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Nuovi edifici ‘a energia quasi zero’: a che punto siamo?

Nuovi edifici ‘a energia quasi zero’: a che punto siamo?

Interrogazione sulle strategie del Governo per attuare la Direttiva 2010/31/CE

Vedi Aggiornamento del 17/10/2011
di Rossella Calabrese
15/11/2010 - Con un’interrogazione a risposta scritta presentata il 9 novembre 2010 alla Camera, il deputato Giorgio Jannone (PdL), ha chiesto al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti notizie sulle politiche del Governo in materia di edilizia sostenibile.
 
Nell’interrogazione, Jannone ripercorre le ultime iniziative legislative di livello europeo, ricordando la Direttiva 2010/31/CE sull’efficienza energetica, entrata in vigore il 9 luglio scorso, che stabilisce che i nuovi edifici, costruiti a partire dal 2020, dovranno essere “a energia quasi zero” (leggi tutto).
 
Se l’obiettivo dell’efficienza energica è pienamente condiviso dai Paesi membri della Ue, qualche perplessità è sorta - sottolinea Jannone -, a proposito della ristrutturazione di immobili esistenti, per renderli “green”. Si parla di interventi mirati, parzialmente incentivati da Bruxelles, come la sostituzione di impianti di riscaldamento, idraulici o di climatizzazione con altri ad alta efficienza, ma gli scettici - afferma il deputato - contestano che questo non sia ancora sufficiente. Ad esempio, secondo l’europarlamentare verde Yannick Jadot, “la UE si concentra sulle nuove costruzioni, senza valutare sufficientemente le esigenze di rinnovamento degli edifici esistenti, che rappresentano il 40% dei consumi di energia e il 36% delle emissioni di gas serra in Europa”.
 
Jannone riferisce che anche l’industria del mattone ha delle perplessità: secondo la Fiec, che rappresenta a livello europeo le imprese di costruzione, “non basta focalizzarsi sull’efficienza energetica dei nuovi immobili per raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico del 20% fissati da Bruxelles per il 2020” perché “ad oggi, le ristrutturazioni di vecchi edifici riguardano solo l’1% del mercato immobiliare. Ed è su questo ingente capitale - aggiunge - che bisogna indirizzare gli sforzi di efficienza energetica se si vuole arrivare al traguardo”. 

Il settore edilizio - continua l’interrogazione - ha la possibilità di contribuire per il 50% al taglio delle emissioni, ossia ha un impatto potenziale nella lotta ai gas serra superiore a quello ottenibile con l’adozione delle rinnovabili; l’edilizia, infatti, incide per il 40-42% sulla bolletta energetica nazionale e per il 32% sulle emissioni di gas serra (dati dell’Intergovernmental panel on climate change, riportati da Pietro Torretta, vice presidente Ance).
 
Quindi - spiega Jannone -, secondo il vice presidente Ance, è necessario che “la certificazione acquisti un ruolo propositivo non solamente nella costruzione di edifici nuovi, ma anche nella ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente. Si calcola che nel nostro Paese quattro edifici su cinque siano inefficienti dal punto di vista energetico: si tratta, quindi, di 23 milioni di costruzioni il cui recupero potrebbe costituire una spinta importante per l'economia italiana”.
 
Poi Jannone prova a fare due conti: la nuova Direttiva, se applicata integralmente, potrebbe generare un enorme business e nuovi posti di lavoro. Un’idea di massima sui numeri si può avere confrontando due report di settore. Il primo, commissionato da Eurima, ha scoperto che “gli edifici nella UE 15 consumano 270 miliardi di euro ogni anno per mancanza di misure basiche di efficienza energetica, come tetti e pareti isolanti”. Il secondo, commissionato da Greenpeace, sottolinea invece come “un milione di euro di investimenti in efficienza energetica in genere comporta da 8 a 14 posti di lavoro in più ogni anno”. Se la Ue investe 270 miliardi di euro in ristrutturazioni di efficienza energetica, potrebbe creare quasi 3 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa.
 
Il problema maggiore - avverte il deputato - riguarda sempre la ristrutturazione degli edifici già esistenti. Se infatti, esistono a livello internazionale gli standard di certificazione per la sostenibilità dei nuovi edifici - Leed, Itaca e Casaclima, tra i principali - ancora non esistono gli standard di certificazione per gli edifici da ristrutturare.
 
Infine chiede come il Ministro intenda adeguare la normativa italiana in materia di edilizia sostenibile, a quella dell’Unione europea e quali interventi intenda adottare per realizzare degli “standard qualitativi di certificazione” per la sostenibilità degli interventi di costruzione di nuovi edifici, e di ristrutturazione di quelli esistenti.
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