione e la messa in esercizio.
Idrogeno nel settore civile? La strada è lunga
In sintesi, in Italia come in Europa, l’idrogeno verde è una traiettoria della decarbonizzazione, ma il suo impiego nel settore civile è ancora una scommessa, che richiederà tempo, risorse e un quadro normativo chiaro per valutarne la reale convenienza rispetto ad altre soluzioni già disponibili.