Rinnovabili, col decreto Fare 2 gli incentivi cambierebbero così
NORMATIVA
Rinnovabili, col decreto Fare 2 gli incentivi cambierebbero così
La nuova bozza propone l’eliminazione del prezzo minimo garantito, proteste da Assorinnovabili
01/10/2013 - Non ha ancora iniziato la discussione, ma già accende il dibattito sui suoi contenuti. È la bozza di Decreto del Fare 2, che contiene diverse misure per la revisione degli incentivi alle rinnovabili.
Tra le misure che hanno destato qualche contestazione da parte di Assorinnovabili c’è l’eliminazione del prezzo minimo garantito, pagato nel momento in cui il produttore immette l’energia elettrica prodotta da rinnovabili nella rete, e la sostituzione col prezzo di mercato, in molti casi inferiore.
Il testo rivede il ritiro dedicato, introdotto dal Decreto legislativo 387/2003 e dalla Legge 239/2004 che, come spiegato dalla relazione illustrativa, riguarda principalmente gli impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili di potenza fino a 10 MW o di potenza qualunque se alimentati da fonti non programmabili.
Al momento, il ritiro dedicato prevede che, su richiesta del produttore, l’energia sia ritirata dal Gse a un prezzo determinato dall’Aeeg, Autorità per l’energia elettrica e il gas, con riferimento alle condizioni di mercato, e collocata sul mercato.
Come si legge nella relazione, per alcune produzioni il prezzo è superiore a quello ricavato dal GSE (perché comprensivo dell’incentivo) e la differenza viene posta a carico della componente A3 delle tariffe elettriche. Attualmente, inoltre, per produzioni realizzabili da impianti di potenza non superiore a 1 MW e fino a un limite di produzione di 2000 MWh annui, il prezzo di ritiro è superiore ai prezzi di mercato e almeno il 60% del costo del ritiro dedicato va a vantaggio di impianti che accedono agli incentivi sull’energia prodotta.
Secondo il testo del DL del Fare 2, per gli impianti a fonti rinnovabili incentivati il prezzo di ritiro dovrebbe essere pari al prezzo zonale orario. Tenuto conto dell’incremento degli impianti nel 2013, ci si attende una riduzione degli oneri in bolletta di circa 170 milioni di euro all’anno.
A detta di Assorinnovabili, associazione che riunisce i produttori di energia da fonti rinnovabili, la misura costituirebbe una penalizzazione per i “pionieri della generazione distribuita”. Per il presidente, Agostino Re Rebaudengo, la cancellazione dei prezzi minimi garantiti colpirebbe infatti retroattivamente più di 10 mila piccoli impianti.
Le altre misure
Sempre in materia di rinnovabili, il decreto propone di differenziare la durata e la percentuale degli incentivi per ridurre il loro peso sulla bolletta elettrica. I produttori dovrebbero scegliere se continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo o optare per una diminuzione dell’incentivo, che durerebbe però sette anni in più.
Quest’ultima possibilità non si applicherebbe però agli impianti diversi dal fotovoltaico, incentivati ai sensi del DM 6 luglio 2012, ad eccezione di quelli ricadenti nel regime transitorio, e agli impianti incentivati dal provvedimento 6/1992 del Comitato interministeriale dei prezzi, che stabilisce quando una fonte energetica può essere considerata rinnovabile.
Per contenere il peso delle rinnovabili sulla bolletta elettrica, cresciuto da 4,5 a 11 miliardi di euro all’anno dal 2010 al 2013, la bozza propone infine di mettere sul mercato delle obbligazioni che possono avere durata, anche differenziata, fino a 30 anni.
Ipotizzando che si ricorra al mercato finanziario per 2 miliardi di euro l’anno, nello stesso periodo si potrebbe ottenere una riduzione del peso degli oneri sulle tariffe del 15-20%.
Tra le misure che hanno destato qualche contestazione da parte di Assorinnovabili c’è l’eliminazione del prezzo minimo garantito, pagato nel momento in cui il produttore immette l’energia elettrica prodotta da rinnovabili nella rete, e la sostituzione col prezzo di mercato, in molti casi inferiore.
Il testo rivede il ritiro dedicato, introdotto dal Decreto legislativo 387/2003 e dalla Legge 239/2004 che, come spiegato dalla relazione illustrativa, riguarda principalmente gli impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili di potenza fino a 10 MW o di potenza qualunque se alimentati da fonti non programmabili.
Al momento, il ritiro dedicato prevede che, su richiesta del produttore, l’energia sia ritirata dal Gse a un prezzo determinato dall’Aeeg, Autorità per l’energia elettrica e il gas, con riferimento alle condizioni di mercato, e collocata sul mercato.
Come si legge nella relazione, per alcune produzioni il prezzo è superiore a quello ricavato dal GSE (perché comprensivo dell’incentivo) e la differenza viene posta a carico della componente A3 delle tariffe elettriche. Attualmente, inoltre, per produzioni realizzabili da impianti di potenza non superiore a 1 MW e fino a un limite di produzione di 2000 MWh annui, il prezzo di ritiro è superiore ai prezzi di mercato e almeno il 60% del costo del ritiro dedicato va a vantaggio di impianti che accedono agli incentivi sull’energia prodotta.
Secondo il testo del DL del Fare 2, per gli impianti a fonti rinnovabili incentivati il prezzo di ritiro dovrebbe essere pari al prezzo zonale orario. Tenuto conto dell’incremento degli impianti nel 2013, ci si attende una riduzione degli oneri in bolletta di circa 170 milioni di euro all’anno.
A detta di Assorinnovabili, associazione che riunisce i produttori di energia da fonti rinnovabili, la misura costituirebbe una penalizzazione per i “pionieri della generazione distribuita”. Per il presidente, Agostino Re Rebaudengo, la cancellazione dei prezzi minimi garantiti colpirebbe infatti retroattivamente più di 10 mila piccoli impianti.
Le altre misure
Sempre in materia di rinnovabili, il decreto propone di differenziare la durata e la percentuale degli incentivi per ridurre il loro peso sulla bolletta elettrica. I produttori dovrebbero scegliere se continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo o optare per una diminuzione dell’incentivo, che durerebbe però sette anni in più.
Quest’ultima possibilità non si applicherebbe però agli impianti diversi dal fotovoltaico, incentivati ai sensi del DM 6 luglio 2012, ad eccezione di quelli ricadenti nel regime transitorio, e agli impianti incentivati dal provvedimento 6/1992 del Comitato interministeriale dei prezzi, che stabilisce quando una fonte energetica può essere considerata rinnovabile.
Per contenere il peso delle rinnovabili sulla bolletta elettrica, cresciuto da 4,5 a 11 miliardi di euro all’anno dal 2010 al 2013, la bozza propone infine di mettere sul mercato delle obbligazioni che possono avere durata, anche differenziata, fino a 30 anni.
Ipotizzando che si ricorra al mercato finanziario per 2 miliardi di euro l’anno, nello stesso periodo si potrebbe ottenere una riduzione del peso degli oneri sulle tariffe del 15-20%.