Network
Pubblica i tuoi prodotti
I cambiamenti climatici e la progettazione degli edifici
di Roberto Nidasio e Giovanni Murano - CTI Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente

I cambiamenti climatici e la progettazione degli edifici

Dati climatici, involucro, VMC, apporti termici, elementi vetrati, alberi e verde: tutti gli elementi per orientare le scelte progettuali

Vedi Aggiornamento del 07/08/2024
Foto: krisckam©123rf.com
Foto: krisckam©123rf.com
di Roberto Nidasio e Giovanni Murano - CTI Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Vedi Aggiornamento del 07/08/2024
edilportale+
04/07/2022 - Ondate di calore e siccità hanno, in questo periodo, occupato le prime pagine dei giornali. Soprattutto in alcune regioni italiane, la situazione in questo inizio estate si sta facendo sempre più critica, tanto da richiamare l’attenzione, sia dell’opinione pubblica, sia, giustamente, delle istituzioni.
 
Ma tutto ciò, per climatologi ed esperti del settore, in realtà non costituisce una sorpresa. Semmai, ogni situazione di questo tipo contribuisce a rafforzare una tesi già consolidata: il clima sta cambiando; vi è una chiara tendenza all’innalzamento delle temperature dell’aria e, in alcune zone, si osservano periodi di prolungata siccità, spesso intervallati, purtroppo, da eventi metereologici estremi e violenti.
 
Di fronte a tale scenario, da un lato, occorre chiaramente mettere in campo una serie di misure atte a contenere sul lungo termine tale pericolosa deriva, ma, dall’altro, è probabile che per i prossimi decenni ci si dovrà convivere e quindi occorre cercare di essere il più resilienti possibili nei confronti di periodi come questo.
 
Noi ci occupiamo di edifici e di energia. Viene quindi spontaneo chiedersi come impatta tutto ciò sulle scelte progettuali. Proviamo in questo articolo a fare una panoramica ragionata dell’impatto dei dati climatici e di ciò che il progettista dovrà tener conto, in particolare pensando agli aspetti energetici.
 
Iniziamo con il dire che, da questo punto di vista, i dati climatici più rilevanti sono sicuramente le temperature dell’aria esterna, l’umidità e la radiazione solare. Sono questi, infatti, i dati di input che vengono utilizzati nel calcolo della prestazione energetica di un edificio. Dati che impattano, in primo luogo, sul calcolo del fabbisogno di energia termica utile ideale del fabbricato, per riscaldamento e per raffrescamento, che poi dovrà essere soddisfatto dagli impianti termici.
 
È quasi ovvio dire che il fabbisogno energetico per mantenere gli ambienti interni in condizioni di comfort va contenuto il più possibile. Partire da un involucro performante dal punto di vista energetico è infatti la migliore situazione possibile per l’impiantista. Questo, come detto, vale sia in regime invernale, sia in regime estivo. Parlando di nuovi edifici, la strategia per il contenimento dei fabbisogni invernali passa necessariamente da un isolamento termico spinto, anche oltre il minimo richiesto per legge. Ovviamente, esagerare non serve, anche perché oltre un certo spessore di isolante, il beneficio marginale di ogni centimetro aggiuntivo è sempre più limitato. Ciò significa che oltre alla coibentazione dovremo puntare su altri accorgimenti.
 
Ed ecco che entra in gioco la seconda componente degli scambi termici: la ventilazione. Per raggiungere altissime prestazioni occorre avere un impianto di ventilazione meccanica controllata (VMC) con un recuperatore di calore efficiente. Questo in genere consente un ulteriore abbattimento dei consumi, ma attenzione alle infiltrazioni (gli spifferi, in parole povere). Infatti, la presenza di un sistema di ventilazione meccanica super efficiente può essere vanificata da un involucro con scarsa tenuta all’aria. Quindi, il tecnico dovrà tenere a mente che VMC e involucro stagno devono andare di pari passo. Le tecniche e i materiali ad oggi disponibili sul mercato consentono di ottenere risultati più che soddisfacenti. A volte non è nemmeno tanto una questione di costo, bensì di attenzione e cura nell’installazione.
 
Abbiamo quindi limitato il più possibile gli scambi di energia termica. Fermandoci un attimo a riflettere, ciò significa rendere l’edificio il più “indipendente” possibile dalla temperatura esterna e quindi anche più resiliente a mutamenti improvvisi. A proposito di variazioni nel clima, teniamo presente che non conta solo il fabbisogno in valore assoluto, ma una certa rilevanza è costituita dall’andamento dei carichi.
 
In linea generale, un involucro eccessivamente suscettibile alle variazioni ambientali esterne obbliga il progettista a scegliere un impianto che sappia reagire velocemente per mantenere gli ambienti in situazioni di comfort. Questo si traduce nell’essere più generosi con le potenze di terminali e generatori, con costi maggiori, oppure dover limitare le scelte impiantistiche a quelle più reattive: risulta difficile, ad esempio, far andare d’accordo un edificio molto vetrato con un impianto a pannelli radianti a pavimento ad alta inerzia.
 
Ad influenzare l’andamento dei fabbisogni e dei carichi, oltre che il livello di isolamento, è anche la massa delle strutture. Senza addentrarci nella trattazione tecnica, possiamo ricordare il concetto che la massa, in genere, smorza le fluttuazioni, in inverno così come in estate.
 
Apriamo quindi il capitolo apporti termici. Questi, come molti sanno, sono di due tipi: gli apporti interni, dovuti alla presenza di persone e apparecchiature, e gli apporti solari. Sui primi il progettista può far poco: dipendono dal tipo di edificio e vanno tenuti in conto nella progettazione. Edifici particolarmente critici sono ad esempio quelli con affollamenti elevanti, come ristoranti, cinema, teatri, ecc. ma anche le sale riunioni degli uffici. In questi casi il progettista deve tener conto che la presenza di persone, in edifici con involucro molto isolato, può essere addirittura sufficiente al fabbisogno per riscaldamento. Semmai vi sarà necessità di ricambi d’aria adeguati ai livelli di occupazione previsti.
 
Tutt’altro discorso, invece, sulla seconda tipologia di apporti, cioè quelli solari. Ovviamente questi dipendono in primis dalla posizione geografica del fabbricato (sono essenzialmente funzione della latitudine), ma poi anche dalle condizioni del sito (ombreggiamenti esterni dovuti all’orografia del territorio o ad altri edifici vicini). Dato che gli apporti solari costituiscono un alleato in inverno, ma il principale nemico in estate, il progettista deve essere in grado di gestirli adeguatamente. In questo ambito una buona progettazione architettonica, con aggetti e schermature adeguatamente studiate, fa più di quanto si immagini.
 
Particolare attenzione va prestata agli elementi vetrati (a parità di radiazione solare incidente, gli apporti entranti dai vetri possono essere in rapporto anche di 10 a 1 rispetto a quelli dalle superfici opache). Il Sud è l’orientamento più critico, ma per fortuna il “cammino” del Sole nel cielo è ben noto: in inverno il sole è basso, mentre in estate raggiunge le massime altezze all’orizzonte. Un aggetto orizzontale di adeguata profondità assicura quindi l’entrata dei raggi nei mesi invernali ma, al tempo stesso, l’ombreggiamento del componente vetrato nel periodo estivo. Anche gli orientamenti Est e Ovest meritano attenzione (l’Ovest, in particolare, d’estate). Ma gli ombreggiamenti non sono solo aggetti o altri edifici (sui quali non possiamo intervenire); nelle nuove costruzioni, in alcuni casi, possiamo pensare anche al verde attorno.
 
I professionisti dell’edificio, in certe situazioni, devono saper allargare i propri orizzonti e magari proporre alla committenza qualcosa che non riguarda strettamente l’edificio “costruito”. È bene sapere che alberi e verde possono essere nostri preziosi alleati poiché la natura ha previsto che alcune specie perdano le foglie d’inverno e abbiano folte chiome d’estate; in altre parole, consentono il passaggio della luce quando occorre e schermano nei mesi più caldi: proprio quel che serve all’edificio!
 
Chiudiamo con un rapido accenno al colore delle superfici: non è casuale il fatto che in molte zone calde domini il bianco. Gusto ed estetica dovrebbero quindi sempre coniugarsi con tecnica e funzionalità.
 
Abbiamo finora parlato molto di involucro. Dedichiamo quindi il giusto spazio anche agli impianti, in particolare quelli di riscaldamento e raffrescamento. Riguardo la climatizzazione invernale, è noto che ci sono delle tipologie di generatore che sono più sensibili alle variazioni climatiche esterne. Le prestazioni energetiche delle caldaie, infatti, non variano molto al variare delle temperature esterne (ad eccezione delle perdite al mantello, motivo per il quale è comunque sconsigliabile l’installazione all’esterno).
 
Ma è con le pompe di calore che occorre un occhio molto più attento al clima della località. Soprattutto le pompe di calore con sorgente fredda aria esterna, infatti, risentono fortemente delle basse temperature: in tali casi le prestazioni della macchina (COP) possono degradare notevolmente. Per tale motivo, quanto il progettista sceglie una macchina, è bene che guardi le prestazioni non solo nelle condizioni “medie”, come possono essere ad esempio i 7 °C, ma anche come si comporta la macchina in condizioni più critiche.
 
La normativa di prodotto prescrive che vengano dichiarate le prestazioni a diverse temperature, anche sotto gli 0 °C. In genere, le moderne macchine non hanno problemi di funzionamento anche a queste temperature; tuttavia, le prestazioni energetiche potrebbero non essere ottimali, anche a causa della necessità di defrost (sbrinamento) della batteria esterna (l’evaporatore). Riguardo tale fenomeno, occorre tenere presente che un ruolo fondamentale non è giocato dalla sola temperatura, ma anche dall’umidità. Ciò che le macchine non gradiscono sono, infatti, le basse temperature associate ad alti livelli di umidità relativa, poiché tali condizioni portano alla formazione di ghiaccio tra le alette della batteria; proprio come avviene del freezer di casa, questo provoca una riduzione della capacità di scambio della batteria.
 
Chiudiamo questa panoramica con uno sguardo anche al regime estivo. Anche in questo caso l’umidità può essere rilevante, ma sotto forma di carichi latenti che, al pari dei sensibili, devono essere smaltiti. In questo settore la tecnologia ha, negli ultimi anni, trovato soluzioni sempre più efficienti, combinando magari l’azione delle macchine al free-cooling. Quest’ultimo può essere effettuato utilizzando il sistema aeraulico nelle ore più fresche della notte, oppure può anche essere di tipo idronico, con sistemi che sfruttano le più basse temperature dell’acqua di falda o di altre sorgenti.
 
A proposito di free-cooling, che è una tecnica utilizzata anche “manualmente” nelle comuni abitazioni, la tendenza ad avere prolungati periodi di forte irradiazione e siccità, purtroppo provoca anche i fenomeni delle isole di calore e delle notti tropicali, cioè l’avere temperature minime sopra i 20 °C. Questo chiaramente è un ulteriore problema, che merita un approfondimento a parte, ma che, nello svolgimento del proprio lavoro, progettisti di edifici e urbanisti dovrebbero tenere bene a mente, unitamente a tutto quanto abbiamo appena detto.
 
Le più lette