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Direttiva europea Case Green, chi pagherà la riqualificazione energetica?

Direttiva europea Case Green, chi pagherà la riqualificazione energetica?

Maggioranza preoccupata dell’impatto economico sui proprietari. L’opposizione chiede che i lavori siano supportati da risorse finanziarie

Vedi Aggiornamento del 20/05/2024
Direttiva europea Case Green, chi pagherà la riqualificazione energetica?
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 20/05/2024
02/02/2023 - La direttiva europea in materia di prestazione energetica nell’edilizia, che la UE sta mettendo a punto, (pre)occupa anche le forze politiche italiane, che ne stanno discutendo in Parlamento.
 
La proposta di direttiva in discussione a Bruxelles - lo ricordiamo - prevede che nell’Unione europea gli edifici nuovi dovranno essere a emissioni zero entro il 2030 e gli edifici esistenti dovranno diventare a emissioni zero entro il 2050 con step intermedi per gli immobili residenziali: raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033.

Alle mozioni proposte nei giorni scorsi, si aggiungono nuove Risoluzioni presentate alla Camera nella seduta di martedì delle Commissioni Riunite Ambiente e Attività Produttive da deputati di Fratelli d’Italia, Lega, Verdi, Movimento 5 Stelle e Azione - Italia Viva.
 
Come già espresso nella mozione, Fratelli d’Italia, con Tommaso Foti, ha evidenziato che la direttiva, qualora non dovesse essere modificata nella parte relativa alle tempistiche e alle classi energetiche, potrebbe obbligare a ristrutturare gran parte degli edifici residenziali nazionali, con un pesante impatto sui proprietari e sui conduttori, che dovrebbero realizzare gli interventi necessari per raggiungere gli obiettivi fissati dalla proposta di direttiva stessa, e con problemi per il sistema creditizio nazionale.
 
Fratelli d’Italia chiede quindi al Governo di seguire con attenzione l’evoluzione della normativa, rappresentando in sede europea le peculiarità del patrimonio immobiliare italiano, diffuso e risalente nel tempo.
 
Anche la Lega ribadisce la richiesta che la UE cali le esigenze di sostenibilità ambientale nel contesto italiano, il cui patrimonio immobiliare, cresciuto molto nell’immediato dopoguerra, si compone di oltre 57 milioni di unità, di cui 19,5 milioni abitazioni principali. Il deputato leghista Gianpiero Zinzi ha osservato che nei borghi, nelle frazioni e nelle piccole comunità sarebbe impossibile applicare quanto prospettato, per di più nei tempi previsti, e ha sottolineato l’esigenza di tutelare il patrimonio valorizzando però le caratteristiche italiane.
 
Secondo la leghista Giorgia Andreuzza, l’impatto delle misure discusse sarà assai rilevante e la ravvicinata scadenza del 2030 dovrebbe consigliare le Commissioni riunite di essere il più possibile pragmatiche e di affrontare la tematica rifuggendo da facili ideologismi, attraverso l’audizione delle diverse parti coinvolte che forniscano un quadro su tempi di esecuzione, condizioni applicative delle normative, materiali e relativi costi. Questi approfondimenti potrebbero, secondo Andreuzza, aiutare ad evitare di compiere scelte punitive nei confronti dei cittadini
 

Di diverso tenore l’intervento dei Verdi: secondo Angelo Bonelli è opportuno che sia fornita una corretta informazione, senza generare un clima di paura. La direttiva, a suo giudizio, non va contro i proprietari, ma traccia il solco di una modernizzazione del Paese, per la quale occorre una maggiore tutela delle fasce sociali più deboli, già prevista nella stessa normativa dell’UE in fase di preparazione anche con il ricorso al Fondo sociale per il clima.
 
Bonelli ha sottolineato che la norma europea dà agli Stati la facoltà di adattare la disciplina alle caratteristiche dei patrimoni edilizi nazionali e ha chiesto di fare chiarezza su alcune affermazioni, a suo avviso errate, come l’impossibilità di vendere l’immobile nel caso non venga conseguito il certificato energetico o le modalità di applicazione della normativa nei centri storici.
 
In ultimo, i Verdi ritengono fondamentale razionalizzare il sistema degli incentivi fiscali in modo strutturale, sia ai fini del miglioramento del patrimonio edilizio che per dare un importante contributo in termini occupazionali.
 
Il Movimento 5 Stelle, con Agostino Santillo, uno dei ‘padri’ del superbonus 110%, ritiene che il tema del miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, emerso durante la pandemia, nel duplice obiettivo di tutelare l’ambiente intervenendo sugli edifici per diminuire le emissioni di gas serra e generare posti di lavoro, non possa essere affrontato disgiuntamente da quello relativo al superbonus.
 
Secondo Santillo, l’Italia è stata precursore di un processo che oggi l’Europa chiede di intraprendere in un orizzonte temporale ormai prossimo e che si è arrestato per le scelte del precedente Governo. E ritiene fondamentale un confronto con gli altri Paesi UE e con la Commissione europea affinché il costo delle ristrutturazioni del patrimonio immobiliare nazionale sia garantito da strumenti finanziari emessi in ambito unionale.
 

La deputata Daniela Ruffino di Azione - Italia Viva ha sottolineato l’importanza della proposta europea, che contiene lo sfidante obiettivo della decarbonizzazione degli edifici nuovi a partire dal 1° gennaio 2030 e degli edifici di proprietà pubblica a partire dal 1° gennaio 2028, e l’ancora più sfidante obiettivo della completa decarbonizzazione a partire dal 2050 del parco immobiliare.
 
Quanto al superbonus, Ruffino ha richiamato uno studio della Banca d’Italia che prevedere un saldo finanziario neutro solamente nel 2067, e probabilmente non prima del 2100. D’altro canto, ha evidenziato la forte peculiarità del Paese, anche a causa della sua varietà geomorfologica, la necessità di considerare solo i costi diretti che sono gli unici valutabili, la facoltà per i singoli Stati di delineare i propri piani di esecuzione, la necessità di armonizzare i catasti termici regionali in un unico catasto nazionale, e infine l’opportunità di una certificazione univoca sul territorio nazionale e non più su scala regionale. 
 
Il Partito Democratico, pur non avendo presentato Risoluzioni, è intervenuto, con Marco Simiani, per affermare che la UE deve mettere a disposizione adeguate risorse al fine di dare una risposta concreta che accompagni il percorso delineato dalla direttiva e permettere il raggiungimento degli obiettivi fissati. Inoltre, secondo il PD, sarebbe opportuno collegare gli incentivi all’aumento della classe energetica e finanziare al 100% gli edifici pubblici. 

Infine, il presidente della Commissione Ambiente ha annunciato che si procederà con audizioni sui temi della direttiva europea e degli incentivi fiscali in materia edilizia. 
 

Direttiva europea Case Green, nuova bozza

Le pressioni dei partiti potrebbero ottenere qualche effetto: in una nuova bozza della direttiva è previsto che almeno fino al 2037 e fino al 22% dell’edilizia residenziale possano essere applicate condizioni più flessibili. Tra gli edifici soggetti a regole meno stringenti ci sarebbero i luoghi di culto e le strutture temporanee, come uffici di cantiere e stabilimenti balneari.

Resterebbero comunque esenti dai nuovi obblighi:
- edifici storici o dal particolare valore architettonico;
- immobili collocati in aree vincolate o protette;
- unità residenziali utilizzate per meno di quattro mesi all’anno o con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo standard.

La bozza di direttiva sarà all’esame della Commissione energia del Parlamento europeo il 9 febbraio e della Plenaria il 13 marzo 2023.
 
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