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Autorizzazione paesaggistica, cosa succede se il parere della Soprintendenza arriva tardi?

Autorizzazione paesaggistica, cosa succede se il parere della Soprintendenza arriva tardi?

Il Tar Campania spiega cosa accade se la pronuncia arriva dopo 90 giorni e che il Comune deve avere un ruolo attivo

Parere tardivo Soprintendenza - Foto: armmypicca 123RF.com
Parere tardivo Soprintendenza - Foto: armmypicca 123RF.com
di Paola Mammarella
17/06/2025 - Quale effetto ha il parere tardivo della Soprintendenza sulla domanda di autorizzazione paesaggistica in sanatoria?
 
A questa domanda ha risposto il Tar Campania, che con la sentenza 4406/2025 ha spiegato anche quale ruolo spetta al Comune che deve gestire la domanda.
 

Il caso del parere tardivo della Soprintendenza

I giudici del Tar si sono pronunciati su un caso, iniziato nel marzo 2020, quando un cittadino presenta al Comune la domanda di autorizzazione paesaggistica in sanatoria per la regolarizzazione di alcune murature di contenimento e l’installazione di pergolati in legno.
 
Un anno dopo, nel marzo 2021, il Comune trasmette la a proposta di autorizzazione paesaggistica alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Napoli, che emette il suo parere negativo a dicembre 2021, ben oltre i 90 giorni previsti dalla legge.
 
Sulla base di tale parere, il Comune formalizza il diniego all’autorizzazione.
 
 
Il cittadino presenta quindi ricorso lamentando che:

- il superamento del termine perentorio di 90 giorni, previsto dal Codice ei Beni Culturali e del Paesaggio (D.lgs. 42/2004), avrebbe reso inefficace il parere della Soprintendenza;
- il Comune avrebbe dovuto compiere una valutazione autonoma, mentre si era limitato a richiamare il parere della Soprintendenza, senza motivare in modo indipendente il diniego.
 

Il parere tardivo della Soprintendenza non è vincolante

Il Tar Campania, con la sentenza 4406/2025, ha dato ragione al cittadino, introducendo anche importanti precisazioni in materia di formazione dell’autorizzazione e silenzio assenso.
 
I giudici hanno spiegato che il superamento del termine di 90 giorni non comporta la formazione del silenzio-assenso tra le amministrazioni, trattandosi di procedimento co-decisorio (e non meramente consultivo), che quindi esclude l’applicabilità dell’art. 17-bis della legge 241/1990 sul silenzio assenso.
 
Tuttavia, il parere tardivo della Soprintendenza perde la sua efficacia vincolante e diventa un mero elemento istruttorio.
 
Il Comune avrebbe quindi dovuto esprimere una propria autonoma valutazione, motivando il diniego con considerazioni proprie, non basate solo sul parere sopraggiunto oltre i termini.
 
Sulla base di queste considerazioni, il Tar ha annullato il diniego.
 
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