
Risanamento, ristrutturazione o nuova costruzione? I confini della demolizione e ricostruzione
NORMATIVA
Risanamento, ristrutturazione o nuova costruzione? I confini della demolizione e ricostruzione
Gli aspetti da considerare per capire se e dove si può abbattere totalmente o parzialmente un edificio e riedificarlo
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del 11/06/2025

04/10/2023 - Un intervento di demolizione e ricostruzione può essere parziale o totale e portare alla realizzazione di un edificio che riproduce le caratteristiche di quello preesistente oppure le modifica.
La ricostruzione, ad esempio, può avvenire in un’area di sedime diversa, ma effettivamente di quanto può essere spostato l’edificio?
A seconda dalle variazioni prodotte con i lavori e dagli strumenti urbanistici locali, l’intervento di demolizione e ricostruzione può classificarsi come nuova costruzione, ristrutturazione edilizia o risanamento conservativo.
La zona in cui si vogliono realizzare i lavori può infine determinare la possibilità o il divieto di effettuare l’intervento di demolizione e ricostruzione.
Sull’argomento, che può dare luogo a qualche incertezza, è intervenuta più volte la giurisprudenza.
Nella pratica, però, di quanto può essere spostato l’edificio per rimanere nel perimetro della ristrutturazione?
A questa domanda ha risposto il Tar Sicilia con la sentenza 2409/2023. Il Tar ha esaminato il ricorso contro il parere contrario sul rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia attraverso la demolizione dell’edificio e la ricostruzione su un altro lotto, ad una distanza di 150 metri dall’edificio preesistente.
Secondo il privato, che ha richiesto il permesso di costruire, l’intervento si qualifica come ristrutturazione edilizia dal momento che l’articolo 3, comma 1 lettera d) del Testo Unico edilizia consente la demolizione e ricostruzione con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
I giudici, illustrando i contenuti dei lavori preparatori del Decreto Semplificazioni del 2020, hanno spiegato che l’obiettivo della norma è riutilizzare, anche in modo particolarmente ampio, il suolo già consumato, ma non consentire la ricostruzione in un luogo del tutto diverso.
Secondo il Tar, se fosse consentita la demolizione e ricostruzione in un luogo del tutto diverso, svanirebbe il confine tra ristrutturazione e nuova costruzione.
I giudici hanno concluso che il fine della ristrutturazione è il contenimento del consumo di suolo e che una demolizione e ricostruzione si qualifica come ristrutturazione se dopo i lavori resta una traccia dell’edificio preesistente.
Dal momento che avrebbe rappresentato una nuova costruzione, i giudici hanno confermato il diniego del permesso di costruire.
Questo non significa che la demolizione e ricostruzione in un altro lotto sia vietata, ma solo che non può essere considerata una ristrutturazione edilizia. Il privato può quindi richiedere il permesso di costruire per la realizzazione di una nuova costruzione, a condizione che le norme consentano gli interventi di nuova edificazione.
I giudici del Consiglio di Stato, con la sentenza 8359/2023, hanno esaminato il ricorso contro l’ordine di demolizione di opere abusive emesso da un Comune.
Prima di risolvere il caso, il CdS ha ricordato che gli interventi di demolizione e ricostruzione nei centri storici sono consentiti se si qualificano come ristrutturazioni edilizie.
Per essere considerati come una ristrutturazione edilizia, nei centri storici gli interventi di demolizione e ricostruzione devono rispettare determinati requisiti: mantenere gli stessi sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
Nel caso esaminato, invece, la ricostruzione è avvenuta con una sopraelevazione, la modifica del tetto e la creazione di lucernari e nuove finestre. Sono stati inoltre utilizzati materiali diversi rispetto a quelli originari.
Sulla base di questi motivi, i giudici hanno confermato l’ordine di demolizione emesso dal Comune.
I giudici hanno esaminato il ricorso contro la realizzazione di una ristrutturazione e riqualificazione energetica in un centro storico. L’intervento prevedeva la demolizione parziale della muratura perimetrale. Secondo il ricorrente, si trattava di un intervento vietato nel centro storico.
Il CdS ha osservato che le norme attuative dello strumento urbanistico, destinate agli insediamenti storici, inseriscono tra gli interventi di risanamento conservativo, consentiti nei centri storici, il rifacimento di porzioni strutturali del fabbricato quando il loro consolidamento con metodi alternativi risulti impossibile.
I giudici hanno aggiunto che, anche per la giurisprudenza amministrativa, il rifacimento di una porzione di muratura perimetrale ammalorata, realizzata nel rispetto degli elementi formali e strutturali dell’edificio originario, integra un intervento di risanamento conservativo.
Dagli accertamenti è emerso che la demolizione non è stata totale, che sono state salvaguardate le caratteristiche dell’edificio e che per il risanamento non erano praticabili soluzioni diverse dalla parziale demolizione e ricostruzione.
I giudici hanno quindi respinto il ricorso e confermato la legittimità dell’intervento di parziale demolizione e ricostruzione.
La ricostruzione, ad esempio, può avvenire in un’area di sedime diversa, ma effettivamente di quanto può essere spostato l’edificio?
A seconda dalle variazioni prodotte con i lavori e dagli strumenti urbanistici locali, l’intervento di demolizione e ricostruzione può classificarsi come nuova costruzione, ristrutturazione edilizia o risanamento conservativo.
La zona in cui si vogliono realizzare i lavori può infine determinare la possibilità o il divieto di effettuare l’intervento di demolizione e ricostruzione.
Sull’argomento, che può dare luogo a qualche incertezza, è intervenuta più volte la giurisprudenza.
Demolizione e ricostruzione su un’area diversa, ristrutturazione o nuova costruzione?
Uno dei casi risolti riguarda la possibilità di ricostruire l’edificio demolito in una zona diversa. Il Decreto Semplificazioni (Legge 120/2020) ha modificato il Testo Unico dell’edilizia (Dpr 380/2001), annoverando tra gli interventi di ristrutturazione edilizia la demolizione e successiva ricostruzione in una diversa area di sedime.Nella pratica, però, di quanto può essere spostato l’edificio per rimanere nel perimetro della ristrutturazione?
A questa domanda ha risposto il Tar Sicilia con la sentenza 2409/2023. Il Tar ha esaminato il ricorso contro il parere contrario sul rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia attraverso la demolizione dell’edificio e la ricostruzione su un altro lotto, ad una distanza di 150 metri dall’edificio preesistente.
Secondo il privato, che ha richiesto il permesso di costruire, l’intervento si qualifica come ristrutturazione edilizia dal momento che l’articolo 3, comma 1 lettera d) del Testo Unico edilizia consente la demolizione e ricostruzione con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
I giudici, illustrando i contenuti dei lavori preparatori del Decreto Semplificazioni del 2020, hanno spiegato che l’obiettivo della norma è riutilizzare, anche in modo particolarmente ampio, il suolo già consumato, ma non consentire la ricostruzione in un luogo del tutto diverso.
Secondo il Tar, se fosse consentita la demolizione e ricostruzione in un luogo del tutto diverso, svanirebbe il confine tra ristrutturazione e nuova costruzione.
I giudici hanno concluso che il fine della ristrutturazione è il contenimento del consumo di suolo e che una demolizione e ricostruzione si qualifica come ristrutturazione se dopo i lavori resta una traccia dell’edificio preesistente.
Dal momento che avrebbe rappresentato una nuova costruzione, i giudici hanno confermato il diniego del permesso di costruire.
Questo non significa che la demolizione e ricostruzione in un altro lotto sia vietata, ma solo che non può essere considerata una ristrutturazione edilizia. Il privato può quindi richiedere il permesso di costruire per la realizzazione di una nuova costruzione, a condizione che le norme consentano gli interventi di nuova edificazione.
Demolizione e ricostruzione nel centro storico, è ristrutturazione edilizia?
Un altro dubbio, affrontato dalla giurisprudenza, riguarda la realizzazione degli interventi di demolizione e ricostruzione nei centri storici.I giudici del Consiglio di Stato, con la sentenza 8359/2023, hanno esaminato il ricorso contro l’ordine di demolizione di opere abusive emesso da un Comune.
Prima di risolvere il caso, il CdS ha ricordato che gli interventi di demolizione e ricostruzione nei centri storici sono consentiti se si qualificano come ristrutturazioni edilizie.
Per essere considerati come una ristrutturazione edilizia, nei centri storici gli interventi di demolizione e ricostruzione devono rispettare determinati requisiti: mantenere gli stessi sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
Nel caso esaminato, invece, la ricostruzione è avvenuta con una sopraelevazione, la modifica del tetto e la creazione di lucernari e nuove finestre. Sono stati inoltre utilizzati materiali diversi rispetto a quelli originari.
Sulla base di questi motivi, i giudici hanno confermato l’ordine di demolizione emesso dal Comune.
Demolizione e ricostruzione nel centro storico come restauro e risanamento conservativo
Rimanendo nel perimetro dei centri storici, con la sentenza 8564/2023, il Consiglio di Stato ha spiegato che la parziale demolizione e ricostruzione di un muro perimetrale può essere considerata un intervento di restauro e risanamento conservativo.I giudici hanno esaminato il ricorso contro la realizzazione di una ristrutturazione e riqualificazione energetica in un centro storico. L’intervento prevedeva la demolizione parziale della muratura perimetrale. Secondo il ricorrente, si trattava di un intervento vietato nel centro storico.
Il CdS ha osservato che le norme attuative dello strumento urbanistico, destinate agli insediamenti storici, inseriscono tra gli interventi di risanamento conservativo, consentiti nei centri storici, il rifacimento di porzioni strutturali del fabbricato quando il loro consolidamento con metodi alternativi risulti impossibile.
I giudici hanno aggiunto che, anche per la giurisprudenza amministrativa, il rifacimento di una porzione di muratura perimetrale ammalorata, realizzata nel rispetto degli elementi formali e strutturali dell’edificio originario, integra un intervento di risanamento conservativo.
Dagli accertamenti è emerso che la demolizione non è stata totale, che sono state salvaguardate le caratteristiche dell’edificio e che per il risanamento non erano praticabili soluzioni diverse dalla parziale demolizione e ricostruzione.
I giudici hanno quindi respinto il ricorso e confermato la legittimità dell’intervento di parziale demolizione e ricostruzione.