NORMATIVA
Ddl rigenerazione urbana: cosa ne pensano architetti, imprese edili e Comuni
Consumo di suolo, il disegno di legge non piace ai Comuni
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Consumo di suolo, il disegno di legge non piace ai Comuni
Anci: iter troppo complesso che costringerà gli Enti locali a revisionare la pianificazione urbanistica col rischio di blocco delle attività
27/04/2016 - È iniziata ieri alla Camera tra le polemiche la discussione del disegno di legge sul consumo di suolo. Dopo i via libera ricevuti dalle Commissioni parlamentari (l’ultimo in Commissione Agricoltura e Ambiente della Camera) l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ha formulato una serie di critiche che mirano a rivedere alcune parti del testo.
A preoccupare i Comuni è la complessità dell’iter procedimentale per individuare le quote di suolo consumabili, che rischia di essere un onere elevato, la definizione di superficie agricola, che potrebbe innescare processi di trasformazione improvvisi, e una inadeguata fase transitoria, giudicata “non sufficiente ad evitare il potenziale e progressivo blocco dell'attività”.
Secondo l’Anci questa revisione “rischia di diventare un oneroso processo amministrativo senza fine visto che le Regioni, ogni 5 anni, dovranno disporre la riduzione del consumo del suolo determinando i criteri e le modalità da rispettare nella pianificazione urbanistica di livello comunale”. Ma non solo, perché diventerà più complicato anche localizzare le nuove opere pubbliche che comportano l''utilizzo di suolo non edificato. Per la loro realizzazione si dovrà infatti attestare che non ci sono alternative al consumo di nuovo suolo.
“Per i Comuni - suggerisce l’Anci - occorre individuare una procedura semplificata, per esempio proponendo di ridurre progressivamente la quota percentuale delle zone di nuova urbanizzazione rispetto a quelle già edificate, favorendo contemporaneamente la rigenerazione urbana”.
Questo, secondo l’Anci, potrebbe portare a processi di trasformazione improvvisi, nonché irregolari. Per questo i Comuni chiedono che siano considerate “agricole” solo le aree per cui lo strumento urbanistico riconosce questa funzione.
L’Anci lamenta che in questo modo si rischia il blocco delle attività e che sarebbe opportuno prevedere una fase transitoria per garantire il passaggio dall’attuale sistema di pianificazione a quello basato sul limitato consumo di suolo.
È infine necessaria, conclude l’Anci, una norma di raccordo tra quella statale e le diverse disposizioni regionali, che nel tempo possono aver introdotto regole diverse per limitare il consumo di suolo. Questo crea una situazione frastagliata e incerta, ma può dare luogo anche a contenziosi tra Stato e Regioni, soprattutto in un periodo in cui il governo del territorio è tornato ad essere una competenza legislativa esclusiva dello Stato.
A preoccupare i Comuni è la complessità dell’iter procedimentale per individuare le quote di suolo consumabili, che rischia di essere un onere elevato, la definizione di superficie agricola, che potrebbe innescare processi di trasformazione improvvisi, e una inadeguata fase transitoria, giudicata “non sufficiente ad evitare il potenziale e progressivo blocco dell'attività”.
Iter complesso per la riduzione del consumo di suolo
Il disegno di legge prevede che un decreto ministeriale, da adottare dopo l’entrata in vigore della legge, definisca la riduzione progressiva vincolante, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale. Si tratta, sostiene l’Anci, di un “iter complesso che costringerà i Comuni a revisionare la propria pianificazione urbanistica, almeno per quella parte degli strumenti di pianificazione attinente alle aree ora destinate all’espansione”.Secondo l’Anci questa revisione “rischia di diventare un oneroso processo amministrativo senza fine visto che le Regioni, ogni 5 anni, dovranno disporre la riduzione del consumo del suolo determinando i criteri e le modalità da rispettare nella pianificazione urbanistica di livello comunale”. Ma non solo, perché diventerà più complicato anche localizzare le nuove opere pubbliche che comportano l''utilizzo di suolo non edificato. Per la loro realizzazione si dovrà infatti attestare che non ci sono alternative al consumo di nuovo suolo.
“Per i Comuni - suggerisce l’Anci - occorre individuare una procedura semplificata, per esempio proponendo di ridurre progressivamente la quota percentuale delle zone di nuova urbanizzazione rispetto a quelle già edificate, favorendo contemporaneamente la rigenerazione urbana”.
Consumo di suolo e definizione di superficie agricola
Secondo l’associazione dei Comuni resta problematica la definizione di superficie agricola, in cui sono compresi non solo i terreni definiti come tali dallo strumento urbanistico, ma anche le altre superfici non impermeabilizzate alla data di entrata della legge.Questo, secondo l’Anci, potrebbe portare a processi di trasformazione improvvisi, nonché irregolari. Per questo i Comuni chiedono che siano considerate “agricole” solo le aree per cui lo strumento urbanistico riconosce questa funzione.
Fase transitoria inadeguata per il consumo di suolo
In base al ddl, fino all’adozione delle misure per la riduzione del consumo di suolo da parte delle Regioni, e comunque non oltre il termine di tre anni dall’entrata in vigore della legge, non è consentito il consumo di suolo tranne che per i lavori e le opere inseriti negli strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici e per le opere prioritarie.L’Anci lamenta che in questo modo si rischia il blocco delle attività e che sarebbe opportuno prevedere una fase transitoria per garantire il passaggio dall’attuale sistema di pianificazione a quello basato sul limitato consumo di suolo.
È infine necessaria, conclude l’Anci, una norma di raccordo tra quella statale e le diverse disposizioni regionali, che nel tempo possono aver introdotto regole diverse per limitare il consumo di suolo. Questo crea una situazione frastagliata e incerta, ma può dare luogo anche a contenziosi tra Stato e Regioni, soprattutto in un periodo in cui il governo del territorio è tornato ad essere una competenza legislativa esclusiva dello Stato.