21/04/2023 - Nella quasi totalità dei fabbricati costruiti nelle nostre città, sono presenti diverse strutture o spazi la cui costruzione o creazione ha il prevalente scopo di favorire il corretto godimento del bene comune.
A mero scopo esemplificativo possiamo ricordare: i vani scale e ascensore, il piano pilotis ed il cavedio, ovvero quella chiostrina interna del palazzo circoscritta dai muri interni dello stesso.
Soffermandoci proprio sul cavedio, è primariamente necessario indicare che la sua funzione è propriamente quella di permettere la ventilazione delle aree del fabbricato, nonché quella di convogliare gli sfiati dei vari locali privati dei singoli condomini ed anche, se necessario, di permettere il passaggio e ispezione di varie tubature.
I proprietari delle unità immobiliari confinanti con il cavedio possono, inoltre, aprire nuovi affacci al fine di permettere l’illuminazione dei propri ambienti ed il ricircolo dell’aria, sempre nel rispetto del divieto di modificazione dell’uso e della natura del bene comune ai sensi dell’articolo 1102 del Codice Civile.
Il cavedio, pertanto, deve ritenersi un bene comune condominiale finché non venga prodotto da un condomino un idoneo titolo con cui dimostrarne la proprietà, ovvero da un atto di compravendita precedente alla creazione del condominio, una delibera assembleare (con voto favorevole unanime) o l’acquisto a titolo originario tramite usucapione o, in via residuale, se la proprietà di tale bene è rimasta al costruttore dell’edificio divenuto successivamente condomino.
Tale ambiente, però, è stato oggetto di numerose diatribe condominiali, le quali hanno portato ad una vivace giurisprudenza di settore, anche in virtù del fatto che nonostante l’articolo 1117 del Codice Civile, rubricato “parti comuni dell’edificio” non indichi il cavedio come parte comune, allo stesso vengono generalmente applicati le regolamentazioni di tale disposizione codicistica.
Il cavedio in un condominio è un bene comune?
Come da costante orientamento giurisprudenziale (ex plurimis Cassazioni n. 8152 del 2001 e n. 5633 del 2002), la condominialità del cavedio non può essere di per sé esclusa anche nella denegata ipotesi in cui la disciplina dello stesso non sia ricompresa nel regolamento condominiale o, fattispecie di maggior gravità, la superficie del cavedio sia stata erroneamente ricompresa come proprietà di un condomino nelle tabelle condominiale, non avendo le visure catastali i requisiti di legge necessari per essere considerate come prove.
Sempre in tema di presunzione di bene condominiale, è doveroso evidenziare la recente pronuncia della Suprema Corte, la quale con l’Ordinanza 23316 del 2020 ha sancito che il cortiletto interno deve ritenersi bene comune, alla luce della sua natura accessoria e di carattere funzionale all’intero fabbricato, anche se l’unica porta di accesso allo stesso sia stata posizionata all’interno della proprietà individuale di un condomino, non essendo tale ingresso idoneo di per sé a configurare il cavedio come un bene privato.
Irrilevante è, pertanto, anche il fatto che in tale spazio vi siano solamente gli impianti di pertinenza di un singolo condomino (principio già affermato dalla Corte di Cassazione nel 2014).
Recentemente, la Suprema Corte si è nuovamente pronunciata su tale argomento, con l’Ordinanza n. 4865 del 16 febbraio 2023. La vicenda posta all’attenzione degli Ermellini, riguardava l’appropriazione della chiostrina da parte di una condomina, la quale aveva costretto il condominio a promuovere un giudizio per la restituzione del bene comune.
Nella lunga diatriba legale, in particolar modo, era emerso che né la condomina né il condominio erano in grado di provare la proprietà del cavedio, in quanto era emerso solamente un atto di registrazione di un contratto successivo alla creazione del condominio, senza fornire ulteriori elementi probatori all’apprezzamento dei Giudici.
Il cavedio in un condominio è un bene comune?
La Corte di Cassazione, in riforma della pronuncia della Corte di Appello ed accogliendo le doglianze del condominio, ha riconosciuto la proprietà condominiale del cavedio in base alla costante interpretazione del menzionato articolo 117 del Codice Civile, stante l’incapacità di controparte di poter provare in maniera precisa e dettagliata l’assoggettamento di tale bene alla proprietà privata del singolo condomino.
Da ultimo, conclamato il principio di condominialità di tale bene, è appena il caso di soffermarsi sulle problematiche in merito alla ripartizione delle spese di manutenzione e gestione.
Più in particolare la giurisprudenza minoritaria (si può ricordare il Tribunale di Genova con una nota pronuncia del 2011) ha elaborato una teoria di ripartizione delle spese basata sui millesimi dei soli appartamenti che si affacciavano sul cavedio e che, pertanto, da tale bene potevano trarre dei benefici. Sarebbero risultate a carico di tutta la compagine condominiale, invece, solamente le pareti del cavedio, in quanto bene comune del condominio.
Tale orientamento, a tratti fortemente criticato, è stato superato dall’orientamento giurisprudenziale maggioritario, il quale ha sancito la ripartizione delle spese in via generale ai sensi dell’articolo 1123 del Codice Civile, facendo rientrare la chiostrina nel novero dei beni comuni condominiali.
Alla luce delle argomentazioni esposte e della giurisprudenza citata, il cavedio, data la sua natura e salvo prova contraria, può considerarsi in linea generale un bene comune e pertanto di proprietà condominiale.