
Climatizzazione, impianti autonomi e impianti centralizzati a confronto
IMPIANTI
Climatizzazione, impianti autonomi e impianti centralizzati a confronto
Vantaggi e svantaggi, costi di installazione e di esercizio ed efficienza energetica delle due soluzioni negli edifici residenziali nuovi
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del 05/03/2025

21/06/2023 - In questo articolo parleremo della progettazione degli impianti nei nuovi edifici residenziali. Più nel dettaglio ci concentreremo sugli impianti di climatizzazione invernale, climatizzazione estiva e produzione di acqua calda sanitaria, cercando di fare un confronto tra due grandi famiglie o tipologie di impianti, cioè gli impianti autonomi e gli impianti centralizzati.
Come al solito, cercheremo di non dare soluzioni pre-confezionate; l’obiettivo non è infatti quello di decretare qual è l’impianto migliore, bensì quello di far ragionare il progettista su quali siano i vantaggi e gli svantaggi dell’una e dell’altra soluzione, di modo che egli possa replicare i medesimi ragionamenti caso per caso, riuscendo a proporre ai propri clienti le soluzioni più idonee alle loro esigenze.
Iniziamo quindi il nostro percorso parlando di impianti di riscaldamento o climatizzazione invernale.
Come abbiamo detto nelle premesse, ci concentreremo sugli edifici residenziali, più omogenei come tipologia, poiché gli edifici non residenziali comprendono una gamma troppo ampia di casistiche per fare un ragionamento generale.
Nei nuovi edifici residenziali, quindi, nel caso di multi-unità (edificio plurifamiliare o condominiale) è possibile optare per un impianto di riscaldamento centralizzato oppure per più impianti autonomi (uno per ogni unità immobiliare). L’impianto centralizzato sarà quindi caratterizzato da un unico generatore o più generatori comuni a tutte le unità, situati tipicamente in centrale termica e una rete di distribuzione comune. Gli impianti autonomi avranno un generatore per ogni unità e una rete di distribuzione esclusiva.
Iniziamo con il dire che, dal punto di vista della potenza necessaria per il riscaldamento, il calcolo per intero edificio equivale alla somma dei calcoli eventualmente fatti per unità immobiliare. I kW da fornire, quindi, ovviamente non cambiano. Tuttavia, dal punto di vista dei kW realmente installati per riscaldamento, con un impianto centralizzato è tendenzialmente più agevole evitare sovradimensionamenti rispetto all’installare n generatori (in altre parole, azzeccare la taglia).
Altro aspetto legato all’installazione è che, tendenzialmente, il costo di un unico grande generatore è inferiore rispetto a n generatori più piccoli. A questo, tuttavia, occorre aggiungere che la rete di distribuzione e la componentistica di un impianto centralizzato, essendo la rete più estesa, avrà un costo leggermente superiore.
Da un punto di vista dell’efficienza energetica e quindi dei costi di esercizio, la risposta su quale sia la soluzione più efficiente va ricercata nei calcoli, provando a fare simulazioni nell’una e nell’altra eventualità. In linea di principio, un impianto centralizzato avrà dispersioni di distribuzione maggiori, in parte legate alla rete più estesa (anche se ben isolata e a bassa temperatura rimane sempre una lunghezza maggiore delle tubazioni), e anche un’efficienza di generazione minore, poiché per il generatore sarà difficile seguire importanti variazioni di carico (nelle stagioni intermedie oppure in caso di non piena occupazione dell’edificio). Su questo punto vi è da dire che negli ultimi anni la tecnologia è migliorata molto, sia per ciò che concerne i generatori (modulano con più facilità), sia per quanto riguarda i dispositivi di regolazione e controllo.
A proposito dei sistemi di regolazione e controllo, apriamo una piccola, ma importante, parentesi: di tutte le tipologie di impianti centralizzati per edifici multi-familiari, quella di gran lunga più efficiente, indipendentemente dalla tipologia di terminali, che siano essi radiatori o pannelli, è quella che prevede una distribuzione “a collettori”, di modo da poter regolare autonomamente, attraverso un termostato o crono-termostato, la temperatura per ogni unità immobiliare.
Si noti, non a caso, che questo tipo di regolazione, per i nuovi edifici è obbligatoria ai sensi del DM 26 giugno 2015 (cosiddetto decreto “Requisiti Minimi”). Il sistema di regolazione deve essere inoltre assistito da sonda climatica, il cui ruolo è quello di regolare la temperatura di mandata in funzione della temperatura dell’aria esterna. Una regolazione e un controllo della temperatura per singolo ambiente (stanza) sono opzionali e sicuramente possibili, attraverso valvole termostatiche sui radiatori o elettrovalvole (testine) sui pannelli radianti.
Diciamo quindi che gli impianti autonomi, dal punto di vista dell’efficienza energetica, sulla carta partono favoriti, ma non è detto che tale differenza sia poi così marcata. E non dimentichiamo che stiamo facendo un’analisi da un punto di vista energetico e non economico. Infatti, anche a parità di consumi tra le due soluzioni, a livello di bollette possono sussistere differenze, generalmente a favore dell’impianto centralizzato, per via di come sono calcolati gli oneri di sistema e le altre variabili in funzione della portata o della potenza del contatore.
Chiudiamo il discorso sugli impianti di riscaldamento, dicendo che in fase di esercizio, sempre da un punto di vista economico, avere un impianto centralizzato comporta minori costi di manutenzione e gestione rispetto alla somma degli impianti autonomi.
Passiamo quindi alla produzione dell’acqua calda sanitaria. Da un punto di vista energetico, così come per il riscaldamento, per vedere quale soluzione è più vantaggiosa occorre effettuare delle simulazioni. In generale gli impianti autonomi sono avvantaggiati. La differenza tra autonomi e centralizzati è, in linea teorica, più marcata rispetto al riscaldamento per via del fatto che le temperature in gioco sono più elevate (rispetto ad un impianto di riscaldamento a bassa temperatura). Per un impianto centralizzato di acqua calda sanitaria, infatti, nella maggior parte dei casi, occorrerà prevedere una rete di ricircolo, dove mediamente l’acqua è mantenuta sempre sui 48 °C (contro i 30-35 °C del classico impianto a pannelli).
Accennando al ricircolo, necessario per via della distanza tra generatore e utenze, arriviamo ad un’altra nota dolente degli impianti di acqua calda sanitaria centralizzati: il rischio legionella. Diciamo che il rischio in questo caso è maggiore negli impianti con accumulo rispetto agli impianti con produzione istantanea; tuttavia, impianti centralizzati con reti molto estese e accumuli di dimensioni più generose sono più a rischio e vanno gestiti più attentamente. Sulla legionella e sulle tecniche di riduzione dei rischi ovviamente andrebbe aperta ben più di una parentesi.
Torniamo però agli aspetti energetici: se da un lato, gli impianti autonomi sembrerebbero più vantaggiosi, dall’altro c’è da considerare il fatto non trascurabile degli obblighi di legge per quanto riguarda l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (si veda l’allegato 3 del DLgs 199/2021). Tali obblighi impongono la copertura di una determinata percentuale di consumi con FER e sono più complicati da rispettare con impianti autonomi. È vero che esistono scalda-acqua in pompa di calore, ma questi ultimi, generalmente, occupano un certo spazio (maggiore del classico boiler elettrico) e hanno anche un certo costo; quindi, non sempre sono la soluzione migliore.
Sempre parlando degli obblighi dell’Allegato 3 si noti che il compensare i consumi dei bollitori elettrici autonomi (che utilizzano delle resistenze elettriche e quindi l’effetto Joule) con un impianto fotovoltaico non è ammesso. Quindi, per i nuovi edifici, questa strada, anche se vantaggiosa sotto alcuni punti di vista, non è ammessa.
In ultimo, in relazione anche agli obblighi di manutenzione, ispezione, ecc. del DPR 74/2013 ricordiamo il fatto che la definizione di impianto termico del DLgs 192/2005, così come modificata dal Decreto legislativo 10 giugno 2020 n. 48 dice che “Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate”.
Ultimo, ma non certamente per importanza, è il raffrescamento. Per quanto riguarda questo servizio, il duello tra autonomo e centralizzato è meno acceso. Infatti, un po’ per tipologia costruttiva e un po’ anche per semplicità e praticità, nel residenziale si è sempre optato maggiormente per impianti autonomi, nella maggior parte dei casi di tipo split.
Questo complice anche il fatto che, se da un lato il raffrescamento sensibile può essere effettuato anche con un impianto idronico, e quindi magari sfruttando gli stessi terminali di riscaldamento, per i carichi latenti, cioè la rimozione dell’umidità, occorre necessariamente agire sull’aria. Tuttavia, in alcune tipologie di edifici, soprattutto di “fascia alta” è possibile anche provvedere alla climatizzazione estiva e, in questi casi, alla ventilazione, con un impianto aeraulico centralizzato e un’unica unità di trattamento aria.
Chiaramente la progettazione di tali impianti è più complessa, in quanto necessita di precisi calcoli sulle portate e un layout attento dell’intero edificio per poter far passare le condotte dell’aria. Anche in questo caso, da un lato vi è lo svantaggio delle maggiori dispersioni della rete di distribuzione e la gestione di un impianto sicuramente più complesso, ma dall’altro si possono sfruttare economie di scala nonché il vantaggio nell’avere una ventilazione meccanica controllata e quindi una qualità dell’aria potenzialmente più elevata.
Come al solito, cercheremo di non dare soluzioni pre-confezionate; l’obiettivo non è infatti quello di decretare qual è l’impianto migliore, bensì quello di far ragionare il progettista su quali siano i vantaggi e gli svantaggi dell’una e dell’altra soluzione, di modo che egli possa replicare i medesimi ragionamenti caso per caso, riuscendo a proporre ai propri clienti le soluzioni più idonee alle loro esigenze.
Iniziamo quindi il nostro percorso parlando di impianti di riscaldamento o climatizzazione invernale.
Come abbiamo detto nelle premesse, ci concentreremo sugli edifici residenziali, più omogenei come tipologia, poiché gli edifici non residenziali comprendono una gamma troppo ampia di casistiche per fare un ragionamento generale.
Nei nuovi edifici residenziali, quindi, nel caso di multi-unità (edificio plurifamiliare o condominiale) è possibile optare per un impianto di riscaldamento centralizzato oppure per più impianti autonomi (uno per ogni unità immobiliare). L’impianto centralizzato sarà quindi caratterizzato da un unico generatore o più generatori comuni a tutte le unità, situati tipicamente in centrale termica e una rete di distribuzione comune. Gli impianti autonomi avranno un generatore per ogni unità e una rete di distribuzione esclusiva.
Iniziamo con il dire che, dal punto di vista della potenza necessaria per il riscaldamento, il calcolo per intero edificio equivale alla somma dei calcoli eventualmente fatti per unità immobiliare. I kW da fornire, quindi, ovviamente non cambiano. Tuttavia, dal punto di vista dei kW realmente installati per riscaldamento, con un impianto centralizzato è tendenzialmente più agevole evitare sovradimensionamenti rispetto all’installare n generatori (in altre parole, azzeccare la taglia).
Altro aspetto legato all’installazione è che, tendenzialmente, il costo di un unico grande generatore è inferiore rispetto a n generatori più piccoli. A questo, tuttavia, occorre aggiungere che la rete di distribuzione e la componentistica di un impianto centralizzato, essendo la rete più estesa, avrà un costo leggermente superiore.
Da un punto di vista dell’efficienza energetica e quindi dei costi di esercizio, la risposta su quale sia la soluzione più efficiente va ricercata nei calcoli, provando a fare simulazioni nell’una e nell’altra eventualità. In linea di principio, un impianto centralizzato avrà dispersioni di distribuzione maggiori, in parte legate alla rete più estesa (anche se ben isolata e a bassa temperatura rimane sempre una lunghezza maggiore delle tubazioni), e anche un’efficienza di generazione minore, poiché per il generatore sarà difficile seguire importanti variazioni di carico (nelle stagioni intermedie oppure in caso di non piena occupazione dell’edificio). Su questo punto vi è da dire che negli ultimi anni la tecnologia è migliorata molto, sia per ciò che concerne i generatori (modulano con più facilità), sia per quanto riguarda i dispositivi di regolazione e controllo.
A proposito dei sistemi di regolazione e controllo, apriamo una piccola, ma importante, parentesi: di tutte le tipologie di impianti centralizzati per edifici multi-familiari, quella di gran lunga più efficiente, indipendentemente dalla tipologia di terminali, che siano essi radiatori o pannelli, è quella che prevede una distribuzione “a collettori”, di modo da poter regolare autonomamente, attraverso un termostato o crono-termostato, la temperatura per ogni unità immobiliare.
Si noti, non a caso, che questo tipo di regolazione, per i nuovi edifici è obbligatoria ai sensi del DM 26 giugno 2015 (cosiddetto decreto “Requisiti Minimi”). Il sistema di regolazione deve essere inoltre assistito da sonda climatica, il cui ruolo è quello di regolare la temperatura di mandata in funzione della temperatura dell’aria esterna. Una regolazione e un controllo della temperatura per singolo ambiente (stanza) sono opzionali e sicuramente possibili, attraverso valvole termostatiche sui radiatori o elettrovalvole (testine) sui pannelli radianti.
Diciamo quindi che gli impianti autonomi, dal punto di vista dell’efficienza energetica, sulla carta partono favoriti, ma non è detto che tale differenza sia poi così marcata. E non dimentichiamo che stiamo facendo un’analisi da un punto di vista energetico e non economico. Infatti, anche a parità di consumi tra le due soluzioni, a livello di bollette possono sussistere differenze, generalmente a favore dell’impianto centralizzato, per via di come sono calcolati gli oneri di sistema e le altre variabili in funzione della portata o della potenza del contatore.
Chiudiamo il discorso sugli impianti di riscaldamento, dicendo che in fase di esercizio, sempre da un punto di vista economico, avere un impianto centralizzato comporta minori costi di manutenzione e gestione rispetto alla somma degli impianti autonomi.
Passiamo quindi alla produzione dell’acqua calda sanitaria. Da un punto di vista energetico, così come per il riscaldamento, per vedere quale soluzione è più vantaggiosa occorre effettuare delle simulazioni. In generale gli impianti autonomi sono avvantaggiati. La differenza tra autonomi e centralizzati è, in linea teorica, più marcata rispetto al riscaldamento per via del fatto che le temperature in gioco sono più elevate (rispetto ad un impianto di riscaldamento a bassa temperatura). Per un impianto centralizzato di acqua calda sanitaria, infatti, nella maggior parte dei casi, occorrerà prevedere una rete di ricircolo, dove mediamente l’acqua è mantenuta sempre sui 48 °C (contro i 30-35 °C del classico impianto a pannelli).
Accennando al ricircolo, necessario per via della distanza tra generatore e utenze, arriviamo ad un’altra nota dolente degli impianti di acqua calda sanitaria centralizzati: il rischio legionella. Diciamo che il rischio in questo caso è maggiore negli impianti con accumulo rispetto agli impianti con produzione istantanea; tuttavia, impianti centralizzati con reti molto estese e accumuli di dimensioni più generose sono più a rischio e vanno gestiti più attentamente. Sulla legionella e sulle tecniche di riduzione dei rischi ovviamente andrebbe aperta ben più di una parentesi.
Torniamo però agli aspetti energetici: se da un lato, gli impianti autonomi sembrerebbero più vantaggiosi, dall’altro c’è da considerare il fatto non trascurabile degli obblighi di legge per quanto riguarda l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (si veda l’allegato 3 del DLgs 199/2021). Tali obblighi impongono la copertura di una determinata percentuale di consumi con FER e sono più complicati da rispettare con impianti autonomi. È vero che esistono scalda-acqua in pompa di calore, ma questi ultimi, generalmente, occupano un certo spazio (maggiore del classico boiler elettrico) e hanno anche un certo costo; quindi, non sempre sono la soluzione migliore.
Sempre parlando degli obblighi dell’Allegato 3 si noti che il compensare i consumi dei bollitori elettrici autonomi (che utilizzano delle resistenze elettriche e quindi l’effetto Joule) con un impianto fotovoltaico non è ammesso. Quindi, per i nuovi edifici, questa strada, anche se vantaggiosa sotto alcuni punti di vista, non è ammessa.
In ultimo, in relazione anche agli obblighi di manutenzione, ispezione, ecc. del DPR 74/2013 ricordiamo il fatto che la definizione di impianto termico del DLgs 192/2005, così come modificata dal Decreto legislativo 10 giugno 2020 n. 48 dice che “Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate”.
Ultimo, ma non certamente per importanza, è il raffrescamento. Per quanto riguarda questo servizio, il duello tra autonomo e centralizzato è meno acceso. Infatti, un po’ per tipologia costruttiva e un po’ anche per semplicità e praticità, nel residenziale si è sempre optato maggiormente per impianti autonomi, nella maggior parte dei casi di tipo split.
Questo complice anche il fatto che, se da un lato il raffrescamento sensibile può essere effettuato anche con un impianto idronico, e quindi magari sfruttando gli stessi terminali di riscaldamento, per i carichi latenti, cioè la rimozione dell’umidità, occorre necessariamente agire sull’aria. Tuttavia, in alcune tipologie di edifici, soprattutto di “fascia alta” è possibile anche provvedere alla climatizzazione estiva e, in questi casi, alla ventilazione, con un impianto aeraulico centralizzato e un’unica unità di trattamento aria.
Chiaramente la progettazione di tali impianti è più complessa, in quanto necessita di precisi calcoli sulle portate e un layout attento dell’intero edificio per poter far passare le condotte dell’aria. Anche in questo caso, da un lato vi è lo svantaggio delle maggiori dispersioni della rete di distribuzione e la gestione di un impianto sicuramente più complesso, ma dall’altro si possono sfruttare economie di scala nonché il vantaggio nell’avere una ventilazione meccanica controllata e quindi una qualità dell’aria potenzialmente più elevata.