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Quasi triplicate le tasse sulla casa dal 2011 ad oggi
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Quasi triplicate le tasse sulla casa dal 2011 ad oggi
Assimpredil-Ance avverte: “Necessario un ripensamento della tassazione immobiliare”
Vedi Aggiornamento del 15/10/2015
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19/11/2014 - L’Italia è passata dai 9 miliardi di euro di tasse sulla casa del 2011 ai quasi 25 miliardi attuali con conseguente depressione del settore edile già in crisi da alcuni anni; questo l’allarme lanciato dal Presidente di Assimpredil Ance, Claudio De Albertis nel corso del convegno “La casa nel mirino” tenutosi a Milano il 17 Novembre.
In quest’occasione l’Assimpredil-Ance ha presentato una ricerca sull’incidenza della fiscalità sul processo di trasformazione immobiliare evidenziando i principali tributi che gravano sui costruttori e le entrate dello Stato derivanti dal ciclo produttivo edilizio.
La ricerca si articola in una parte teorica e in due casi studio in cui si fa un’analisi numerica di dati reali desunti dalla contabilità industriale di alcuni interventi immobiliari.
Il caso pratico, ipotizzato nel comune di Milano, mette in luce come per un investimento immobiliare di 22,5 milioni di euro (tra la fase di acquisizione aree, di costruzione e di realizzazione-vendita) lo Stato arrivi a guadagnare, senza alcun rischio d’impresa, 7,2 milioni di euro se vengono venduti tutti gli appartamenti e 2,8 milioni se non se ne vende nessuno; l’imprenditore invece avrebbe un profitto di 4,3 milioni nel primo caso e nessun guadagno nel caso peggiore.
E’ evidente quindi - secondo l'Ance - l’iniquità della tassazione che non tiene in conto la considerevole esposizione economica e finanziaria richiesta alle imprese fin dalla fase di avvio del cantiere, a fronte di un risultato che arriva solo dopo diversi anni.
A ciò si aggiungono tasse come Imu e Tasi che l’investitore deve pagare sull’area edificabile per il periodo di costruzione dell’opera. Ad esempio per un’area del valore di 9 milioni di euro l’importo annuale di Imu+Tasi ammonterebbe a 102.600 euro.
Se la situazione permane allo stato attuale ne risentiranno non solo i costruttori e gli investitori del settore edile ma anche i proprietari di abitazioni. Quindi il messaggio che De Albertis lancia è chiaro: “bisogna ripensare al sistema di tassazione immobiliare”.
“La proprietà di una casa non è più una fonte di sicurezza economica ma piuttosto una sicura fonte di uscite”, evidenzia l’Ance, “la tassazione patrimoniale sul valore degli immobili prescinde dalla situazione reddituale e personale del contribuente e questa perdita di ricchezza colpisce la propensione al consumo degli italiani.”
Secondo l’associazione per rilanciare i consumi e far tornare a crescere il settore delle costruzioni, che da sempre in Italia ha generato sviluppo e occupazione, è necessaria una manovra che riveda gli attuali livelli di tassazione immobiliare e permetta all’edilizia di investire nella rigenerazione del territorio e nel recupero delle aree dismesse.
In quest’occasione l’Assimpredil-Ance ha presentato una ricerca sull’incidenza della fiscalità sul processo di trasformazione immobiliare evidenziando i principali tributi che gravano sui costruttori e le entrate dello Stato derivanti dal ciclo produttivo edilizio.
La ricerca si articola in una parte teorica e in due casi studio in cui si fa un’analisi numerica di dati reali desunti dalla contabilità industriale di alcuni interventi immobiliari.
Il caso pratico, ipotizzato nel comune di Milano, mette in luce come per un investimento immobiliare di 22,5 milioni di euro (tra la fase di acquisizione aree, di costruzione e di realizzazione-vendita) lo Stato arrivi a guadagnare, senza alcun rischio d’impresa, 7,2 milioni di euro se vengono venduti tutti gli appartamenti e 2,8 milioni se non se ne vende nessuno; l’imprenditore invece avrebbe un profitto di 4,3 milioni nel primo caso e nessun guadagno nel caso peggiore.
E’ evidente quindi - secondo l'Ance - l’iniquità della tassazione che non tiene in conto la considerevole esposizione economica e finanziaria richiesta alle imprese fin dalla fase di avvio del cantiere, a fronte di un risultato che arriva solo dopo diversi anni.
A ciò si aggiungono tasse come Imu e Tasi che l’investitore deve pagare sull’area edificabile per il periodo di costruzione dell’opera. Ad esempio per un’area del valore di 9 milioni di euro l’importo annuale di Imu+Tasi ammonterebbe a 102.600 euro.
Se la situazione permane allo stato attuale ne risentiranno non solo i costruttori e gli investitori del settore edile ma anche i proprietari di abitazioni. Quindi il messaggio che De Albertis lancia è chiaro: “bisogna ripensare al sistema di tassazione immobiliare”.
“La proprietà di una casa non è più una fonte di sicurezza economica ma piuttosto una sicura fonte di uscite”, evidenzia l’Ance, “la tassazione patrimoniale sul valore degli immobili prescinde dalla situazione reddituale e personale del contribuente e questa perdita di ricchezza colpisce la propensione al consumo degli italiani.”
Secondo l’associazione per rilanciare i consumi e far tornare a crescere il settore delle costruzioni, che da sempre in Italia ha generato sviluppo e occupazione, è necessaria una manovra che riveda gli attuali livelli di tassazione immobiliare e permetta all’edilizia di investire nella rigenerazione del territorio e nel recupero delle aree dismesse.
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