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È lecito aprire vedute a distanze non legali?
di NPC - Avvocati e Consulenti

È lecito aprire vedute a distanze non legali?

Cosa prevede il Codice Civile in merito alle vedute, quali distanze vanno rispettate e quando è possibile derogare ai limiti imposti dalla legge

Vedute a distanze non legali - Foto: off 123rf.com
Vedute a distanze non legali - Foto: off 123rf.com
di NPC - Avvocati e Consulenti
edilportale+
19/05/2025 - Nel contesto edilizio e urbanistico, il tema delle vedute a distanze non legali assume un rilievo particolare, soprattutto in ambito condominiale, dove il rispetto delle distanze tra proprietà confinanti incide direttamente sulla tutela della riservatezza e sulla corretta gestione dei rapporti di vicinato.
 
La normativa vigente, supportata da una solida interpretazione giurisprudenziale, stabilisce limiti precisi all’apertura di finestre, balconi e altri affacci. Tuttavia, non sempre tali disposizioni vengono correttamente applicate, generando situazioni di conflitto e contenziosi civili.
 
In questa sede si intende offrire un approfondimento tecnico-giuridico sull’argomento delle vedute a distanze non legali, con particolare riferimento alla disciplina codicistica e alle sue implicazioni pratiche.

La tematica in questione è disciplinata dall’articolo 905 del Codice Civile che recita testualmente Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi e' la distanza di un metro e mezzo. Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi e' la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere. Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi é una via pubblica.”
 

Vedute a distanze non legali, cosa significa

Innanzitutto, è opportuno specificare che il “diritto di veduta” consiste nella facoltà del proprietario di un immobile di guardare e sporgersi sulla proprietà altrui. Questo diritto è riconosciuto ex art. 907 del codice civile e, sostanzialmente, si concretizza nel divieto di fabbricare ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta. Tale divieto concerne sia le vedute dirette che quelle oblique o laterali.
 
Le vedute si riferiscono alla possibilità di vedere uno spazio esterno da una finestra, un balcone o una terrazza. La legge stabilisce delle distanze minime tra le vedute e le proprietà confinanti per proteggere la privacy e prevenire intrusioni visive, esattamente così come specificato nel precedente paragrafo ex art. 905 c.c.
 
Allorquando queste distanze non vengono rispettate, si parla, per l’appunto, di vedute a distanze non legali, posto che non rispettano le limitazioni imposte dalla Legge. Questo può accadere anche in Condominio nel caso in cui un soggetto costruisca nuove finestre o modifichi balconi senza rispettare le normative vigenti.
 
Il Codice Civile disciplina le distanze tra edifici e le vedute, specificando regole precise come devono essere posizionate le aperture verso proprietà altrui.
 
È bene specificare che le normative di riferimento possono variare da comune a comune: fermo resta però l'obiettivo principe di prevenire conflitti, garantendo al contempo uniformità architettonica nel paesaggio urbano.
 

Implicazioni in caso di dispute condominiali

Come già accennato, nel contesto condominiale, la questione di cui si tratta può diventare particolarmente complessa. Infatti, nel caso di Condominio, gli edifici condividono muri e spazi comuni; le decisioni riguardanti la modifica strutturale, come l'apertura di nuove finestre, talvolta richiedono l'approvazione assembleare.
 
Spesso, tuttavia, non è possibile a causa di opinioni divergenti raggiungere una linea comune. Motivo questo per il quale in alcuni casi sia il singolo soggetto che il Condominio stesso, a causa di divergenze con la controparte, possono decidere di adire le vie legali, con le lungaggini che queste comportano, al fine di accertare l’esistenza di un diritto e/o la corretta condotta di chi ha posto in essere modifiche strutturali.
 

La Giurisprudenza sulle vedute a distanze non legali

La Giurisprudenza di merito e di Legittimità, nel corso degli anni, si è espressa in modo univoco ed orami cristallizzato, statuendo che nel caso di vedute dirette, laterali o oblique si devono rispettare pedissequamente le distanze minime previste dall'articolo 905 e 906 del Codice Civile.
 
Quest’ultimo, non ancora riportato, così disciplina Non si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo del vicino se non si osserva la distanza di settantacinque centimetri, la quale deve misurarsi dal piu' vicino lato della finestra o dal più vicino sporto.”

È opportuno, a tal punto, specificare un’eccezione relativamente a quanto sin qui specificato, relativamente alle regole sopra riportate. Difatti queste ultime sono derogate nel caso in cui sia stato acquisito il diritto di veduta da servitù o nel caso in cui si costruisca in un’area pubblica.

Conclusioni

Ricordiamo sempre che il proprietario, in suo capo, ha il pieno diritto di godere e disporre delle proprie cose in modo pieno ed esclusivo, ma solo esercitando tale diritto entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico. Il tutto in conformità con l’art. 42 2° comma della Costituzione Italiana. Il diritto del proprietario sul bene di proprietà è pieno ed esclusivo ma non di certo assoluto.
 
È pertanto soggetto al principio generale del neminem ledere: quest’ultimo ed in sua virtù prevede che chiunque cagioni un danno ingiusto a mezzo del proprio comportamento è tenuto a risarcire il predetto danno.
 
Tutto ciò premesso, le vedute a distanze non legali sono un tema delicato ed affrontato annosamente dalla Giurisprudenza che richiede, soprattutto nel caso di applicazione in tema di diritto condominiale, sia attenzione che collaborazione, soprattutto tra i condomini.
 
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