07/05/2025 - A Usini, in Sardegna, il percorso di recupero di un complesso di origine rurale composto da vari nuclei ampliati nel tempo racconta la storia di una comunità attraverso le iniziative di una famiglia illuminata: i Diaz. Dall’amministrazione comunale, la scelta di raccogliere questa eredità e di trasformare l’insieme di edifici in degrado in un nuovo centro culturale. Il percorso di riqualificazione, articolato e diversificato in funzione dello stato di fatto di ciascun involucro, ha portato alla definizione di un nuovo indirizzo per la cittadinanza.
La famiglia Diaz: un’eredità di rilievo
Siamo in Sardegna dove dallo svolgersi di una trama familiare nasce la storia di un piccolo centro urbano e della sua terra. A Usini, nucleo a sud di Sassari, le vicende della famiglia Diaz hanno influenzato l’economia, l’architettura e il tessuto sociale dell’area. Il complesso rurale dei Diaz presenta un passato importante, riscostruito attraverso l’analisi delle fasi costruttive dall’Arch. Angela Zattera, progettista che si è occupata del recupero del complesso: “
Il primo episodio costruttivo si riconosce nella casa patronale, sita in posizione adiacente al portale di ingresso al lotto oggetto del progetto con fronte principale su piazza Castello, che venne realizzata dal suo primo proprietario Giuseppe Derosas. Negli anni successivi, grazie al matrimonio tra Don Giovanni Antonio Diaz e Donna Giovanna Maria Derosas (figlia di Giuseppe), la casa divenne di proprietà della famiglia Diaz. I nobili Diaz all’epoca erano tra i più importanti proprietari terrieri della Sardegna e possedevano all’interno della loro corte i più moderni macchinari dell’epoca. Nel corso del tempo, facendo seguito alle necessità di ampliamento degli spazi di lavoro e rimessa, vennero realizzati i corpi di fabbrica annessi e di pertinenza della casa ‘baronale’. Il lotto della casa Diaz e il lotto degli annessi costituivano al tempo una unica proprietà gestita dalla famiglia”.
L’edifico si colloca al centro di Usini, più precisamente all’interno della ‘centro matrice’, cioè del perimetro di antica e prima formazione. Come racconta l’Ing. Arch. Francesca Oggiano, co-progettista e direttore dei lavori: “
Il complesso si estende su un’area complessiva di circa 1.500 mq e i vari corpi di fabbrica conservano, ancora oggi, gran parte dei caratteri originari. Gli spazi interni sono ricchi di tutti quegli ambienti che rappresentano la cultura contadina, con situazioni che illustrano sistemi e aspetti della vita quotidiana, sia per quanto attiene al lavoro della campagna che alla dimensione domestica.
La definizione del sistema costruito che vediamo oggi si è andato definendo nel tempo secondo episodi costruttivi diversi e processuali che, man mano, hanno sempre però affermato la stessa regola insediativa di costruzione del perimetro del lotto. La lettura del tessuto urbano del centro storico di Usini conferma la regola e prassi insediativa che prevede la costruzione del fronte strada e del perimetro interno del lotto lasciando libera una grande estensione di spazio aperto ad uso prevalentemente agricolo”.
L’attuale conformazione del complesso è il risultato di una serie di ampliamenti che si sono succeduti da fine Ottocento al 1945, anche se la mancanza di documentazione rende difficile una datazione e una corretta sequenza cronologica della costruzione dei fabbricati. “
Grazie alle planimetrie storiche del contesto urbano e ad alcune testimonianze dirette sia di persone che hanno lavorato nel sito, sia dei discendenti della famiglia Diaz, si è potuta elaborare una sommaria ricostruzione”, specifica l’Ing. Arch. Francesca Oggiano.
Riconosciuto il valore storico di Casa Diaz e quanto rappresenta per la comunità, l’amministrazione locale ne ha fortemente voluto il recupero, inaugurando un percorso articolato: “
il Comune ha promosso e concretizzato l’acquisto dei fabbricati dagli eredi della famiglia che li aveva costruiti rendendo questo luogo un sito di produzione di vino, olio e ricovero dei mezzi di lavoro. A seguito dell’acquisto dei fabbricati, di concerto con l’ente territoriale ‘Unione dei Comuni dell'Anglona e della Bassa Valle del Coghinas’, ha ottenuto diversi finanziamenti regionali che hanno reso possibile lo sviluppo dei vari livelli di progettazione e l’esecuzione delle opere”, specifica il Geom. Sabatino Satta, R.U.P presso il Comune di Usini.
Le fasi del recupero, dall’analisi alla ricostruzione
Come spesso succede nei complessi composti da diversi ampliamenti e fasi costruttive, lo stato di conservazione dei vari volumi può differire: alcuni nuclei hanno resistito meglio allo scorrere del tempo, altri hanno subito danni maggiori. L’Arch. Angela Zattera ha analizzato lo stato di fatto, precisando, punto per punto, in che stato versavano i vari involucri: “
il vano di ingresso, di particolare interesse architettonico, si presentava in un discreto stato di conservazione, l’orditura lignea necessitava di un accurato restauro ma senza manifestazione di cedimenti o rotture. Le murature invece erano interessate da umidità di risalita che raggiungeva circa 1,60m di altezza facilmente visibile, di conseguenza l’intonaco risultava essere gravemente danneggiato, presentando forme di decoesione, distacchi parziali o totali in alcuni punti, erosioni superficiali o profonde, sfarinamenti dovuti a formazioni saline. La copertura, tradizionalmente costituita da una orditura principale di travi lignee ancorate alla muratura e supportata da elementi lignei diagonali, orditura secondaria in listelli posati nel senso ortogonale alle travi principali, orditura terziaria su cui sono poggiate direttamente le tegole a copertura, non possedeva alcuna inerzia termica. Per quanto riguarda i fabbricati minori, le infiltrazioni d’acqua hanno gravemente danneggiato il controsoffitto causandone il crollo in più punti, mentre le murature, soggette a umidità di risalita e ad infiltrazioni di acqua dalla parte alta, presentavano uno stato di degrado avanzato. Le antiche stalle si trovano in discreto stato di conservazione, non sono stati registrati gravi cedimenti strutturali della copertura né fessurazioni della muratura. Si notavano invece le tracce di infiltrazioni di acqua dalla copertura e risalite di umidità dal terreno”.
Stabilito lo stato di fatto, ha preso avvio il progetto di recupero, volto a trasformare lo spazio in un polo culturale dedicato alla comunità di Usini. Le prime tappe hanno riguardato le azioni necessarie per garantire la funzionalità dell’edificio nel rispetto della tipologia e applicando materiali e tecnologie eco-compatibili. “
A partire dallo stato di consistenza dei manufatti storici, poi, sono stati definiti gli interventi progettuali volti a garantire la salubrità degli ambienti, la funzionalità degli spazi e dei collegamenti tra i vari ambienti, la definizione di nuovi ambienti necessari alla corretta gestione del complesso, la riqualificazione dello spazio cortilizio, la dotazione di una completa infrastruttura impiantistica che garantisca il comfort termo igrometrico delle sale, l’abbattimento dei consumi energetici e la sicurezza dell’edificio”, specifica l’Arch. Angela Zattera.
In particolare, gli interventi hanno previsto l’installazione di un sistema di deumidificazione elettrostatica ad inversione della polarità dell’umidità di risalita nelle murature; la realizzazione di un nuovo ambiente in corrispondenza del vano di ingresso su Piazza Castello; la riqualificazione della copertura mediante la revisione dell’orditura lignea di sostegno, lo smontaggio del rivestimento in coppi sardi, la realizzazione di un nuovo pacchetto di copertura coibente e ventilato, il rifacimento del rivestimento ceramico con i coppi recuperati.
È stata prevista inoltre anche la riqualificazione dell’antico frantoio, degli edifici originariamente adibiti a magazzini e cantine, delle stalle, e della rimessa per i carri.
Un intervento articolato, dunque, che ha dovuto tenere conto di diversi livelli di degrado e di alcune complicazioni emerse durante il percorso; tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo di questo progetto, ad esempio, hanno confermato che l’organizzazione del cantiere è stata rallentata e complicata dalla presenza, all’interno dell’area, di utensili, mezzi su ruote e armadiature che compromettevano il livello di produttività delle operazioni.
AERcoppo®: una nuova protezione
Una parte importante del percorso di riqualificazione ha riguardato l’aggiornamento della copertura, che si presentava degradata ed è stata completamente rimossa. “
A partire dallo stato di consistenza”, precisa l’architetto Angela Zattera “
sono stati definiti gli interventi progettuali, in particolare, la riqualificazione della copertura mediante la revisione dell’orditura lignea di sostegno, lo smontaggio del rivestimento in coppi sardi, la realizzazione di un nuovo pacchetto di copertura coibente e ventilato e il rifacimento del rivestimento ceramico con i coppo recuperati”.
Il Geom. Sabatino Satta e l’Ing. Arch. Francesca Oggiano elencano con precisione le caratteristiche dello stato di fatto e la successione delle fasi di recupero: “
le coperture dei vecchi fabbricati prima dell'intervento erano soggette a continue infiltrazioni delle acque meteoriche che causavano fenomeni di marcescenza degli elementi lignei e, in generale, avevano portato alla perdita di planarità delle falde dovuta a inflessione delle travi di colmo. Le tegole erano semplicemente poggiate sui correntini e, la rottura di alcune di esse aveva prodotto la bagnatura delle orditure lignee compromettendone la loro consistenza. Le orditure inoltre avevano sezioni lignee non idonee alle normative vigenti.
Il percorso di recupero ha previsto la rimozione del manto di tegole esistente e di tutto l'impalcato e le orditure portanti in legno poiché del tutto fatiscenti. Si è dunque proceduto alla posa di nuove travi in legno lamellare che si poggiano - tramite un dormiente ligneo - sulle murature esistenti. Al di sopra delle travi si è realizzato un tavolato e il pacchetto coibente e impermeabile. L'ultimo strato è realizzato con tegole coppi sardi posato con il sistema e gli accessori AERcoppo® in modo da creare una microcamera di ventilazione e rispettare le normative vigenti che prevedono la posa a secco. Tutti i bordi delle falde, al fine di chiudere il pacchetto e impedire eventuali infiltrazioni di acqua, sono protetti da scossaline in rame realizzate su misura dal lattoniere”.
L’Arch. Pierluca Scanu, direttore tecnico dell’Impresa Costruzioni Cabras Mariano s.r.l., ha coordinato le varie maestranze coinvolte, fra fornitori, operaio specializzato, operaio comune e lattoniere. In conclusione del percorso, questa la valutazione finale della direttrice relativa all’applicazione delle soluzioni selezionate: “
Grazie all’utilizzo del pacchetto AERcoppo® in cantiere abbiamo registrato la facilità di posa, in quanto il sistema è progettato per essere semplice e rapido da installare, riducendo significativamente i tempi di lavorazione. Questo ha consentito un risparmio di tempo e costi legati alla manodopera. Inoltre, le istruzioni chiare e dettagliate fornite con il sistema facilitano il montaggio, riducendo il rischio di errori e garantendo una corretta installazione. Questi benefici contribuiscono a ottimizzare i processi in cantiere, assicurando un risultato finale di qualità in tempi rapidi”.
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