Questa la ricetta per combattere l’esodo degli abitanti dei piccoli Comuni italiani verso i centri di maggiori dimensioni proposta dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) durante la diciassettesima conferenza nazionale ‘Anci Piccoli Comuni’ che si è svolta il 30 giugno scorso a San Benedetto del Tronto.
Piccoli Comuni: la situazione attuale
L’Anci ha presentato una fotografia della situazione dei 5.591 Comuni italiani sotto i cinquemila abitanti: negli ultimi quarant’anni in circa duemila Comuni la popolazione si è ridotta del 20% e sono tremila i Comuni disabitati o scarsamente abitati. Esiste però un dato in controtendenza: in 581 enti, il 10% dei piccoli Comuni italiani, la popolazione cresce mediamente del 9%, superando di tre volte il trend negativo dello spopolamento.Secondo l’Anci, per non subire lo spopolamento occorre prendere le mosse da quello che i piccoli Comuni possiedono: appartiene alla categoria il 73% dei borghi più belli d’Italia e il 94% dei 'piccoli' vanta almeno un prodotto a marchio di denominazione di origine protetta (Dop).
Recupero dei piccoli borghi: serve un piano ad hoc
Il presidente Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha chiesto al Governo “la creazione di un fondo nazionale mirato a finanziare un grande programma di sviluppo dei piccoli Comuni, che, prendendo a modello quanto realizzato con il 'Bando Periferie' nelle città capoluogo, finanzi progetti per riqualificare i centri storici e recuperare edifici in stato di abbandono, e incentivi l’animazione imprenditoriale e la qualificazione professionale”.In tema 'Agenda del controesodo', il presidente dell'Anci ha aggiunto: "vogliamo un Bando delle zone urbane degradate riservato per i piccoli comuni, come esiste quello periferie per i capoluoghi di provincia, da programmare annualmente, così da avere risorse e evitare l'esodo dalle aree interne".
Decaro ha posto l'obiettivo a medio termine, aggiungendo: “Abbiamo sistemato tante cose ed è tempo per l'Anci di dedicarsi anima e corpo ai piccoli Comuni. Ci adopereremo affinché la legge Realacci completi rapidamente il proprio iter, completa, però, di adeguati strumenti finanziari, altrimenti non serve a niente. Va riequilibrato e riparametrato il valore dell'indennità degli amministratori locali. In molti casi quello del sindaco è volontariato e così facendo si rischia, soprattutto nei centri più piccoli, di non trovare nessuno disposto a immolarsi per questa carica”.
“Serve, infine, una flessibilità organizzativa che tenga conto delle dimensioni demografiche e che riconosca in particolare ai piccoli Comuni norme più semplici ed accessibili su acquisti, appalti, personale, spesa, contabilità, ecc”, ha concluso Decaro.