
Abusi edilizi, l’ultima parola spetta al Comune o alla Soprintendenza?
NORMATIVA
Abusi edilizi, l’ultima parola spetta al Comune o alla Soprintendenza?
Due pronunce del Tar Sicilia e Tar Puglia spiegano se la Soprintendenza può imporre sanzioni e cosa accade in caso di parere tardivo

06/05/2025 - I poteri della Soprintendenza nell’ambito dei procedimenti di condono e sanatoria edilizia o paesaggistica hanno dei limiti.
La Soprintendenza, ad esempio, non può imporre sanzioni e deve esprimere il proprio parere rispettando i termini di legge perché, in caso contrario, l’ultima parola spetta al Comune in cui si trova l’immobile da regolarizzare.
Sono queste, in sintesi, le conclusioni che emergono da due pronunce del Tar Sicilia e del Tar Puglia, in cui i giudici fanno considerazioni simili sul perimetro dei poteri della Soprintendenza.
Il caso è iniziato nel 2004, quando un cittadino siciliano ha chiesto il condono edilizio dopo aver realizzato una camera, cucina, veranda coperta con travi in legno lamellare e tegole piane e vano wc senza alcun titolo abilitativo.
Nel 2020 il cittadino chiede alla Soprintendenza il parere di compatibilità paesaggistica, ma la Soprintendenza emette parere negativo e ordina il ripristino dello stato dei luoghi. Nel 2024 il Comune nega il condono sulla base del parere negativo della Soprintendenza.
Il cittadino presenta quindi ricorso, lamentando che tra i poteri della Soprintendenza non c’è quello di ordinare la demolizione delle opere, ma solo quello di valutare se le opere per cui si chiede il condono sono compatibili con il contesto.
Il ricorso contiene altri elementi volti a dimostrare che l’immobile può ottenere il condono.
Il Tar Catania, con la sentenza 1255/2025, respinge il ricorso e nega il condono, ma accoglie solo il punto che riguarda il potere della Soprintendenza.
I giudici spiegano che, in caso di diniego del condono edilizio, il successivo ordine di demolizione è di competenza del Comune, mentre la Soprintendenza non può prescrivere misure repressive.
Il caso inizia nel 1986 con la richiesta di un’autorizzazione paesaggistica in sanatoria al Comune. L'autorizzazione riguarda un immobile di circa 34 metri quadri realizzato nel 1980. Il proprietario negli anni successivi sollecita il Comune al rilascio del nulla osta per il vincolo idrogeologico e forestale. Nel 2014 il Comune avvia l’istruttoria dichiarando l’ammissibilità della domanda ed acquisendo successivamente parere favorevole della Commissione locale per il paesaggio.
Nel 2016 la pratica viene trasmessa alla Soprintendenza per acquisire il parere di competenza. Nel 2018 la Soprintendenza comunica il preavviso di diniego e nel 2019 esprime parere contrario dal momento che non sono state presentate osservazioni.
Lo stesso anno, il Comune nega l’autorizzazione paesaggistica sulla base del parere negativo della Soprintendenza. Il proprietario dell’immobile presenta ricorso, sostenendo che:
- il Comune avrebbe dovuto valutare gli elementi del caso anziché recepire acriticamente il parere della Soprintendenza;
- il parere della Soprintendenza è arrivato dopo il termine di 90 giorni e si è quindi formato il silenzio assenso endoprocedimentale.
Il Tar Lecce, con la sentenza 721/2025, ha spiegato in primo luogo che il parere tardivo della Soprintendenza non è più vincolante per chi lo riceve.
Di conseguenza, sostengono i giudici, è illegittimo l’atto di diniego dell’autorizzazione paesaggistica adottato dal Comune, perchè esso si è uniformato pedissequamente al parere della Soprintendenza ritenendolo, erroneamente, vincolante
In caso di ritardo della Soprintendenza, quindi, il Comune non è più vincolato a decidere in conformità al parere, ma deve decidere in autonomia, anche condividendo le conclusioni cui è giunta tardivamente la Soprintendenza, purché motivi adeguatamente le sue ragioni.
Sulla base di queste considerazioni, il Tar ha annullato il diniego del Comune, che deve esprimersi nuovamente, fornendo le motivazioni necessarie.
La Soprintendenza, ad esempio, non può imporre sanzioni e deve esprimere il proprio parere rispettando i termini di legge perché, in caso contrario, l’ultima parola spetta al Comune in cui si trova l’immobile da regolarizzare.
Sono queste, in sintesi, le conclusioni che emergono da due pronunce del Tar Sicilia e del Tar Puglia, in cui i giudici fanno considerazioni simili sul perimetro dei poteri della Soprintendenza.
Tra i poteri della Soprintendenza c’è l’ordine di demolizione?
Uno dei dubbi sui poteri delle Soprintendenze, che ha generato un contenzioso, riguarda la possibilità di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi con la demolizione dell’immobile abusivo.Il caso è iniziato nel 2004, quando un cittadino siciliano ha chiesto il condono edilizio dopo aver realizzato una camera, cucina, veranda coperta con travi in legno lamellare e tegole piane e vano wc senza alcun titolo abilitativo.
Nel 2020 il cittadino chiede alla Soprintendenza il parere di compatibilità paesaggistica, ma la Soprintendenza emette parere negativo e ordina il ripristino dello stato dei luoghi. Nel 2024 il Comune nega il condono sulla base del parere negativo della Soprintendenza.
Il cittadino presenta quindi ricorso, lamentando che tra i poteri della Soprintendenza non c’è quello di ordinare la demolizione delle opere, ma solo quello di valutare se le opere per cui si chiede il condono sono compatibili con il contesto.
Il ricorso contiene altri elementi volti a dimostrare che l’immobile può ottenere il condono.
Il Tar Catania, con la sentenza 1255/2025, respinge il ricorso e nega il condono, ma accoglie solo il punto che riguarda il potere della Soprintendenza.
I giudici spiegano che, in caso di diniego del condono edilizio, il successivo ordine di demolizione è di competenza del Comune, mentre la Soprintendenza non può prescrivere misure repressive.
Poteri Soprintendenza e potere decisionale del Comune
Un altro dubbio sui poteri delle Soprintendenze riguarda il rapporto tra le valutazioni del Comune e il parere degli Enti preposti alla tutela del vincolo.Il caso inizia nel 1986 con la richiesta di un’autorizzazione paesaggistica in sanatoria al Comune. L'autorizzazione riguarda un immobile di circa 34 metri quadri realizzato nel 1980. Il proprietario negli anni successivi sollecita il Comune al rilascio del nulla osta per il vincolo idrogeologico e forestale. Nel 2014 il Comune avvia l’istruttoria dichiarando l’ammissibilità della domanda ed acquisendo successivamente parere favorevole della Commissione locale per il paesaggio.
Nel 2016 la pratica viene trasmessa alla Soprintendenza per acquisire il parere di competenza. Nel 2018 la Soprintendenza comunica il preavviso di diniego e nel 2019 esprime parere contrario dal momento che non sono state presentate osservazioni.
Lo stesso anno, il Comune nega l’autorizzazione paesaggistica sulla base del parere negativo della Soprintendenza. Il proprietario dell’immobile presenta ricorso, sostenendo che:
- il Comune avrebbe dovuto valutare gli elementi del caso anziché recepire acriticamente il parere della Soprintendenza;
- il parere della Soprintendenza è arrivato dopo il termine di 90 giorni e si è quindi formato il silenzio assenso endoprocedimentale.
Il Tar Lecce, con la sentenza 721/2025, ha spiegato in primo luogo che il parere tardivo della Soprintendenza non è più vincolante per chi lo riceve.
Di conseguenza, sostengono i giudici, è illegittimo l’atto di diniego dell’autorizzazione paesaggistica adottato dal Comune, perchè esso si è uniformato pedissequamente al parere della Soprintendenza ritenendolo, erroneamente, vincolante
In caso di ritardo della Soprintendenza, quindi, il Comune non è più vincolato a decidere in conformità al parere, ma deve decidere in autonomia, anche condividendo le conclusioni cui è giunta tardivamente la Soprintendenza, purché motivi adeguatamente le sue ragioni.
Sulla base di queste considerazioni, il Tar ha annullato il diniego del Comune, che deve esprimersi nuovamente, fornendo le motivazioni necessarie.