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Cambio destinazione d’uso, rivoluzione con il Piano Casa

Cambio destinazione d’uso, rivoluzione con il Piano Casa

Leggi in contrasto con la giurisprudenza, finora a sfavore della Dia sostitutiva al permesso di costruire

Vedi Aggiornamento del 12/12/2011
di Paola Mammarella
12/10/2009 - Cambiamenti di destinazione d’uso, disciplina sul rilascio della Dia e del permesso di costruire, ristrutturazioni e interventi nei centri storici potrebbero subire modificazioni con l’entrata in vigore delle leggi regionali sul Piano Casa e delle relative delibere attuative comunali. In molti testi è infatti prevista, oltre agli interventi di edilizia libera, la possibilità di operare con maggiore facilità cambi di destinazione d’uso dei fabbricati in funzione anticrisi. Alle norme regionali potranno però seguire delibere comunali per limitare l’applicazione delle misure su determinati territori. Passaggio che darà luogo a strategie diverse anche all’interno della stessa regione.
 
Nelle Marche , ad esempio, sono liberalizzati i cambi di destinazione d’uso per gli edifici non residenziali inseriti in un quadro di riqualificazione urbanistica e territoriale.
 
Il percorso della Campania si è arenato proprio sulla proposta di concedere il cambio di destinazione a chi abbatte e ricostruisce immobili degradati nelle aree urbanizzate, purché una quota non inferiore al 20% delle cuba­ture sia destinata ad edilizia convenzionata. Disposizione che renderebbe possibile la conversione delle fabbriche dismesse da almeno un anno in immobili residenziali. Il ddl campano abolisce anche il permesso di costruire, sostituito da una dichiarazione giurata da parte del progettista.
 
Il Friuli annovera tra le attività di edilizia libera il cambio di destinazione d’uso, implicante il passaggio da una categoria all'altra per più del 25% della superficie utile dell’unità abitativa.
 
Nel Lazio la norma sull’aumento delle cubature prevede il via libera al cambio di destinazione d’uso dopo 10 anni dalla realizzazione degli interventi.
 
Più permissivo il ddl del Molise , dove, grazie al cambio di destinazione d’uso, i privati potranno ampliare le case e gli appartamenti bloccati dal piano regolatore.
 
Quanto approvato dalle Regioni nel filone del Piano Casa, con l’intento di procedere allo sblocco dell’edilizia, produrrebbe un cambiamento che contrasta in alcuni casi con gli orientamenti della giurisprudenza, che si è sempre espressa in maniera rigida sulla semplificazione dei titoli abilitativi inerenti a ristrutturazoni e manutenzioni straordinarie.

Finora infatti la Corte di Cassazione si è pronunciata a sfavore del cambiamento di destinazione d’uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico. È il caso della sentenza 3707 del 29 settembre scorso, con cui la Corte ha stabilito che nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, vista la sostanziale equivalenza del carico urbanistico derivante da costruzioni nell’ambito della medesima categoria.
 
La sentenza esaminata riguarda i lavori per la trasformazione di una cantina in superficie abitabile, collegata a un’altra abitazione e suddivisa in quattro vani con servizi e ripostiglio, effettuata senza titolo autorizzativo. La Corte ha rilevato un cambiamento di destinazione d’uso penalmente rilevante perché avvenuto tra categorie non omogenee dal punto di vista urbanistico, con conseguente mutamento degli standard e del carico urbanistico. È stato così confermato l’orientamento del Consiglio di Stato , che nella sentenza 583/2001 ha difeso il principio secondo il quale la destinazione di un immobile non dipende dall’uso che il soggetto ne fa in concreto, ma da quanto dichiarato nel titolo abilitativo assentito.
 
La Corte ha precisato quindi che lo strumento urbanistico rappresenta l'atto di destinazione generica e trova attuazione nel titolo che abilita a costruire, quale atto di destinazione specifica che vincola il titolare. La giurisprudenza distingue tra destinazione d'uso urbanistico , riferita alle categorie specificate dalla legge, e destinazione d'uso edilizio , riferita al singolo edificio ed alle sue capacità funzionali.
 
Le interpretazioni restrittive della giurisprudenza fino a questo momento hanno investito anche la Dia . Lo scorso marzo, con la sentenza 9894, la Cassazione ha stabilito la possibilità di modificare la destinazione d’uso di un immobile attraverso la realizzazione di opere e interventi realizzati sulla base di una semplice Dia, ma solo nel caso in cui la nuova destinazione rientra tra quelle funzionalmente omogenee e compatibili dal punto di vista urbanistico. Anche in questa pronuncia, sulla base del Dpr 380/2001 , la Corte ha precisato che la destinazione di un immobile si identifica con l’uso previsto dal titolo abilitativo. Se i lavori implicano un mutamento tra categorie funzionalmente autonome è necessario il permesso di costruire , richiesto anche per gli interventi nei centri storici che provocano un mutamento di destinazione tra categorie omogenee. La Dia è invece sufficiente per tutti gli altri casi. 

Non hanno finora beneficiato di incentivi neanche le ri strutturazioni . Lo scorso gennaio la Cassazione con la sentenza 8847/2009 ha stabilito la necessità del permesso di costruire e il pagamento del contributo di costruzione per gli interventi di manutenzione che portano alla creazione di un organismo edilizio diverso. La pronuncia ha toccato anche la classificazione delle opere abusive, tra le quali rientrano non solo le costruzioni realizzate separatamente dal corpo principale, ma qualunque struttura individuabile e suscettibile di uso indipendente.

Competenze legislative: Per l'operatività delle semplificazioni si attendono i termini entro i quali i Comuni, con apposite delibere, convalideranno le leggi regionali, prevedendo limiti o estensioni alle disposizioni. Situazione che, come lamentano gli operatori del settore costruzioni, comporterà una situazione eterogenea sul territorio. D'altra parte, però, la Cassazione, con la sentenza 3455 dello scorso dicembre, ha confermato il potere delle singole Regioni di stabilire per quali interventi sia sufficiente la Dia. La Corte tuttavia esclude da questa potestà i centri storici e i lavori che modificano la sagoma e il volume degli edifici. Limite superato dalle leggi regionali, che incentrano il rilancio dell'economia proprio sulla liberalizzazione degli aumenti volumetrici e che in qualche caso inseriscono i centri storici tra le aree soggette agli interventi.

Nella maggior parte dei casi i termini a disposizione dei Comuni per apportare modifiche al Piano Casa della Regione di cui fanno parte scadranno entro la fine di ottobre. A partire da queste date sarà delineato con più precisione il quadro normativo cui fare riferimento per la presentazione delle istanze.
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